Questa volta i palazzi romani si sono accorti di loro. Ma soltanto perché cinquemila aquilani hanno invaso e paralizzato il centro della città . Da piazza Venezia a via del Corso e poi a piazza Navona, la Capitale è apparsa a metà mattinata un lungo serpentone tra bandiere verde e nero e striscioni per esprimere la rabbia e la frustrazione dopo mesi di promesse non mantenute. Alla testa del corteo c'erano 53 sindaci con tanto di gonfaloni e fasce tricolore su un totale di 57 del cratere. Sia a inizio mattinata sia nel primo pomeriggio i manifestanti hanno rivolto la loro protesta verso palazzo Grazioli, anche con un tentativo di forzare il cordone di forze dell'ordine, subito rientrato per la mediazione del sindaco Cialente. Berlusconi erano impegnato in corso vertici serrati su tutte le vicende più complicate che tengono sulle spine il governo: dal ddl intercettazioni alle richieste degli enti locali per la manovra al lodo Alfano. E ieri è arrivata sul tavolo di Berlusconi anche la vicenda della ricostruzione aquilana. Un capitolo che ha visto il premier impegnato nella prima fase e che gli ha dato una grande popolarità , ma che oggi rischia di creargli ulteriori problemi. In un clima così non poteva mancare dei tafferugli per una serie di incomprensioni che hanno surriscaldato gli animi, complice anche il caldo torrido. Da piazza Venezia gli aquilani si sono diretti verso Montecitorio, ma la piazza era già occupata dalle associazioni dei disabili che contestavano l'aumento dei tetti di invalidità . E almeno loro hanno ottenuto il risultato di arsa are l'articolo della manovra. I comitati aquilani, organizzatori della manifestazione, dopo un iniziale disorientamento, hanno deciso di fermarsi a pochi metri da Palazzo Chigi per far sentire la loro voce al governo. Lo hanno fatto con uno speaker's corner, organizzato con un furgone sul quale erano stati montati degli altoparlanti, al quale si sono alternati, tra le contestazioni, il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, il leader dei radicali, Marco Pannella e tanti aquilani. Bersani ha concordato con i manifestanti che «la cortina mediatica che è stata messa davanti a voi è stata messa anche davanti a noi. Per l'Aquila servono soldi subito. Serve una legge chiara con certezze finanziarie come per tutti gli altri terremotati e le risorse devono essere trovate anche con tasse straordinarie. Per noi l'Aquila è ora la priorità numero uno». Bersani, nel pomeriggio di ieri, ha rivendicato la scelta di andare in piazza tra i terremotati, nonostante le contestazioni subite: «Io vado dove sono i problemi. Un governo che non ci va e che non riceve chi protesta non è un governo degno di questo nome». Sulla tassa di scopo si è detto d'accordo anche Antonio Di Pietro, sceso anche lui in piazza, che ha aggiunto: «L'abbiamo inserita nei nostri emendamenti alla manovra finanziaria». Mentre Marco Pannella ha detto: «Prendo atto delle dichiarazioni di Bersani sulla tassa di scopo che tra noi abbiamo auspicato nel nostro meeting dello scorso fine settimana tenutosi a L'Aquila». In piazza Colonna c'era anche un altro abruzzese di peso come l'ex presidente del Senato Franco Marini che non ha nascosto a liberal la sua soddisfazione per essere riuscito a «far approvare un emendamento bipartisan in commissione Bilancio del Senato, accolto dal relatore di maggioranza, che istituisce la zona franca per 45 più 45 milioni per i prossimi due anni. Un buon risultato, ma gli aquilani hanno mille ragioni per continuare a protestare». Del terremoto si è, ovviamente, discusso anche in Aula e Pier Ferdinando Casini è intervenuto per invitare tutti i parlamentari a prendere a cuore la situazione dell'Aquila «tolta dalla quotidianità dei tg, ma sempre drammaticamente presente. Togliere dalle tende migliaia di persone e costruire delle case come ha fatto questo governo, è un fatto molto positivo. Ma proprio perché riconosciamo al governo quanto fatto, allo stesso modo dobbiamo capire che nella disperazione dei cittadini aquilani non c'è strumentalità , non c'è faziosità , ma la consapevolezza di avere davanti a se una città morta». Casini si è rivolto a tutti i parlamentari, in particolare agli abruzzesi, anche nella maggioranza, invitando tutti a «non abbandonare' L'Aquila». Il leader dell'Udc ha preso la parola dopo Giovanni Lolli, deputato aquilano del Pd, uno dei più attivi nelle manifestazioni aquilane, che ieri al fianco del sindaco Cialente si è trovato al cento degli scontri e propri su questo episodio ha detto: «Ho preso anche io qualche manganellata, ma non sentirete mai da me una parola di critica su poliziotti e carabinieri che erano li a fare il proprio dovere. Apprezziamo la tempestività del ministro Maroni che ha indetto una riunione al Viminale per capire come siano andate le cose durante la manifestazione. Noi non avremo mai parole di critica nei confronti delle forze dell'ordine che stavano in piazza: per noi resta aperto e grave il tema della responsabilità politica di questo governo che ha rifiutato di incontrare una delegazioni di manifestanti». E ha voluto chiudere l'episodio con una battuta: «Mi hanno telefonato da L'Aquila dicendomi che si era diffusa la notizia che io e Cialente eravamo stati picchiati e io ho detto che qualche concittadino avrà certamente commentato: hanno fatto bene». I comitati aquilani hanno ribadito la loro posizione: «Non vogliamo solo palliativi, ma serve innanzitutto una legge organica per la ricostruzione, con fondi e tempi certi. Qui la situazione va affrontata una volta per tutte e non di sei mesi in sei mesi. Così non si fa neanche la lista della spesa, figuriamoci una ricostruzione. Siamo pronti alla lotta, ma non vogliamo tornare qui fra sei mesi a manifestare di nuovo». Secondo i manifestanti i politici «devono rendersi conto delle difficoltà indicibili nelle quali viviamo e non è possibile che scoprano e si meraviglino di fronte ai nostri racconti, come è accaduto oggi con diversi parlamentari ai quali la delegazione aquilana ha illustrato la situazione. Questi politici farebbero bene ad informarsi costantemente, ma per una informazione veritiera certamente non devono guardare i Tg che non informano». Le proteste degli aquilani, i"fischietti" che Frattini ha detto di sentire durante il vertice a Palazzo Grazioli forse sono riusciti a smuovere qualcosa, al punto che lo stesso ministro degli Esteri, alla fine dell'incontro del Pd ha detto: «Tremonti deve parlare con la Finocchiaro per vedere di capire se si può accogliere questa richiesta sulle tasse».