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Lettera al Giornalista Collettivo su bavagli e in formazione tv

• da Il Foglio del 26 luglio 2010

Caro Giornalista Collettivo, esigo che tu scriva la verità sull'informazione televisiva in Italia. Così, giusto per il gusto della verità. Pretendo che da domani tu consideri il signor direttore generale della Rai Mauro Masi, il funzionario pubblico promosso dal Tesoro a capo di quella grande azienda, un cavaliere senza macchia impegnato nella missione di garantire la più assoluta impermeabilità dei palinsensti alle lusinghe eventuali del potere. Dall'autunno, finite le repliche per i poveri cristi dell'afa cittadina, il pubblico ricco, ottuso e rissoso dei talk show avrà a disposizione: 1) un programma di due ore e mezzo in prime time di Michele Santoro, molte puttane in diretta per parlare degli amori del premier, molti mezzi e falsi mafiosi in diretta per parlare delle stragi del premier, molti vignettisti e procuratori della Repubblica giornalistica impegnati a mettere alla sbarra e massacrare chiunque tra quei cretini della attuale classe dirigente si dia la briga di accettare il loro invito per difendere il premier; 2) un programma multiplo di umorismo da trivio, condotto da Serena Dandini in diretta virtuale da un qualche muretto chiacchierone di Monteverde Vecchio, in Roma, per rassicurare il popolo asino e bue che la sinistra ha sempre dalla sua l'ironia, il sarcasmo, lo spirito salottiero, ma soprattutto la satira politica, che in quella trasmissione di banalità accese e febbrili non si sa dove sia di casa, ma ha tuttavia un indirizzo sicuro; 3) una nuova stagione di Fabio Fazio, questo aggraziato incrocio tra Enzo Biagi e Mike Bongiorno, conduttore capace di costruire con l'aiuto del migliore ideologo della sinistra italiana (è un complimento, caro Michele Serra?) la ferrigna identità culturale del popolo liberal, un programma di culto e di massa che motiva il lusinghiero narcisismo dei dotti educati al Dams e nutre una avversione ben calcolata e ben temperata a tutto ciò che è diverso dal banalismo impegnato, equo e solidale; 4) un anno di Balarò, omaggio settimanale a una propaganda seria e rigorosa dell'opposizione, professionalmente impeccabile e dunque assai efficace. Dall'altra parte, in casa Mediaset, tutto è felicemente fermo alla dimensione serenamente commerciale del business, e vorrei vedere: che non si incorra mai in un odioso conflitto di interessi tra business e politica, per carità, facciamo attenzione. Vogliamo poi parlare di Murdoch e Mockridge, con Sky che ha sempre ballato ingegnosamente e con delicato equilibrio tra Prodi e Vendola? Da Mentana a La 7 possiamo poi aspettarci un telegiornale fair, politicamente occhiuto e ben fatto, ma non certo una fanfara del governo, ci mancherebbe. Il risultato è che invoco dal Collega Medio il riconoscimento pieno e senza complessi del fatto che in Italia non ci sono bavagli, c'è libertà di informazione, e c'è perfino uno squilibrio evidente, che solo un soggetto affetto da demenza può negare, tra informazione senza aggettivi e informazione militarizzata e ideologizzata. E' vero: Minzolini, già colonna professionale della Stampa, dirige il Tg1 con un tratto di autorevole autonomia editorialistica dal Giornalista Collettivo, e qualche errore militante, ma vuoi mettere?
 



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