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Gianfranco calma i suoi "Io ministro? Ridicolo"

• da la Repubblica del 26 luglio 2010

di Francesco Bei

«Vogliono alzare il livello della tensione, è il momento di mantenere i nervi saldi». Fini è consapevole della delicatezza del momento. Sa anche che qualsiasi passo falso adesso sarebbe pagato con un prezzo altissimo. Per questo ieri ha impartito ai suoi l'ordine di tenere bassi i toni e soprattutto di non raccogliere le provocazioni. «Nervi saldi», appunto. E una «provocazione» è considerata l'uscita di Ignazio La Russa, che ha suggerito a Fini di dimettersi da presidente della Camera per entrare al governo, «magari al posto di Scajola al ministero dello Sviluppo». Un'idea «semplicemente ridicola», commenta Fini, che non merita nemmeno una risposta. «Se Fini volesse tornare al governo scherza Italo Bocchino magari chiederebbe per sé un ministero che si occupa di legalità... come quello della Difesa, dove Fini volle che andasse l'amico La Russa». Insomma, il presidente della Camera punta ora ad abbassare il livello dello scontro con Berlusconi, nella convinzione che sia in atto «un tentativo di generare reazioni a catena. Una trappola nella quale non dobbiamo cadere». Per questo, benché lo ritenga un errore e «una forzatura», non intende opporsi alla richiesta che il Pdl gli rivolgerà alla prossima conferenza dei capigruppo, quando sarà deciso il calendario di agosto e il centrodestra punterà a far votare "prima" il disegno di legge sulle intercettazioni e "dopo" due decreti in scadenza. Quanto alla pietra dello scandalo, le dichiarazioni di Fabio Granata, in privato Fini è anche disposto a concedere che, dopotutto, il vicepresidente dell'antimafia abbia utilizzato «toni che possono essere sembrati eccessivi». Ma nulla di più, visto che «sul Secolo d'Italia ha poi ampiamente spiegato il senso delle sue parole». E dunque nessun processo, niente probiviri e nemmeno «metodi che sanno di Santa Inquisizione». A Granata, oltretutto, nei giorni scorsi è stata aumentata la scorta in Sicilia proprio per le sue prese di posizione contro la mafia. Una circostanza che non è stata resa pubblica, ma che Fini per certo conosce. Riguardo invece al sottosegretario Alfredo Mantovano, che si è sentito disonorato dalle accuse di Granata, Fini probabilmente interverrà oggi stesso con una telefonata personale, per spiegare al deputato (ex magistrato "scoperto" e portato dentro l'esecutivo di An proprio da Fini) che «la stima» nei suoi confronti resta immutata. Le questioni politiche restano però tutte sul tavolo. Fini non rinuncia a porre il tema della pulizia interna al Pdl e intende insistere sul problema della «legalità». Così come sulla manovra e sulle necessità del Mezzogiorno. Altra richiesta che non verrà fatta cadere è quella di un congresso «vero», nazionale, perché la soluzione lanciata da Alemanno, quella di fare intanto congressi comunali e provinciali, viene considerata riduttiva. «Non ha senso fare dei congressi locali - osserva Benedetto Della Vedova - se non nell'ambito di un congresso nazionale. Non si può ridurre tutto a fare dei congressini per poter contare il peso delle correnti e dei ras locali: ci vuole un primo congresso nazionale e politico». Richieste a cui Berlusconi non intende minimamente sottostare. Anzi, per la prima volta da settimane il premier è convinto di aver scoperto con Granata un punto debole dell'avversario. Lo hanno confortato ieri le prese di distanza dal deputato di alcuni rappresentanti moderati dell'arcipelago finiano. Il ministro Andrea Ronchi anzitutto. Pasquale Viespoli e Silvano Moffa, quando parlano di «granate incendiarie» e di «estremismi irresponsabili» si riferiscono proprio a certe ali dello schieramento intorno al presidente della Camera. Critico con Granata e Bocchino è anche il sottosegretario Roberto Menia, oppure Andrea Augello, che in privato ammette che Granata «stavolta l'ha fatta fuori dal vaso, ha coinvolto una brava persona come Mantovano». Insomma, vista da Arcore la situazione è meno nera dei giorni scorsi, il campo nemico si mostra diviso nel giudizio su Granata, affiorano diversità anche sul tema del garantismo. «Berlusconi non esclude ancorala possibilità di un accordo in extremis con Fini - sintetizza chi ha telefonato ieri ad Arcore - ma è in attesa di un segnale vero da parte del presidente della Camera, un messaggio che riaffermi la sua centralità. Se Fini mollasse Granata, sarebbe valutato molto positivamente, potrebbe essere il viatico per un incontro».



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