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Caso Fini e stop alle correnti Schifani scuote il Pdl

• da Corriere della Sera del 12 luglio 2010

di Monica Guerzoni

Senza una «pace strategica» le nozze tra Fini e Berlusconi finirebbero con una «rottura traumatica», epilogo che costringerebbe il premier a denunciare «di tradimento del patto elettorale» da parte del cofondatore. Le parole di Renato Schifani al Corriere piombano sullo scontro che lacera la maggioranza come l'ultimo monito, l'ultimo avvertimento all'inquilino di Montecitorio. O scoppia la pace o la seconda carica dello Stato si aspetta da Berlusconi «una mossa dura e a effetto». Se non un predellino bis, qualcosa che rilanci (o chiuda) la legislatura. E non è solo l'ultimatum a Fini a riaccendere i fuochi nella maggioranza, perché Schifani lancia un duro anatema contro le correnti nel Pdl, fenomeno che rischia di «far implodere» il partito. L'analisi del presidente di Palazzo Madama riscuote l'apprezzamento pressoché unanime del Pdl. Fabrizio Cicchitto loda la «saggezza e il senso di responsabilità» e Maurizio Gasparri chiede «di anteporre gli obiettivi collettivi alle ambizioni personali». La «lucidità», il «senso di responsabilità» e la «lungimiranza» di Schifani convincono i ministri Raffaele Fitto e Sandro Bondi, Renato Brunetta e Franco Frattini. «Nel Pdl è un tripudio di correnti, vertici e caminetti - concorda il ministro Gianfranco Rotondi - come se i voti al governo li avessimo portati noi figuranti e non Berlusconi». Tra le righe del colloquio emerge come le critiche di Schifani non riguardino solo i finiani, ma anche l'area ex forzista del Pdl. «Liberamente non può che definirsi una corrente, al di là di quanto sostengono i suoi fondatori» è la critica di Schifani a Stefania Prestigiacomo, Franco Frattini, Mariastella Gelmini e Mara Carfagna: «Non basta riconoscersi in Berlusconi se poi si creano le condizioni per disaggregare il partito...». La Prestigiacomo assicura che non è questa la vocazione dell'organizzazione appena battezzata a Siracusa («Non abbiamo attaccato nessuno») e Frattini si candida a guidare il coordinamento delle fondazioni: «Sono a disposizione». L'anatema di Schifani sembra avere un obiettivo preciso. Fermare le manovre di quanti, anche tra gli «azzurri», mettono su associazioni o fondazioni per attrezzarsi a fronteggiare l'eventuale precipitare della crisi. Avverte il presidente della commissione Affari costituzionali del Senato, Carlo Vizzini: «I1 fenomeno, se non fermato adesso, darà l'idea che si vuole costruire il postberlusconismo, mentre si campa all'ombra di Berlusconi». Nel coro di lodi a Schifani, la voce del finiano Carmelo Briguglio è dissonante: «È un leader di corrente che non vuole la concorrenza di altre correnti». Il sindaco Gianni Alemanno spera che lo «stillicidio» finisca presto e che tra Fini e Berlusconi si arrivi «a un chiarimento, anche finale». Eppure i tempi di un incontro non sembrano maturi. I finiani chiedono le dimissioni del coordinatore Denis Verdini e la Lega alza i toni per stoppare l'ingresso dell'Udc nel governo. «E una brutta ipotesi che ci fa solo perdere tempo», dice Umberto Bossi da Arona. Il leader del Carroccio non concorda con Schifavi quando «dice che Udc e Pdl hanno la stessa ideologia, io non lo penso». Però è ottimista sul governo: «Non è a rischio, nessun pericolo di ferie prima del tempo». E su Fini: «Affari di Berlusconi, è amico suo». Anche Roberto Calderoli dichiara «chiuso il caso Udc». Ignazio La Russa ha detto «mai dire mai»... E Calderoli, brusco: «La Russa è un sognatore». 



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