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Prove di divorzio anche nel Pd

• da La stampa del 26 luglio 2010

di Paolo Festuccia

La ruota è quella di Bruxelles. Gli ex margheritini scommettono in Europa, ma si vedono a Roma e rilanciano la sfida al Partito democratico. Certo, di scissione per ora nessuno parla, né viene evocata, ma comunque, si discute e si ribadisce che il «Partito democratico non può essere la delegazione del Partito socialista europeo in Italia». Considerazione che ha messo d'accordo tutti i partecipanti all'iniziativa: Dario Franceschini, Paolo Gentiloni, Giuseppe Fioroni, Pierluigi Castagnetti, Luigi Lusi, Arturo Parisi ma anche Ermete Realacci e Luigi Zanda. Tutti a parlare di Europa ma pensando all'Italia, ma soprattutto «a riaffermare nel gruppo parlamentare europeo - spiega l'europarlamentare Gianluca Susta, vice presidente dell'Asde e unico a «rompere» la consegna a un ferreo silenzio - l'originalità italiana all'interno del gruppo». Pochissime parole per dire che «d'ora in avanti i margheritini rivendicano di fare politica nel gruppo del Pde» ritrovandosi così, ironia della sorte, proprio fianco a fianco al copresidente di quel gruppo, e cioè Francesco Rutelli che a novembre scorso lasciò gli ormeggi del Pd per fondare l'Api. Una casualità, certo, una «curiosa circostanza», taglia corto Susta, ma di certo «la vicenda europea - spiega uno dei big partecipanti all'incontro romano - rischia di essere il detonatore del problema, la punta di un iceberg di un Pd che sta perdendo l'intuizione originaria». Dunque, autonomia dalle scelte del Pse. Questa la parola d'ordine che lanciano i «romani» e alla quale, per ora, già sei eurodeputati eletti nel Pd (ma ex petali margheritini) hanno aderito: Vittorio Prodi, Silvia Costa, Guido Milana, Patrizia Toia, Mario Pirillo, e ovviamente, Gianluca Susta. Cosa faranno? Di certo, ragiona una fonte ben informata «cercheremo di ampliare la delegazione (sei parlamentari e tra questi Sassoli, ma anche la Borsellino o Crocetta, non sono iscritti a nessun partito europeo), ma soprattutto eviteremo di morire socialisti». Quindi, abbiamo sancito «di voler fare autonomamente politica in Europa». Europa che per alcuni si legge soprattutto Italia, e non sarà, infatti, un caso che molti dei partecipanti all'incontro romano, in questi mesi, non hanno esitato a dimostrare la loro insofferenza per un partito, il Pd, ancora troppo legato agli ex Ds. «Quella parte del Partito democratico - spiegano i promotori, tutti vicini a Area democratica - che ancora non si è resa conto che l'Europa è lo specchio del disagio italiano». Da qui, la prima ricetta: cementificare una corrente forte per evitare «la fagocitazione nell'area ex diessina». Come? «Pensando al modello Fini». «Si, - si osserva - fare proprio come sta facendo il presidente della Camera». Senza rotture, ma decisi. A cominciare dall'Europa per riapprodare in Italia. «Senza sfasciare» come da mesi spiega Franco Marini, che non mai ha immaginato una casa diversa dal Pd guidato da Pier Luigi Bersani, ma invocando «il rispetto degli accordi presi a cominciare dall'Europa e dalla diversificazione di collocazione tra ex Ds e ex Margherita». E già, la Margherita, partito scioltosi nel 2007, citato nelle discussioni, negli incontri, ma che nessuno «pensa di rimettere in piedi», nonostante resti a disposizione del partito e, quindi, dell'assemblea una bella sommetta in milioni di euro che l'ex tesoriere Luigi Lusi (uno dei partecipanti all'incontro romano) custodisce. E chissà, che forse proprio quei soldi non possano presto tornare utili?
 



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