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Berlusconi mette i finiani con le spalle al muro

• da Il Giornale del 9 luglio 2010

di Adalberto Signore

 

Roma La lettura mattutina dei giornali è una pratica a cui il Cavaliere negli ultimi tempi si dedica con una certa assiduità, nonostante ami ripetere il refrain che i quotidiani scrivono per lo più falsità e che per questo andrebbero ignorati. E di solito alla veloce rassegna segue comunicato di Palazzo Chigi contro il «malvezzo» di attribuire al premier frasi mai pronunciate, come peraltro accaduto anche ieri. Quando la sorpresa non è stata tanto per i resoconti sull'ormai costante tira e molla con Fini, ma piuttosto per l'intervista di Obama al Corriere delle Sera. Gli elogi del presidente degli Stati Uniti al premier e alla politica estera italiana non sono infatti passati inosservati a Palazzo Grazioli perché - spiega Berlusconi nelle sue conversazioni private - quella di Obama è stata un'attestazione di stima anche sul piano personale spontanea e niente affatto formale. Insomma, «una grande soddisfazione» e «la dimostrazione che sul piano internazionale l'Italia si sta comportando bene e ha sempre più peso». La giornata, insomma, comincia nel migliore dei modi. E prosegue con un'intervista a Studio Aperto nella quale il Cavaliere ribadisce senza esitazioni la linea dell'ultima settimana su tutti i fronti aperti: dalla manovra al ddl intercettazioni passando - pur senza mai nominare esplicitamente Fini - alle tensioni interne al Pdl. Con un messaggio chiaro: la scelta di ricorrere alla fiducia sulle misure anti-crisi è stata «un atto di coraggio». «E se il governo dovesse andare sotto - aggiunge - allora andiamo tutti a casa». E a quel punto nella testa di Berlusconi non si potrebbe che tornare alle urne. Un messaggio diretto alla pattuglia finiana, non tanto perché davvero Berlusconi tema che possano sfilarsi sulla manovra quanto per mettere in chiaro quale sarà da qui in poi la sua strategia. Si va in Parlamento e si vota su provvedimenti che hanno già avuto il via libera dagli organismi del Pdl - come è accaduto con la manovra - e chi non si adegua alla linea del partito si accomoda alla porta. «Ho in mente - dice - di continuare a governare e chi nel Pdl dovesse dissentire da questo impegno assoluto e morale dovrebbe prendere atto di non essere più in sintonia con i nostri elettori». Il Cavaliere, dunque, non arretra di un passo. Nonostante l'ex leader di An stia mandando in queste ore segnali di pace. Ieri, per esempio, in una riunione dei finiani Bocchino, Perina, Raisi e Buonfiglio si è convenuto di «far volare le colombe» e lavorare per un incontro chiarificatore tra Berlusconi e Fini magari già prima dell'estate. Eventualità che per il premier non è all'ordine del giorno se rientrato dal Brasile era stato perfino tentato di chiedere pubblicamente a Fini di dimettersi da presidente della Camera in quanto non più super partes. La linea morbida di queste ore, insomma, secondo Berlusconi fa semplicemente parte di una più complessiva strategia di lento logoramento che l'ex leader di An porta avanti ormai da mesi. E non certo in solitudine, almeno a leggere gli ultimi due numeri de Il Mattinale, una sorta di rassegna stampa ragionata che arriva tutte le mattina sulla scrivania del premier. Nel notiziario preparato a Palazzo Grazioli, infatti, si parla senza troppi giri di parole di «ultimo colpo di coda dei poteri forti» contro Berlusconi. Si accusa Fini di «fuoco amico» solo per «indebolire il centrodestra» paragonandolo al Follini del 2001-2006 e si punta il dito sul Corriere della Sera che «usa editorialisti storicamente vicini al centrodestra (per rendere più credibile il tutto) e accusa il governo di immobilismo». «Giochi di Palazzo», insomma. Nei quali rientra «l'ipotesi del Terzo polo che dovrebbe emergere da un patto tra Montezemolo, Fini e Rutelli». «Fantapolitica», secondo Il Mattinale che non fa però alcun accenno all'Udc. Già, perché da qualche tempo sono in corso contatti ad altissimo livello per valutare un eventuale riavvicinamento di Casini al Pdl così da chiudere definitivamente le porte a chi, per usare le parole di Piero Testoni, «pensa solo a cercare un nuovo messia». Così, ci sta che più d'un ministro non escluda la possibilità di un rimpastino nel quale - con un aggiornamento del programma di governo - si potrebbero aprire le porte anche all'Udc. Per il momento, però, il Cavaliere resta con la testa sul ddl intercettazioni. «Una legge sacrosanta», dice davanti alle telecamere di Studio Aperto. Perché, spiega, «ricalca un altro disegno di legge approvato con una maggioranza bulgara nel 2007 quando al governo c'era la sinistra e allora nessuno parlò di legge bavaglio o di oltraggio alla democrazia». Un accenno, poi, alla protesta degli aquilani e ai disordini che mercoledì sono arrivati fin sotto Palazzo Grazioli. «Mi pare - dice il premier - che ci sia stata molta strumentalizzazione. Dopo il terremoto l'intervento del governo è stato immediato ed efficace». E ancora: in dieci mesi «abbiamo dato una casa a chi l'aveva persa» ma la ricostruzione «spetta agli enti locali, al Comune e alla Regione».


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