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Se Radio Radicale perde la voce (rauca) di Bordin

• da Corriere della Sera del 12 luglio 2010

di Pierluigi Battista

Via radio, gli italiani mattinieri e informati rischiano di perdere (non è sicuro, ma molto probabile) una voce preziosa. Quella di Massimo Bordin, il direttore di Radio Radicale che da anni cura una lettura commentata dei giornali intitolata «Stampa e regime» (a suo tempo inventata da Marco Taradash). Una voce inconfondibile, con la sua raucedine perpetua, il suo ritmo cantilenante, il suo accento pronunciato. Una selezione quotidiana condotta con intelligenza, arguzia e competenza. Con una libertà di pensiero che non nasconde un punto di vista, onesto e dichiarato, sulle cose: una dote rara, una sintesi espressiva difficilissima, ma che se si ha a che fare con Marco Pannella, diventa un handicap, un motivo di attrito permanente, addirittura un oltraggio alla maestà del Capo. Dispiace molto che Bordin sia costretto a concluderne che la sua permanenza alla direzione di Radio Radicale è incompatibile con gli umori del suo editore. Spiace che Pannella, ex monumento della cultura libertaria, si faccia risucchiare da una deriva di piccolo autocrate suscettibile e bizzoso. Lascia esterrefatti il compiacimento con cui ultimamente Pannella pare rivendicare la sua fama di divoratore di figli radicali che di volta in volta oscurerebbero il suo status di astro unico e solitario alla guida di un partito sempre più personale. Spiace che, comunque vadano a finire le cose nella disputa con Bordin (speriamo bene), abbia voluto rendere difficile la vita del direttore di Radio Radicale con ripetuti e pretestuosi rimproveri screanzati, interminabili sproloqui alla Fidel Castro (o alla Chàvez, scelga lui visto che vuole scegliere sempre lui), vendette meschine che sembrano ricavate dal manuale d'istruzioni per un efficace mobbing politico-radiofonico. Piace, invece, che Bordin non voglia seguire le orme di chi è stato stritolato prima di lui dal padre-padrone, evitando di farsi inghiottire da una scia di rancori infiniti, conservando per Pannella un affetto nutrito di rispetto, di orgoglio radicale, di condivisione di idee e di battaglie. Un esempio di eleganza intellettuale che contrasta ancor più marcatamente con la capricciosità censoria del Capo. Con la prepotenza dell'editore (sempre lui, il Capo) che soffre come un'offesa personale il carattere altrui, le prove di autonomia di chi pur collabora lealmente e con tenacia con lui. Faccende interne a un partito, che come tali non dovrebbero interessare chi non ne è partecipe? No, non è indifferente per la politica italiana l'avvitarsi in una sindrome para-dispotica del partito che in Italia è oramai quello più carico di anni, meritatamente uscito indenne dalle tempeste del sistema repubblicano, estraneo ad ogni affaire tangentocratico. E soprattutto non è indifferente una voce libera che si spegne e la cui mancanza costituirebbe una dolorosa perdita per tutti: afìcionados (tantissimi) di «Stampa e regime» e non.



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