Continua, senza soste, la guerriglia (strumentale) dell'acqua. Da una parte il governo - che ieri durante il Consiglio dei ministri, ha dato il via libera al regolamento dei servizi pubblici locali e anche della privatizzazione delle risorse idriche dall'altra il comitato per l'acqua pubblica, che pochi giorni fa ha consegnato in Corte di Cassazione 1,4 milioni di firme a sostegno del referendum contro il provvedimento. Da una parte le ragioni del buonsenso, dall'altra quelle del populismo e dell'ideologia. Oggetto del contendere è il decreto Ronchi, che nel 2009 ha aperto ai privati la possibilità di concorrere e partecipare ai servizi pubblici locali che distribuiscono l'acqua sul territorio. Sulla questione è intervenuto il ministro dell'Economia Giulio Tremonti: «L'acqua appartiene al popolo», ha detto il numero uno di via XX settembre, aggiungendo che «la direttiva è applicazione di un trattato. Sulla materia dei trattati non ci può essere referendum abrogativo». In ogni caso, ha continuato il ministro, «il referendum è falso come contenuto ideologico, non è cristallino come l'acqua». Tremonti, dunque, ha avanzato anche dei dubbi sulla possibilità stessa di indire un referendum su questa materia. Gli ha fatto eco il ministro per le Politiche comunitarie Andrea Ronchi, soddisfatto per il varo del suo provvedimento. L'acqua «è e resta un bene pubblico». «Andremo a rompere tutte quelle situazioni che hanno dato all'Italia dei tristi primati: il 37% di dispersione, 2 miliardi e mezzo di costi peri cittadini. E una grande riforma» ha spiegato. Poi l'attacco ai "referendari": «Hanno realizzato una grande menzogna, basando su una grande bugia un milione e 400mila firme raccolte. La bugia è che il governo voglia. privatizzare l'acqua, che invece è e resta pubblica». La risposta del comitato, ovviamente, non si è fatta attendere. «Un milione e 400 mila cittadini firmano i tre referendum per l'acqua - si legge in una nota - e il governo risponde insultandoli e procedendo nell'attuazione dei decreti di privatizzazione. Se l'acqua appartiene al popolo, come dice Tremonti, perché allora sempre Tremonti dà il servizio idrico ai privati, facendogli fare i profitti sopra?» In quanto, poi, al fatto che il decreto Ronchi discende dal Trattato europeo e che su ciò non si può fare un referendum, i "referendari" consigliano al ministro di dargli una rilettura. «Scoprirebbe che l'Unione Europea lascia liberi gli Stati membri di legiferare in materia di servizi pubblici - continua la nota - Oppure potrebbe leggere la legislazione olandese che affida la gestione del servizio idrico solo a soggetti pubblici o andare a fare un giro a Parigi che l'ha ripubblicizzato dall'inizio; di quest'anno». In sostanza, l'accusa mossa dal comitato e dalla sinistra è quella di voler "mercificare" l'acqua. Tanto rumore per nulla, verrebbe da dire. Infatti, in realtà , il decreto non propone nulla di rivoluzionario rispetto alla storia recente, ma giunge a suggellare un percorso avviato da decenni e mai concluso. Coerentemente con i principi comunitari; generalizza l'obbligo di utilizzare procedure competitive a evidenza pubblica per l'esternalizzazione dei servizi idrici o per la selezione di un partner privato in una società mista, andando a limitare la possibilità del ricorso alla gestione in house. Il fatto che un servizio sia assegnabile tramite gara non significa affatto che esso venga privatizzato. E poi vero che il decreto mira a una progressiva riduzione del peso degli enti locali nelle società a partecipazione pubblica già quotate in borsa, ma la quota pubblica massima, anche nel 2016, potrebbe assestarsi comunque al 30% del capitale e le amministrazioni locali sono obbligate a vendere un pezzo delle partecipate solo nel caso in cui vogliano mantenere l'affidamento diretto. Non si può dunque parlare di "privatizzazione". Nonostante tutto, il fronte del "no" non sembra disposto ad una tregua. Il prossimo appuntamento del popolo dell'acqua sarà il 18 e 19 settembre a Firenze per l'assemblea dei movimenti.