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Ricompare Fidel Castro ed escono i dissidenti Ma Cuba non cambia

• da Il Giornale del 12 luglio 2010

di Roberto Fabbri

Ma quanto è buono Fidel Castro, e quanto è amato! L'ex Líder Maximo è ricomparso in pubblico lo scorso mercoledì dopo quattro anni in cui tutto e nulla è cambiato nella rossissima Cuba. Si è trattato di una classica operazione di propaganda. Prima si è fatto sapere che qualcuno ha scattato con un telefonino delle foto, che poi sono finite su due blog cubani (no, non quello dell'oppositrice Yoani Sanchez...), poi si è appreso che l'autore delle immagini è suo figlio Alex: comunque sia, mostrano l'ormai quasi ottantaquattrenne numero uno in pensione della Revolución sempre smagrito e sorretto ai fianchi da un paio di persone, ma tutto sommato in discreta forma nella sua solita tuta da ginnastica, che ha sostituito l'abituale uniforme da quando nel luglio 2006 è stato colpito da una grave malattia all'intestino. Fidel, di buon umore, è in visita al Centro nazionale di ricerca scientifica, conversa, sorride e saluta mandando perfino dei baci. Il tono della blogger di regime Rosa Baez, nel suo commento alle immagini, è servilmente entusiastico: «Compagni, abbiamo avuto l'onore della visita a sorpresa di Fidel. Quando stava andando via, la gente l'ha aspettato nella lobby: non lasciavano passare né avvicinarsi, ma quando è uscito non sono riusciti a tenere la gente sotto controllo. Sono stata a tre metri di distanza da lui». Su un altro blog dello stesso orientamento, gestito da tale Norelys Morelas Aguilera, si nota doverosamente che Fidel «è stato accolto dai dirigenti del centro», mentre «i lavoratori dell'istituzione si sono avvicinati a salutarlo». Commovente. Non casualmente, cinque foto dell'ex capo carismatico sono poi finite sul sito web ufficiale del regime Cubadebate, dove il «dibattito» è un bel po' addomesticato. Qui il commento era ulteriormente caricato a fini di propaganda: il saluto dei lavoratori era «spontaneo e caloroso» e Fidel «l'ha accolto con parole di gratitudine». Sembrerebbe solo un modo per ricordare ai cubani che nulla cambia, proprio nei giorni in cui nel mondo si parla dell'avvio della promessa liberazione (ma meglio sarebbe dire: espulsione) di una cinquantina di prigionieri politici. Ma nelle analisi della stampa e delle televisioni occidentali e italiane si sono registrate anche interpretazioni diverse, che lasciano francamente perplessi. Invece di considerare la riesumazione del vecchio Fidel come un segnale di continuità del regime inviato ai cubani perché non si facciano idee strane di liberalizzazione mentre qualche cella si apre, lo stesso evento viene presentato come un gesto da interpretare all'interno di un contesto di nuove aperture favorite dall'illuminato presidente americano Barack Obama. Il vecchio capo comunista insomma, dopo essersi a suo tempo alacremente attivato per spedire in galera chi ha osato criticare il regime, sarebbe ora un ingranaggio del meritorio meccanismo che sta producendo la scarcerazione di quelle stesse persone. Il tutto in vista della fine del- l'embargo che, nella vulgata progressista internazionale, ingiustamente strangola l'altrimenti florida economia cubana. Logica per lo meno bizzarra, quando non acrobatica. Vale poi la pena di spendere due parole, seppure in ritardo, sulla vicenda stessa dell'annunciata liberazione dei 52 prigionieri politici cubani. Presentata come un successo della diplomazia spagnola con il decisivo apporto della Chiesa cattolica cubana, si risolve in sostanza in una replica con numeri più importanti del metodo usato dai sovietici negli anni Settanta contro dissidenti illustri come Aleksandr Solgenitsyn e Vladimir Bukovski: fuori dal carcere ma anche dal proprio Paese, dove esattamente come prima della condanna continuavano a non avere alcun diritto civile e politico. E se il famoso oppositore cubano Guillermo Fariñas ha ritenuto per questo opportuno interrompere il suo sciopero della fame, altri noti dissidenti come Oswaldo Payà l'hanno detto chiaro: questo è un successo per il regime, non per la libertà dei cubani.



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