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Caliendo sotto tiro: mozione di sfiducia di Pd e dipietristi

• da Il Messaggero del 21 luglio 2010

Dopo Nicola Cosentino è Giacomo Caliendo, sottosegretario alla Giustizia, a finire nel mirino delle opposizioni. Come per il coordinatore campano, che la scorsa settimana ha rassegnato le dimissioni da sottosegretario all'Economia, l'Italia dei Valori annuncia la presentazione di una mozione di sfiducia per chiedere che anche Caliendo, il cui nome è finito nell'inchiesta sulla cosiddetta P3, lasci il suo incarico. Un provvedimento che nelle intenzioni dell'Idv deve essere discusso prima della pausa estiva. «Il sottosegretario Caliendo non può restare al suo posto», affermano all'unisono Felice Belisario e Massimo Donadi. capigruppo dell'Italia dei Valori che senza giri di parole, aggiungono: «Deve andare a casa. La mozione di sfiducia è un atto dovuto. Auspichiamo, nell'interesse del Paese, che altre forze di opposizione la sostengano». Un richiesta a cui replica il segretario del Pd Pier Luigi Bersani ricordando che i Democratici «ne hanno già presentata una loro». Il clima non è diverso in commissione Giustizia di Montecitorio dove si discute il disegno di legge sulle intercettazioni, provvedimento seguito proprio dal sottosegretario. Nel corso della riunione infatti non mancano le contestazioni. Si tratta si una presenza «inopportuna», osserva Donatella Ferranti capogruppo del Pd in commissione. Dalle contestazioni a Caliendo però si chiama fuori l'Udc: «Noi non abbiamo partecipato alle azioni di protesta», precisa Roberto Rao che poi spiega: «Non abbiamo ritenuto che fosse questa la sede per parlare delle vicende che riguardano il sottosegretario Caliendo». La bagarre in commissione che i giornalisti non hanno potuto ascoltate perché il Pdl ha chiesto che venisse chiuso il circuito che permette ai cronisti di seguire i lavori viene trasmessa su Radio Radicale grazie a Rita Bernardini che ha "intercettato" i lavori: «La Commissione Giustizia della Camera sottolinea la deputata radicale - non è una società segreta e non si comprende il motivo che ha portato il capogruppo Pdl Enrico Costa a negare la pubblicità della seduta».



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