"Qui ci mandano la feccia". Parole graffianti, come unghie su una parete. O nella carne viva di chi - la "feccia" appunto - mettendo piede tra queste mura ha lasciato ogni speranza. Come davanti alla porta dell'inferno dantesco. Parole che accolgono la delegazione radicale in visita ispettiva alla Casa Circondariale di San Sebastiano, a Sassari, Un carcere dove il degrado raggiunge livelli intollerabili. Inimmaginabili perfino per visitatori esperti quali sono i Radicali; che conoscono a fondo la realtà penitenziaria italiana, perché le galere le girano da anni. E per tutto l'anno, incluse le feste comandate. Ma allo strazio della vita in disuso è difficile abituarsi, per fortuna. Non si può che rabbrividire, infatti, ascoltando di topi e scarafaggi che escono dagli scarichi dei bagni. Dinanzi ai piccioni che volano da una parte all'altra dei corridoi, lasciando un po' ovunque tracce maleodoranti della propria presenza. Non c'è pelo che tenga, sullo stomaco, davanti al sudiciume; ai giornali usati al posto della carta igienica che qui non arriva, come nemmeno il sapone; al muschio che in piena estate dipinge e divora i muri scrostati e macchiati delle celle, rendendole simili a presepi, senza comete ne bambinelli. Presepi di 7 metri quadrati, dove in tre bisogna spartirsi lo spazio vitale di una sola persona. E un bagno "alla turca«, pure, messo lì nella cella e separato dal resto - dai letti e dal misero mobilio solamente con un muretto divisorio. Basso. Troppo basso davvero per garantire un angolo, o anche solo uno spicchio di intimità . Un momento di riparo da quella convivenza obbligata, tanto stretta da sfiorare il contatto fisico. E non senza rischi in un posto come San Sebastiano, dove tra i reclusi ce ne sono diversi affetti da malattie infettive. Magari da tempo e senza saperlo, perché per alcuni detenuti - soprattutto stranieri- il carcere e la prima istituzione a occuparsi del loro stato di salute. Ed è qui che, sempre per la prima volta, ricevono un'assistenza sanitaria. Per quanto carente. "San Sebastiano è uno schifo", chiosa Irene Testa, Segretaria dell'Associazione Il Detenuto Ignoto, dopo averlo visitato con la deputata radicale Rita Bernardini. Uno schifo, sì. E prima, di chiamarla "feccia", forse sarebbe meglio chiedersi se questo è un uomo.