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Lobby in rivolta contro i tagli di Tremonti agli incentivi

• da Il Fatto Quotidiano del 13 luglio 2010

di Mario Reggio

L'energia che viene dal vento segna il passo. Tutta colpa del ministro Tremonti. L'articolo 45 della manovra finanziaria cancella l'obbligo del Gestore del Mercato elettrico di "comprare" i "certificati verdi" che resteranno invenduti. L'effetto: un risparmio di 600 milioni l'anno. Immediata l'offensiva da tutti i settori del Senato: 18 emendamenti, da maggioranza e opposizione, per bloccare il provvedimento. Scende in campo anche la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, che tuona contro il taglio dei finanziamenti a uno dei pochi settori in espansione del mondo produttivo. Primo effetto: l'articolo 45 della manovra, che deve ancora passare le forche caudine del Senato e della Camera, entrerà in vigore nel 2011. Un bel sospiro di sollievo per le aziende, ma anche per le famiglie mafiose che si sono gettate a corpo morto nel business. L'argomento è ostico al pari dei testi di legge nostrani. Oggi i "certificati verdi" vengono rilasciati come incentivo a chi produce energie alternative al petrolio. Nulla da eccepire. Ma il bello viene dopo. I certificati sono venduti a un prezzo che oscilla tra gli 80 e i 100 euro dalle industrie inquinanti, specie petrolifere. L'effetto: anziché pagare le multe, previste dalla normativa europea, per le aziende che non provvedono a rendere pulita la produzione, le società truffaldine entrano nell'elenco di quelle che producono energia verde senza fare nulla per modificare le tecniche dì produzione. La dimostrazione che il genio italico non ha confini. Sull'intero business pesa l'obbligo europeo di ridurre del 20 per cento le produzioni nocive attraverso le energie rinnovabili come l'eolico ed il geotermico. E quando si appalesa un business di svariati miliardi di euro la fantasia galoppa. Nascono come funghi aziende che si fregiano del titolo di produttrici di energie rinnovabili. Tra queste molte società straniere ma anche nostrane, alcune in odore di mafia, come si riesce ad intuire dalle intercettazioni. E così, nelle pieghe delle norme, l'affare diventa un gioco da bambini. L'azienda che produce eolico dichiara che produrrà 100. L'anno successivo la società presenta il conto al Gestore del mercato elettrico: sono riuscito a vendere solo 50, quindi la differenza dei "certificati verdi" la paghi tu. Cioè te li ricompri. I conti definitivi si faranno l'anno successivo. Ma intanto l'azienda ha goduto di un prestito a costo zero per l'intero anno precedente. Chi pagherà? I soliti noti. Vale a dire gli italiani che pagano le tasse. Il business va avanti ormai da anni con un vorticoso balletto di connivenze: i Comuni che rilasciano licenze per piazzare le gigantesche pale coliche anche dove non spira un alto di vento. In Germania, dove la normativa è ferrea, l'autorizzazione agli impianti non viene concessa se non è certificata la presenza di 2mila ore l'anno dì vento favorevole. Pare che in Italia le concessioni siano state autorizzate anche con livelli inferiori a 1.500 ore l'anno. Dicevamo del coro di proteste all'articolo 45 della manovra. Unica voce dissonante quella di Emma Bonino. "Una marea di emendamenti da tutti i partiti, qualcuno li ha presentati senza capire quello che stava facendo e dopo avere ricevuto probabilmente pressioni - affermala parlamentare radicale - e allora è il caso di essere chiari: l'attuale obbligo di riacquisto dei certificati verdi ha trasformato questi titoli in bond garantiti non dallo Stato ma dalle bollette degli italiani. Invece di essere contrattati sul mercato e quindi avere un prezzo variabile, sono a prezzo fisso, tanto poi ci sono i fessi che pagano". Non ci stanno le aziende del settore eolico. "L'articolo 45 rischia di sancire per il settore delle nuove rinnovabili, e per il paese, un enorme danno". Lo dice l'Anev - Associazione nazionale energia del vento -, "dimostra che la manovra finanziaria, abrogando il meccanismo di salvaguardia del sistema di sostegno allo sviluppo del settore delle rinnovabili, a fronte di un risparmio di 500 milioni derivante dal taglio dei Certificati Verdi metterebbe a rischio circa 8 miliardi di entrate nel 2010-2011". Infatti l'aver introdotto con l'articolo 45 l'abrogazione del meccanismo di salvaguardia del sistema di sostegno allo sviluppo del settore delle fonti rinnovabili, meccanismo delegato al Gse per il mantenimento dell'equilibrio di mercato tra domanda e offerta dei Certificati verdi, "se mantenuto penalizzerà in maniera drammatica il Paese per occupazione e multe comunitarie, mentre le aziende italiane del comparto che sono moltissime ed in continua crescita".



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