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Mezzo Pdl finisce indagato Mezza casa regalata a De Mita

• da da Il Giornale del 13 luglio 2010

di Vittorio Feltri

Piccoli e grandi scandali crescono. Mezzo Pdl è sotto inchiesta per una storia di cui non si è ancora capito niente, se non che gli indagati si incontravano segretamente per fare degli affari alla luce del sole, senza tuttavia riuscire a concluderli. Siamo di fronte a un caso inedito: indagati e cornuti. Interessante. I nomi che girano sono i soliti: Verdini, Dell'Utri (un vero e proprio prezzemolo giudiziario), Carboni, Cosentino. Al centro dell'inchiesta, se non sbaglio, c'è una questione di pale (con una elle sola) eoliche che producono energia alternativa e garantiscono, pare, un sacco di soldi a chi le tratta e le impianta. Non importa chi le paghi, visto che di norma è un ente pubblico, quindi chissenefrega. Come sempre, circolano verbali e intercettazioni telefoniche a iosa. Ce n'è per tutti, anche per il finiano Italo Bocchino che se ne è procurato un mazzo attraverso chissà quale canale, ovviamente compiacente. Segno che lui può contare su una manina amica e molto svelta che gli ha fornito, con i documenti, anche uno splendido argomento polemico onde chiedere le dimissioni di Verdini, coordinatore del Popolo della libertà a livello nazionale. Evviva, l'indagine è appena iniziata, se ne ignorano ancora i contorni, teoricamente potrebbe finire in una bolla di sapone, ma Bocchino è già lì che affila le armi per avviare una bella pulizia etnica nel partito di cui è dirigente. Mors tua, vita mea. La legge della foresta è ancora in vigore. Nessuno domanderà all'ottimo allievo di Tatarella dove è andato a prendersi gli atti riservati, perché lui è uno di quelli che alla libertà di stampa è disposto a sacrificare tutto, tranne le querele contro chi - per esempio il nostro Giancarlo Perna - raccontale sue gesta. Occorre precisare che questa specialità non l'ha imparata da Tatarella, ma dal suo nuovo maestro: Gianfranco Fini. Risultato della faccenda, un maxi sputtanamento. Chi semina vento raccoglie tempesta? Una volta, forse. Adesso raccoglie qualche soddisfazione nella sinistra, che non lesina applausi a chi sferra calcioni alla maggioranza di governo. Oggi i giornali sfogheranno livore sul centrodestra, ma non scriveranno due righe (al massimo una) sull'affare immobiliare che legalmente sta per portare a termine l'ex leader della Dc ed ex presidente del Consiglio, ora deputato europeo (Udc) Ciriaco De Mita. Contro il quale non abbiamo niente, anzi, personalmente non ho mai nascosto la mia stima e simpatia per lui. Tuttavia, stupisce la generosità, pur lecita, dell'ente in procinto di cedergli l'appartamento della vita. Perché della vita? Perché don Ciriaco vi abita da oltre un ventennio, immagino a condizioni di favore, dato che paga un fitto di 35mila euro l'anno per la bellezza di 750 metri quadrati nel centro di Roma. Cioè lo occupa da quando, nominato premier, invece di dimorare a Palazzo Chigi, egli stabilì la propria residenza nell'attico di via in Arcione (vista Fontana di Trevi), oggetto dell'attuale trattativa, che all'epoca fece discutere perché restaurato a spese dello Stato (alcuni miliardi di lire). Il fatto che adesso De Mita lo voglia comprare sarebbe normale se fosse normale anche il prezzo. Viceversa 5mila euro al metro sono un terzo del valore di mercato. In pratica don Ciriaco pagherà poco più di 3 milioni di euro un alloggio che ne costa oltre 10. Ciò che duole è che l'appartamento non è di proprietà di un privato cittadino, che coi mattoni suoi fa quel che gli garba, bensì dell'Inps. La Previdenza sociale piange miseria se deve versare la pensione ai poveri cristi, però se vende un attico a un vecchio notabile della Dc, ancora in sella, è talmente ricca da concedergli uno sconto di 7 milioni di euro. Un ente che si fa grande coi fondi dei pensionati e regala due terzi di un pezzo del patrimonio gestito, non dico andrebbe indagato come un Verdini qualunque, ma almeno commissariato. A De Mita, la cui intelligenza è rinomata, non dedico una parola: sa meglio di me che certe cose si possono fare, ma è meglio non farle, specialmente se si è stati presidenti del Consiglio.
 



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