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Rapporti imbarazzanti, inÂchieste politicamente a riÂschio, intercettazioni scivoloÂse. E gli immancabili «comitati d’affari». No, non parliamo di Denis Verdini indagato per asÂsociazionismo segreto. ParliaÂmo di Italo Bocchino, ex garanÂtista, novello giustizialista di quello stesso coordinatore del Pdl che insieme a tutto il partiÂto l’ha sempre difeso allorchĂ© è stato Italo a finire nei guai con l’emergere di certi rapporÂti imbarazzanti, in inchieste politicamente a rischio, per intercettazioni altrettanto scivoÂlose, su immancabili «comitaÂti d’affari». Del tipo di quello raccontato nell’inchiesta naÂpoletana sui grandi appalti per la gestione del patrimonio immobiliare (noto come GloÂbal service, legato al suicidio dell’assessore Nugnes) poi fiÂnita nel nulla per decisione del Gup.
Quando scoppiò il casiÂno e Italo venne indagato per associazione per delinquere e concorso in turbativa d’asta (con allegata richiesta d’arreÂsto), il Nostro definì la vicenda «kafkiana». Al contrario di quanto fa oggi per Verdini, non chiese le dimissioni per se stesso, non preannunciò interÂcettazioni esplÂosive che effettiÂvamente uscirono sul suo conÂto allorchĂ© si apprese che dava del tu al principale indagato (poi condannato insieme al provveditore Mautone) a cacÂcia di appoggi politici per i suoi affari. «Quindi, poi, ormai siaÂmo una cosa consolidata, un sodalizio, una cosa solida, una fusione dei due gruppi» recita la celebre intercettazione fra l’imprenditore e il deputato, successiva al ritiro di emendaÂmÂenti proposti dal gruppo conÂsiliare di An durante la discusÂsione in consiglio comunale della delibera sul «Global serviÂce ».
Una decina le chiamate agli atti dell’indagine. PreceÂdentemente, il 18 marzo 2007, Bocchino si metteva a disposiÂzione di Romeo. Lo rassicuraÂva riguardo il suo intervento sui consiglieri comunali allo scopo di «indirizzare» bene il loro operato: «Non ti preoccuÂpare perchĂ© domani sera c’è una riunione con tutti a cui vieÂne spiegato qual è la tesi da soÂstenere (...). Stai tranquillo». Dello stesso tenore altre chiacÂchierate in tema, tant’è che poi i Pm sostengono l’esistenÂza di una «struttura organizzaÂta unitaria» in «un’ottica di contiguitĂ , stabile comunanÂza e reciprocitĂ di interessi che lega tra loro molti degli indagaÂti », come comproverebbe la soddisfazione di Bocchino per il ritiro degli emendamenti che infastidivano Romeo. InÂteÂrcettazioni scomode con rifeÂrimento ai rapporti fra Romeo, un magistrato di Napoli che fu l’estensore di una precedente sentenza favorevole allo stesÂso Romeo, e Bocchino «al punÂto che questo giudice - scriveÂva il Gip- era ammesso a parteÂciÂpare a pranzi e incontri riserÂvati in cui l’imprenditore e il deputato dovevano trattare di delicati affari di natura econoÂmica ». In altre telefonate RoÂmeo e Bocchino parlano poi di un nuovo progetto imprendiÂtoriale: un hotel. Il 28 marzo 2008, osserva il Pm, «gli interloÂcutori discutono se affidare il ristorante allo chef Gennaro Esposito e concordano un soÂpralluogo del cuoco». Grandi amici, altro che grandi appalti. E Bocchino se la cava, anche grazie al partito che gli fa quaÂdrato intorno. Il Nostro restò in sella anche quando incautaÂmentÂe se la prese con il sottoseÂgretario all’Economia, Nicola Cosentino, colpito da un’ordiÂnanÂza d’arresto in relazione alÂl’ affaire camorra-rifiuti. La fiÂguraccia fu doppia perchĂ© dalÂla lettura delle intercettazioni e degli interrogatori allegati alÂÂl’atto d’accusa, emergevano le rivelazioni dell’imprenditore pentito Gaetano Vassallo, per sua stessa ammissione legato alla sanguinaria cosca del casaÂÂlese Francesco Bidognetti, che lo tiravano pesantemente in ballo. A proposito del presunÂto sostegno elettorale dato dai clan a Cosentino, il pentito agÂgiunse a verbale quanto a lui riferito da uno degli esponenti di spicco della famiglia casaleÂse: «Tornando alla riunione in cui venne arrestato Raffaele BiÂdognetti ricordo si fecero i noÂmi anche di alcuni politici naÂzionali. In particolare Raffaele Bidognetti, alla mia presenza e alla presenza di Antonio Di Tella, riferì che Italo BocchiÂno » e altri politici di centrodeÂstra «facevano parte del nostro tessuto camorristico». Anche in quel caso Bocchino proclaÂmò la sua estraneitĂ ai fatti, e il partito non lo abbandonò nemmeno quella volta. Così come nessuno, a cominciare da quel galantuomo di presiÂdente della commissione d’inÂchiesta su Telekom Serbia che è Enzo Trantino, volle infierire su quel che scoprì il radicale Giulio Manfredi, poi riscontraÂto nell’inchiesta della Procura di Torino a pagina 30 della senÂtenza. E cioè che una parte dei proventi dell’intermediazioÂne riguardante l’ affaire col reÂgime di Belgrado finirono nelÂla disponibilitĂ di Bocchino, che poi era anche membro delÂla stessa commissione d’inÂchiesta.
«Ciò che costituisce una singolare emergenza mesÂsa in luce dalle indagini- si legÂge nelle motivazioni - riguarÂda la destinazione di una parte delle risorse di Vitali (uno dei due “facilitatori”dell’affare TeÂlekom Serbia, ndr ) a loro volÂta, come è stato reiteratamenÂte chiarito, proventi dell’affaÂre Telekom Serbia. In effetti Bassini (Loris, titolare di una finanziaria di San Marino, la Fin Broker a cui Vitali aveva afÂfidato la gestione di 22 miliarÂdi di lire, ndr ) erogò nel corso del 2001 1,8 miliardi di lire a una societĂ , Goodtime Sas, di cui socia accomandataria era Gabriella Buontempo, moglie dell’onorevole Italo BocchiÂno, successivamente compoÂnÂente della commissione d’inÂchiesta; e 2,4 miliardi alla soÂcietĂ Edizioni Roma, di cui soÂcio e presidente del Cda era lo stesso On. Bocchino». Un po’ come Scajola, il finiano doc ha sempre detto di non aver mai saputo da chi provenissero quei soldi. Men che meno da un tale che conosceva bene e che era impelagato nell’ affaiÂre su cui indagava la commisÂsione, di cui sempre Italo faceÂva parte. Bassini l’ha prima smentito («Italo l’ha sempre saputo del mio coinvolgimenÂto nella vicenda Telekom SerÂbia e sapeva che i soldi della Fin Broker provenivano dalla mediazione del conte Vitali») e poi gli ha mandato l’ufficiale giudiziario a pignorargli casa. Vanta un credito di 800mila euÂro con la societĂ della signora Bocchino, la figlia di Eugenio, imprenditore napoletano noÂto alle cronache per una latiÂtanza datata 1993.