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DELEGAZIONE RADICALE A TOLMEZZO (Il Gazzettino del Friuli)

15 luglio 2002

Articolo pubblicato in prima pagina su Il Gazzettino del Friuli, del 15 luglio 2002

DICIOTTO SCONTANO IL «CARCERE DURO»
Delegazione radicale a Tolmezzo


Di Camilla De Mori

Udine Detenuti «trattati peggio dei polli» a Tolmezzo, figli che da 10 anni non possono neppure parlare con il padre, strutture fatiscenti a Udine, «che sono una pena suppletiva».

Frammenti di vita-non vita dietro il vetro del 41 bis, il carcere duro - inasprito dal '92 dopo le stragi Falcone e Borsellino - che si applica per i reati più gravi. A raccoglierli, nella loro tappa friulana attraverso i penitenziari italiani dove il 41 bis viene applicato (Tolmezzo è stata la quinta struttura: una volta completato il "tour", produrranno un libro bianco per agosto) i radicali Maurizio Turco, europarlamentare, e l'udinese Gianfranco Leonarduzzi, con Sergio D'Elia, segretario di "Nessuno tocchi Caino". Che lo dice chiaro: «Non chiediamo di abolire il 41 bis, ma di eliminare gli aspetti puramente vessatori. Il fatto che i detenuti siano costretti a mettersi sull'attenti per la conta, il divieto di passarsi il cibo da una cella all'altra. E soprattutto il colloquio: a Tolmezzo , una volta al mese, i detenuti incontrano i familiari in una stanza con 6 telecamere e un vetro antiscasso in mezzo. Non è possibile nessun contatto fisico. Questo vetro, che loro elevano a simbolo del carcere duro, serve solo a produrre pentiti. Siamo contro il 41 bis come una fabbrica di pentiti».

A Tolmezzo i tre hanno incontrato i 18 detenuti in regime di 41 bis - un kosovaro, gli altri meridionali, accusati dei reati più vari, dall'associazione mafiosa al traffico di droga - che, per protesta, quasi tutti, da inizio luglio rifiutano il vitto del carcere. «L'ora d'aria la passano in un cortile di 3 metri per 7 con una grata sopra: una cosa così l'abbiamo vista solo a Viterbo.

Alcuni detenuti ci hanno detto: "Qui siamo trattati peggio dei polli tutelati dall'Ue". Molti rinunciano al colloquio per evitare ai familiari il viaggio dal sud. Avrebbero diritto ad una telefonata, ma ricevuta solo in un altro carcere. Per questo un detenuto non può neppure a parlare con il padre, paralizzato da 10 anni». «Il 41 bis porta lo Stato ad avere le stesse regole non scritte della mafia. L'esigenza di sicurezza va garantita, ma lo Stato non può sequestrare i sequestratori e metterli in una buca», dice Turco.

Che a Udine (dove ha incontrato le 5 detenute che stanno facendo lo sciopero della fame per la legalità, come Pannella) è rimasto sconvolto dalla «fatiscenza dei luoghi, qualcosa di straordinario rispetto al sistema penitenziario nazionale. Le strutture degradate, la manutenzione abbandonata in attesa della ristrutturazione».



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