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Sanità nel Lazio, verità dei Radicali

• da Europa del 7 luglio 2010

di Massimiliano Iervolino

Durante l’ultima campagna elettorale ho avuto l’onore e l’onere, insieme all’immenso Gianfranco Spadaccia, di coordinare la stesura del programma di Emma Sonino. Delicatissimo compito, dal momento che era nota a tutti la precarietà in cui si trovavano - e si trovano ancora - i conti della Regione Lazio. A questa difficoltà si aggiungeva la crisi finanziaria globale che prima o poi, in mancanza di riforme strutturali, avrebbe colpito anche il nostro paese. Ne è la più chiara dimostrazione la manovra economica varata in questi giorni dal governo, che lede con durezza la stabilità economica delle regioni. Consci di questo, ed "armati" di senso di responsabilità, scegliemmo anche in campagna elettorale la strada della verità, scontrandoci con la demagogia dello schieramento di centrodestra, che giorno dopo giorno non faceva altro che promettere tutto a tutti. Per la scrittura del programma dedicammo moltissimo tempo al settore sanitario, per questo tenemmo numerosi incontri con associazioni e sindacati di categoria, medici e operatori del settore, nonché vertici apicali di strutture pubbliche e convenzionate. Eravamo convinti, e lo siamo tuttora, che una vera riforma sanitaria doveva superare la logica quantitativa fin qui bipartisan - ovvero maggiore contenimento e più tagli - che ancora oggi è subordinata alle esigenze delle strutture esistenti, anziché essere commisurata ai bisogni reali di salute dei cittadini. La nostra intenzione era di riportare questi bisogni al centro delle scelte e della programmazione sanitaria, operando affinché le strutture si attrezzassero per corrispondere a queste necessità e non viceversa. Per portare avanti questo disegno, qualora avessimo vinto, avremmo avviato da subito una grande "operazione verità", cominciando dall’elaborazione dei dati dell’Asp: l’iniziativa sarebbe stata utile per conoscere la reale domanda di salute dei cittadini nel Lazio che, incrociata con l’offerta sanitaria regionale, ci avrebbe permesso di intervenire per annullare le disfunzioni del sistema. La nostra voleva essere una strategia alternativa rispetto a quella dei tagli lineari, sposata anche dalla Polverini: l’intenzione era di partire dalle istanze dei malati per comprendere quanto, dove e come organizzare e riformare le strutture sanitarie del Lazio. Iniziando dall’ "operazione verità", dati alla mano, si voleva aprire una discussione vera insieme ai medici, agli addetti ai lavori, alle organizzazioni sindacali e alle associazioni di difesa dei cittadini, convocando per la prima volta nella nostra Regione gli Stati generali della sanità. La partecipazione di tutti poteva essere il valore aggiunto: i cittadini avevano ed hanno il diritto di conoscere in maniera approfondita la situazione dei conti e le riforme che avremmo voluto proporre. Siamo sempre stati convinti che dove non c’è informazione e dibattito ogni possibile cambiamento può apparire come un qualcosa di inutile e dannoso. Purtroppo la Polverini ha scelto un altra strada: in qualità di commissario ad acta ha emanato i decreti senza nessun confronto, né con gli addetti ai lavori, né con la propria maggioranza. Inoltre non ha ritenuto importante illustrare i provvedimenti in aula consiliare, esautorando gli eletti anche del diritto di parola. Il comportamento della presidente della Regione Lazio va nella direzione opposta a quello che avremmo tenuto noi, sia nel metodo che nel merito, infatti non va dimenticato che la Polverini durante la campagna elettorale dichiarava che non avrebbe tagliato nessun posto letto e che avrebbe diminuito, entro i primi 100 giorni di governo, le aliquote Irpef ed Irap. Purtroppo, come tutti sappiamo, la realtà è ben diversa.



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