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S'allarga il fronte «Verdini ori lasci il Pdl»

• da Il Secolo XIX del 12 luglio 2010

di Angelo Bocconetti

Voci di imminenti dimissioni da coordinatore dei Pdl di Denis Verdini si succedono con sempre maggiore frequenza. A chiedergli un «passo indietro» dal suo ruolo all'interno del partito, ormai è un coro: non più soltanto i "finiani", ma anche settori molto vicini al premier. Già nelle scorse settimane, quando il nome di Verdini comparve nel capitolo fiorentino dello scandalo perle Grandi Opere, Berlusconi aveva valutato questa possibilità. Da ieri la questione è nuovamente sul tavolo del presidente del Pdl. Al momento, Verdini sarebbe iscritto nel registro degli indagati per la violazione della legge Anselmi (quella che vieta la costituzione di associazioni segrete, varata sulla scia dello scandalo della P2, ndr) assieme ad altri quattro personaggi coinvolti in quest'inchiesta: il faccendiere Flavio Carboni, l'ex esponente democristiano di Napoli Pasquale Lombardi, all'imprenditore campano Arcangelo Martino (questi tre tutti arrestati) ed all'assessore regionale sardo Ernesto Sica. Ma i "tam tam" della Procura assicurano che l'elenco potrebbe allungarsi nelle prossime ore, e puntare in alto. Forse addirittura a esponenti del governo, come ha sostenuto il finiano Fabio Granata. «Di sicuro, in questa vicenda, è rimasto invischiato già un esponente dell'esecutivo: il sottosegretario Cosentino - ha aggiunto Granata al Secolo XIX-. Per il resto non faccio nomi: da membro della commissione antimafia e da persona che si informa, capisco, però, che la vicenda non si limita a queste persone... ». La richiesta di finiani, allora, è perentoria: Berlusconi chieda a Verdini le dimissioni. Come è già accaduto per l'ex ministro Claudio Scajola, o per il ministro-lampo Aldo Brancher. «Da amico personale mi auguro che Denis sappia dimostrare la sua innocenza, ma dal punto di vista politico il problema di opportunità enorme. La degenerazione è arrivata a livelli di guardia, con spericolate e vergognose operazioni di dossieraggio contro esponenti del nostro stesso partito», ha spiegato Italo Bocchino, luogotenente del presidente della Camera. «Non si capisce per quale motivo i problemi del Pdl dovrebbero essere incarnati da me e dal collega Bocchino - aggiunge Granata - e non, invece, da chi trama, magari con residuati di chi agiva contro la Repubblica, per gestire affari nella migliore delle ipotesi». «Certo non si può rispondere ancora una volta che è "tutto un complotto". Serve responsabilità, soprattutto nei confronti del Pdl»: Benedetto Della Vedova si aggiunge al coro. Lui non è "finiano" in senso stretto: ha una storia che parte dai radicali e passa per Forza Italia. La conferma del disagio crescente nel Pdl è testimoniato da questo episodio. Tranne un paio di eccezioni (il ministro Brambilla e Straquadanio) la difesa di Verdini è affidata solo a una nota ufficiale di Sandro Bondi, coordinatore nazionale del partito: «La nostra cultura non è il giustizialismo, né la condanna preventiva emessa dagli organi di comunicazione. Questo principio vale per i nostri colleghi e per i nostri avversari». A metà pomeriggio, poi, altra tegola per il premier: anche l'Udc, partito che è corteggiatissimo in queste ore da Berlusconi, gli ha chiesto un intervento deciso. «Con tutto quello che
sta accadendo all'interno del Pdl, consigliamo caldamente al Presidente del Consiglio di lasciar perdere la "legge bavaglio". Metta piuttosto il bavaglio a complottisti e faccendieri che si agitano alle sue spalle. Ai quali sarà bene ordinare un passo indietro»: a firmare la nota sono due dei più autorevoli esponenti centristi, Enzo Carra e Savino Pezzotta. Per Idv e Pd, questa vicenda è solo «la riprova che la legge sulle intercettazioni ha lo scopo di nascondere gli scandali del centrodestra».



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