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«Noi picchiati a Roma, ecco le prove»

• da Il Centro del 15 luglio 2010

Davanti ai giornalisti convocati nella Sala del mappamondo di Montecitorio, i rappresentanti dell’Assemblea cittadina di piazza Duomo mostrano le immagini dei momenti di massima tensione del corteo romano e distribuiscono una lettera indirizzata al ministero dell’Interno Roberto Maroni in cui rigettano le accuse di provocazioni da parte di elementi «estranei», si assumono «tutti uniti piena e unica responsabilità» e chiedono la «sostituzione» dei dirigenti che «affermano il contrario», a partire dal capo della Polizia Antonio Manganelli: «Incarichi così delicati non possono essere ricoperti da persone che mentono per coprire le proprie responsabilità screditando le istituzioni che rappresentano» scrivono. Con una interrogazione depositata martedì, chiede chiarezza a Maroni anche il deputato Pd Giovanni Lolli, colpito più volte nei tafferugli.

La verità, secondo i comitati, è nelle immagini. All’inizio di via del Corso, riprese che ondeggiano mostrano i sindaci con le fasce tricolori in prima fila, la tensione che cresce perché la folla dei cinquemila spinge chiedendo di passare, poi un cerchio evidenzia un manganello che si alza: «Hanno colpito anche i vigili che portavano i gonfaloni» commenta Sara Vegni, del Comitato 3e32. Quindi le immagini drammatiche di via del Corso, le donne con le mani sollevate, gli anziani in prima fila, la pressione che aumenta e i colpi che si abbattono sui manifestanti. Il sangue. Si distingue Vincenzo Benedetti, uno dei due feriti. «Parlare di scontri è scorretto, ci sono stati anziani e donne con ferite e lividi. E i non aquilani di cui si parla sono quelli che ci hanno dato solidarietà fin dal 6 aprile: che abbiano agito come provocatori è falso» sottolinea ancora Vegni. Quindi: «solidarietà» ai due denunciati (M.E., 39 anni, uno dei promotori dell’i niziativa, e G.C., 26 anni, che apparterebbe al movimento antagonista).«Davanti a palazzo Grazioli non volevamo passare, ma c’era caldo e la gente era stanca: via del Plebiscito era la strada più breve per arrivare a piazza Navona, perché volevamo andare, di fronte al Senato dove si discuteva la manovra». Passano ancora le immagini: gente che di fronte agli agenti in assetto anti-sommossa urla «L’A quila, L’Aquila», con le mani sollevate, urla, spintoni, un groviglio. I manganelli che si sollevano ancora. «E di riprese così, che testimoniano che eravamo tutti a mani alzate e volto scoperto, ce ne sono a decine». Come quelli di alcuni giovani videomaker: Francesco Paolucci «a cui hanno tentato di portare via la telecamera» e Sara Occhiuzzi «che è stata picchiata» racconta Vegni.

«In prima fila ci sono sempre stati gli aquilani: io potrei indicare uno per uno il nome di moltissime delle persone in prima fila» dice Giusi Pitari, pro-rettore dell’u niversità dell’Aquila e rappresentate del comitato «trentotto secondi», «ma a causa degli “scontri” nessuno ha parlato delle nostre richieste» sottolinea.

Richieste che Giusi Pitari ripete per l’ennesima volta: «Chiediamo equità e diritti per una città che muore, di essere trattati come tutti coloro che hano subito analoghe tragedie: la sospensione delle tasse, che da luglio abbiamo ripreso a pagare; il congelamento di mutui e prestiti; lavoro, perché i disoccupati sono 15-18 mila. Servono una legge speciale e una tassa di scopo».



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