Il tribunale conferma: Paolo Ruffini «fu discriminato». E per questa ragione anche il reclamo presentato dalla Rai, dopo l'ordinanza del giudice del lavoro dello scorso 28 maggio che imponeva ai vertici di viale Mazzini di reintregrare il giornalista alla guida di Raitre, è stato respinto. Un due a zero secco, che non coglie di sorpresa Ruffini, «una decisione che dimostra che avevo ragione, e mi rende felice» ma che getta, ancora una volta, ombre, sospetti e preoccupazioni sulla tv pubblica. Almeno per due ragioni. La prima, perché la sentenza conferma sostanzialmente l'ordinanza del giudice monocratico sostenendo che l'avvicendamento di Ruffini è avvenuto «per ragioni discriminatorie», e la seconda perché in Rai «l'effetto-Ruffini» ha messo in moto una vera e propria sindrome da tribunale. Tanto da far temere, per ogni giro di nomine, un ricorso al giudice. E così, dopo Ruffini, ieri, è stata la volta del corrispondente da Londra Giovanni Masotti, che accusa l'azienda di essere stato rimosso «dalla sera alla mattina» per far posto a Antonio Caprarica, ex direttore di Raitre, anche lui in attesa di una ricollocazione. «Cancellato con un colpo di penna dopo 23 anni di Rai - denuncia -. Destituito senza avviare un minimo di trattativa per una nuova destinazione». Una destinazione, che nel gioco delle caselle Rai doveva portarlo prima alla direzione di Rai24 poi alle Tribune parlamentari, ma che alla fine non è arrivata. Non foss'altro perché ora sostituire (o «rimuovere») Corradino Mineo dal canale all news (ieri l'altro il leader radicale Marco Pannella ha presentato un esposto in Procura contro le voci di sostituzione) sarà ancora più complesso per il direttore generale della Rai, Mauro Masi che, nelle prossime ore, dovrà anche trovare una sistemazione appropriata a Antonio Di Bella, l'ex direttore di Raitre, succeduto a Ruffini e ora da quasi due mesi a disposizione del direttore generale. Insomma, anche qui: o nuova collocazione, o immediata richiesta di danni. Tanti danni, in sede civile, sui quali spiega Bruno Tabacci di Api dovrà accendere i «riflettori anche la Corte dei conti». E già , perché tra ricorsi e sentenze a soccombere è proprio la Tv pubblica, che secondo una sentenza della Cassazione (n. 26-806 del 2009) e varie altre disposizioni stabilisce «che la Rai pur essendo una Spa ha caratteristiche così peculiari da essere assimilabile a un ente pubblico». E questo significa che i suoi amministratori sono soggetti alla giurisdizione della Corte dei conti e quindi chiamati, eventualmente, anche a rispondere di danno erariale. Non è un caso, infatti, che proprio ieri i consiglieri di opposizione Nino Rizzo Nervo e Giorgio Van Straten hanno inviato una lettera al presidente della Rai, Paolo Garimberti (sul caso Ruffini ha detto «che le sentenze vanno rispettate») con la quale sottolineano che «alla luce del rigetto dell'ordinanza contro il reintrego di Ruffini, si rende indispensabile una riflessione generale del consiglio sui criteri e sulle procedure prima di procedere a nuove nomine». Situazione, dunque, più che mai incandescente. E non saranno le imminenti ferie estive a refrigerare il clima. C'è da immaginare che nelle prossime ore (oggi e domani è previsto il cda) a far salire ancor più la temperatura sarà il caso Michele Santoro e la collocazione di Annozero. Il consigliere Rizzo Nervo è già sul piede di guerra e su Annozero e Santoro chiede un voto individuale per inchiodare tutti alle proprie responsabilità .
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