Caro Federico Orlando, mi onoro di avere, tra i miei amici, molti sacerdoti e qualche vescovo. Posso testimoniare del disagio e persino dello sconcerto da essi mostrato per la partecipazione del cardinal Bertone alla mensa dei potenti allestita in casa Vespa. Non solo e non tanto per il chiaro intento politico di essa, a dispetto di ogni ipocrisia: il ridisegno degli equilibri politici dentro la maggioranza di centrodestra. Come non rammentare il vano intervento del cardinal Ruini, per il tramite di Dino Boffo, perché Berlusconi si riprendesse indietro Casini alla vigilia delle ultime elezioni politiche (un episodio che Casini ha interesse a far dimenticare per raccontare la leggenda della sua coerente linea di smarcamento da Berlusconi)? A riprova che cambiano i musicanti e magari si bisticciano su a chi tocchi occuparsi della politica italiana, ma la musica non cambia. Nonostante un papa che sembra volare alto, consapevole e pensoso dei limiti della Chiesa e dell'esigenza di una sua purificazione-conversione. Dicevo: disagio e sconcerto non solo per la impropria scelta di parte dei più alti vertici ecclesiastici, ma soprattutto per la palese inopportunità in radice di associarsi a uomini e giochi di potere, attestando una promiscuità che fa male alla Chiesa e alla politica italiana. Specie in un tempo di imbarazzante degrado che semmai dovrebbe suggerire una distanza critica e profetica. Penso con viva preoccupazione ai contraccolpi di tali comportamenti sulla limpida testimonianza e sulla generosa azione evangelizzatrice di quei pastori, del tutto alieni dalle lusinghe del potere. Così pure mi interrogo su quanto sia difficile prevenire e contrastare sentimenti anticlericali tra i laici (intesi come non cattolici) per bene non inclini all'opportunismo compiacente verso le gerarchie. Spesso si stigmatizza la distanza dei politici dai cittadini, ma a quanto pare la distanza di alcuni prelati romani dalla Chiesa di base non è inferiore.