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Lettera - Il dovere morale di Verdini è dimettersi ora

• da Libero del 14 luglio 2010

di Italo Bocchino

Caro Maurizio, rispondo al tuo editoriale di ieri con una lettera all'amico e spero che questa definizione non ti crei problemi. Hai scritto che non riconosci più l'Italo delle nostre serate a parlare di politica, perché sarei meno moderato e diplomatico, ma hai dimenticato di spiegare che cosa è accaduto nel frattempo. I diplomatici svolgono un lavoro moderato fino a quando vengono espulsi dal paese dove sono accreditati e a me è accaduto di essere espulso dal vertice del mio partito (ho la tessera numero 8) perché accusato di quel grave reato d'opinione che è la lesa maestà. In sostanza nella tua analisi dimentichi che sono all'opposizione nel Pdl e che questo ruolo non l'ho scelto, ma l'ha imposto Berlusconi con un diktat interno. Permettimi di dirti da amico che sul caso Verdini sei cambiato più tu rispetto a quindici anni fa. Se allora avessimo parlato di un coordinatore di partito che mette attorno al tavolo di casa sua un tal Carboni, due sfessati campani con un sottosegretario alla giustizia e il capo degli ispettori di Via Arenula, il giorno dopo avresti titolato che si doveva dimettere subito. Come vedi sei passato tu da giustizialista a garantista mentre io sono rimasto legalitario nell'interesse del partito in cui sto e che vorrei al di sopra di ogni sospetto. Su questa vicenda tiri in ballo anche il mio maestro Giuseppe Tatarella, dal quale ho imparato che sulla questione morale non si deflette mai. Si vede che hai conosciuto soltanto il Tatarella di governo, buono, diplomatico e mediatore e non quello d'opposizione, capace di tenere quotidianamente il dibattito aperto attorno alle sue proposte. Per saperne di più fai un'intervista su questo argomento a Formica o Matarrese o manda un redattore in emeroteca a leggere la collezione del quotidiano "Puglia Oggi". Ora veniamo a Verdini, di cui io chiedo le dimissioni e che tu difendi. La mia richiesta non è azzardata come scrivi, ma risponde al sentimento dei nostri elettori, increduli dinanzi al malcostume emergente. I giornali, compreso il tuo, mi hanno crocifisso paventando che le mie parole fossero dettate dall'aver letto chissà quali intercettazioni, mentre basta leggere la mia dichiarazione originale per comprendere che ho fatto una semplice valutazione politica. Ho detto che «quando emergeranno le intercettazioni di Verdini, Berlusconi avrà un problema di opportunità politica». Ho detto che emergeranno perché ho letto l'ordinanza del Gip che anche tu hai sulla scrivania in cui c'è scritto che ci sono duemila pagine di informativa e quasi quattromila di allegati e che "allo stato" per i parlamentari si usano solo le intercettazioni indispensabili a sostenere l'accusa verso gli altri. Per chi come noi ha studiato un po' di diritto e ha fatto il cronista significa che per i tre parlamentari indagati ci saranno le richieste di utilizzo delle conversazioni telefoniche e che in quel contesto emergerà che con la consapevolezza di alcuni dirigenti del PdI si costruì un falso dossier contro Caldoro. Nessun riferimento a chissà quali documenti segreti, dunque, ma una semplice valutazione lapalissiana. Aggiungi che ieri ho scoperto sui giornali che sarebbe stato confezionato anche un dossier contro la mia persona, con atti giudiziari falsificati e l'utilizzo di timbri della Dia e dei Carabinieri contraffatti. Tu al posto mio saresti moderato e diplomatico o pretenderesti chiarezza all'interno del tuo partito? Infine utilizzi l'argomento del mio coinvolgimento nell'inchiesta. Romeo, ma non scrivi che al tempo io dissi di aver fiducia nella magistratura e che si trattava di un errore nell'interpretazione delle conversazioni, mi recai immediatamente dai magistrati a fornire gli elementi per comprendere la realtà dei fatti e non urlai al complotto comunista. Non mi sembra che Verdini e Cosentino abbiano usato gli stessi metodi e lo stesso stile. Hai anche dimenticato di scrivere che sull'inchiesta che mi ha riguardato si è espressa la Cassazione dicendo che il reato non esisteva, il giudice di merito assolvendo tutti e la Corte Costituzionale paventando che le mie conversazioni non erano state prese casualmente e che si ha l'impressione che fossero mirate. Concludo tornando a Tatarella. E vero, come scrivi, che ci ha insegnato a sommare e non a dividere, ma prima ancora ci ha insegnato a non farci escludere, a far valere con passione e forza la nostra posizione politica. Ed è quello che stiamo facendo.



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