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Il Cavaliere rassegnato

• da La stampa del 25 luglio 2010

di Marcello Sorgi

Da settimane, per non dire da mesi ormai, Silvio Berlusconi è sottoposto a un fuoco di fila che lo spinge a far chiarezza sul suo governo e sul suo partito. Glielo chiedono, non solo la gran parte dell'opposizione e la minoranza interna del Pdl, convinte che Berlusconi sia ormai al capolinea e debba solo scegliere il percorso per uscire di scena. Ma anche un gran pezzo di opinione pubblica che invece vorrebbe che andasse avanti, ma si rende conto che così non può. È impossibile, si dicono gli uni e l'altra, che il premier non si renda conto che non può arrivare molto lontano un governo che perde per strada due ministri e un sottosegretario in così poco tempo, che fatica tutti i giorni a far approvare i suoi provvedimenti in Parlamento malgrado l'ampia maggioranza di cui gode sulla carta, e che è diviso al suo interno tra l'asse nordista Tremonti-Bossi e i Vespri meridionali, a malapena tenuti a freno dal sottosegretario Letta. Allo stesso modo è improbabile che il Cavaliere non si accorga che il partito da lui fondato con tanto entusiasmo neppure tre anni fa, per corrispondere alle spinte unitarie dei cittadini di centrodestra, è ridotto a un brulicante verminaio di correnti, da cui traspaiono interessi poco chiari e quasi sempre privati. Si tratti della Sanità che ha messo nei guai fior di amministrazioni regionali, dell'energia eolica attorno alla quale si erano già concentrati comitati d'affari, dei rapporti con mafia, camorra e 'ndrangheta, della massoneria, regolare o deviata, che sembra ormai farla da padrona a tutti i livelli dell'organizzazione territoriale, di cardinali che scambiavano favori con case regalate o vendute a prezzi di favore a ministri in carica o ex, la sensazione è che il partito nato a furor di popolo, è il caso di dire, nella piazza San Babila in delirio all'urlo di "Silvio, Silvio", davanti al leader issatosi sul predellino della sua Mercedes, sia stato del tutto occupato da una nuova classe politica, che non è fatta neppure di politici, anzi tende ad emarginare i pochi rimasti, e punta solo a farsi i fatti propri, a dispetto della legalità che pure dovrebbe essere un valore fondante di una destra moderna. Per fortuna di Berlusconi, non tutto è così nel Pdl. Anche se quel che traspare tende a sommergere il resto, compreso ciò ch'è rimasto di buono, c'è chi si oppone al degrado, e lo fa anche coraggiosamente, aspettandosi da Berlusconi una risposta che purtroppo non arriva. Anzi il premier - gelando le attese di chi lo richiama continuamente alla vocazione originaria del centrodestra, nato sulle ceneri di Tangentopoli con l'anelito di imporre un nuovo modo di far politica -, continua a ripetere che tutto è a posto e tutto va benissimo, e per reagire a quelle che considera le imposture di giornali a lui avversi, foraggiati da magistrati comunisti, ha addirittura fatto preparare un dépliant, in cui il «noir» degli ultimi tempi è stato cancellato con corpose pennellate di rosa, senza badare all'evidente sproporzione tra la malattia emersa e il rimedio adottato. Così i cronisti che in questi giorni di calura si affacciano al famigerato portone di Palazzo Grazioli (che Berlusconi frequenta sempre meno, preferendo ritirarsi a meditare nella quiete dell'agro romano), o in via dell'Umiltà, dov'è la sede del febbricitante partito del presidente, forse in omaggio alla linea rassicurante scelta e ribadita dal premier, non colgono alcun senso di preoccupazione. Gli inquisiti e i fuorusciti dal governo occupano tranquillamente le loro stanze, scherzando amabilmente tra di loro sui giudici che li vorrebbero in carcere, e di tanto in tanto rilasciando pure dichiarazioni piene di sicumera, che irridono a chi dall'interno del Pdl insiste per fare pulizia. Parlano come se si sentissero al sicuro, come se non avessero nulla da temere né dal «ghe' pensi mi» che sembrava preludere a una serie di tagli chirurgici, né dalla prossima campagna agostana, che lasciava presagire strali lanciati dai merli del castello scelto dal Cavaliere come sua dimora estiva. Naturalmente nessuno sa davvero cosa ha in testa Berlusconi, né cosa farà e neppure perché indugi tanto a decidere uno come lui che non è nuovo a colpi di scena. E tuttavia, al momento - questo è l'aspetto più grave -, la sensazione non è più che lui stenti a credere a quel che lo circonda. Ma piuttosto, che avendolo capito, pensi che non c'è altro da fare e sia rassegnato ad andare avanti così.
 



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