È guerra sul taglio degli stipendi di deputati e senatori. Pacifico che deve essere del 10%, lo stabilisce la manovra anti-crisi di Tremonti. Un po' meno chiaro su quali voci della busta paga debba incidere: l'austerity va applicata solo all'indennità o a tutto lo stipendio? Per i questori di Camera e Senato - altro non sono che parlamentari- la sforbiciata deve riguardare solo l'indennità , per un totale di 550 euro al mese. Un colpo di mano rispetto alle linee guida messe a punto a fine maggio dai presidenti dei due rami del Parlamento che prospettavano un taglio del doppio, mille euro al mese, nonché la "diaria a punti", un sistema sparito dalle proposte dei questori che prevedeva un guadagno direttamente proporzionale alle presenze in aula e commissioni. Da destra a sinistra tutti plaudono al taglio degli stipendi. Il ministro della Gioventù, Giorgia Meloni, parla di «buon esempio nel momento in cui chiediamo sacrifici all'Italia intera». Così come il leader dell'Udc Pierferdinando Casini che definisce il taglio «opportuno e doveroso». In linea il democratico Giorgio Merlo, che vede un provvedimento «equo e solidale». Il pidiellino Osvaldo Napoli sottolinea che «ognuno, parlamentari compresi, deve fare la propria parte». Ma nessuno osa addentrarsi nel labirinto delle cifre e così sul tavolo resta la proposta formulata tra ieri e martedì dai questori: via il 10% dell'indennità parlamentare che ammonta a 5.486 euro, ovvero decurtazione di 550 euro al mese. Un sacrificio pari alla metà di quello prospettato a maggio grazie al quale i due rami del Parlamento puntavano a recuperare 12 milioni all'anno. E così Fabrizio Alfano, portavoce del presidente della Camera Gianfranco Fini, ha gelato l'entusiasmo dei parlamentari che - stretti tra mutui, famiglie a carico e spese di rappresentanza - stavano già brindando al pericolo scampato: quella del taglio della semplice indennità è «solo un'ipotesi tra le altre - ha detto Alfano - i questori hanno svolto un'attività istruttoria elaborando varie ipotesi ma a decidere saranno la prossima settimana gli uffici di presidenza». Poco dopo lo stesso Fini è stato ancora più chiaro dicendo che « c'è un po' di confusione, serve una riflessione perché il taglio deve ammontare al 10% di tutto lo stipendio e non solo di una parte di esso, se no non è del 10%». Fatti due calcoli onorevoli e senatori sono caduti dalla sedia: sommando tutte le voci (indennità , diaria, rimborso spese di segreteria, viaggio e telefono per un totale di oltre 21 mila euro) il taglio arriva a 2.127 euro al mese. La decisione definitiva sul sacrificio dei parlamentari sarà presa la settimana prossima dagli uffici di presidenza composti, oltre che da Fini e Schifani, dai loro vice, dai questori e dai segretari d'aula. In più ci sono gli altri tagli confermati dai questori: per il personale di Camera e Senato ci sarà una sforbiciata del 5% per i redditi superiori a 90 mila euro e del 10% per quelli oltre i 150mila, il blocco triennale dei meccanismi di adeguamento automatico degli stipendi e il pensionamento a 60 anni rispetto ai 57 attuali. Fini ha anche parlato di una «riduzione degli stanziamenti di alcune voci di bilancio». A chi il programma non va giù a prescindere dagli importi sono Antonio Di Pietro, che vorrebbe «dimezzare numero e stipendi dei parlamentari», e il segretario dei Radicali Mario Staderini, per il quale la «vera truffa sono i rimborsi elettorali grazie ai quali ogni legislatura nelle casse dei partiti finiscono 500 milioni di euro di finanziamento pubblico a fronte di poco più di 100 milioni di spese documentate».