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Perché il Meeting ciellino ci impedisce un confronto sulla laicità dello stato?
Lettera aperta del Segretario radicale

• da La Stampa del 27 agosto 2004, pag. 24

di Daniele Capezzone

"Se essere anticlericale ha il senso pienamente negativo di essere contro il clericalismo, certo io sono anticlericale. Ma io sono agli antipodi degli anticlericali dell’estrema sinistra, poiché io sono anticlericale principalmente nel nome e per la tutela di interessi religiosi". E ancora: "La laicità dello Stato è oggi domandata dagli spiriti religiosi più vivi, e per questo stesso perseguitati dalla Chiesa ufficiale".

Cari amici del Meeting, queste sono parole pronunciate nel Parlamento italiano, rispettivamente nel 1907 e nel 1910, da un sacerdote, deputato radicale e fondatore della Democrazia Cristiana: don Romolo Murri. La mia impressione è che esse rappresentino una sicura guida politica anche cento anni dopo, e -se posso permettermi- fareste bene a discuterne un poco anche voi.

E’ necessario che gli Stati non si intromettano nelle scelte confessionali; ma insieme, è necessario che le Chiese non si intromettano nelle scelte legislative degli Stati: la laicità degli ordinamenti, la distinzione tra "peccato" e "reato", tra "norma morale" e "norma giuridica", rappresentano la migliore difesa possibile anche per la libertà religiosa.

La Chiesa cattolica ha pieno diritto di diffondere i suoi messaggi, e questo diritto va difeso sino in fondo. Ma, da un lato, occorre che i responsabili politici non consentano alle legittime convinzioni morali di alcuni di tradursi in imposizione per tutti gli altri; e, dall’altro, va rivendicato il diritto dei laici, dei liberali, degli antifondamentalisti, di denunciare che il risultato concreto di alcune delle politiche proposte dalle gerarchie vaticane sarebbe quello di proibire terapie e di imporre sofferenze, pur in nome della Salvezza eterna.

Vogliamo parlarne? Come sapete, in queste settimane siamo impegnati in una campagna referendaria sulla legge sulla fecondazione assistita. Deve essere chiaro che, se si accogliessero definitivamente i veti e le impostazioni vaticani, l’unico risultato concreto sarebbe quello di togliere una concreta speranza di vita e di guarigione a milioni di malati. Oggi, in nome della Vita, le gerarchie ecclesiastiche si oppongono alla sperimentazione sugli embrioni, sacralizzando entità percepibili solo attraverso il microscopio, elevando un tessuto di poche cellule a soggetto di diritti (magari equiparato ad una persona!), e protraendo nel futuro il retaggio che portò, per secoli, a vietare le autopsie in nome dell’intangibilità dei cadaveri.

Del resto, le parole del rappresentante vaticano all’Onu, monsignor Martino, rispetto alle nuove frontiere della ricerca in questi settori ("è opera del Demonio") esprimono con eloquenza una convinzione e una scelta politica: la stessa che, sotto questo pontificato, ha portato alla santificazione di Papa Pio IX, l’artefice del Sillabo, il teorico della necessità di "difendere", di "tutelare" il popolo dalle "insidie" della conoscenza, perfino nella forma dell’istruzione elementare. Si ripete la maledizione della Controriforma; si rinnova l’iconografia cinquecentesca del "diavolo con gli occhiali": qualunque strumento che aiuti l’uomo a vedere meglio, a capire di più, non può che provenire dal Maligno.

Occorre dire -con rispetto e con fermezza- che sembra difficile qualificare tutto questo come "cristiano", prima ancora che come "liberale".

P.S. Saremmo stati lieti di poter discutere di tutto questo direttamente, perché (come, a partire da Pannella, non manchiamo mai di sottolineare) siamo uniti dalle stesse domande, a cui diamo spesso risposte opposte. Ma (ahinoi, e forse anche un po’ ahivoi…), mentre possiamo seguirvi da Radio Radicale e da www.radioradicale.it, che trasmettono con continuità il vostro Meeting, anche quest’anno il piacere di un confronto diretto ci è stato negato. Buon lavoro, comunque.


NOTE


Nota a cura dell'ufficio stampa di Radicali Italiani

Non sono state pubblicate le cinque righe seguenti:

In particolare, la forte e carismatica figura di Giovanni Paolo II sembra pericolosamente impegnata in un'autentica crociata contro il liberalismo. L '"anatema" è stato scagliato il 18 agosto 2002, proprio nella sua Polonia, positivamente (ma, dal punto di vista del Pontefice, drammaticamente) avviata sulla strada della secolarizzazione e del progresso. In quell' occasione, con accenti di vibrante emozione, Karol Wojtyla ha denunciato la "rumorosa propaganda di liberalismo, di libertà senza responsabilità, che si intensifica anche nel nostro Paese". E, nei suoi occhi, nella sua mano tremante, erano chiaramente leggibili la paura, lo sgomento per la sorte di un Paese, di una società e di un tempo semplicemente "liberi".


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