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L'isolamento non è mai «splendido»

• da Il Giornale del 30 agosto 2004, pag. 10

di Daniele Capezzone, segretario di Radicali Italiani

La lettera aperta che ci ha ieri indirizzato Sandro Bondi dalle colonne di questo giornale (e altrettanto vale per le chiare e reiterate prese di posizione di Maurizio Gasparri) è espressione di tenacia e lungimiranza politica. Si tratta di iniziative molto positive e coraggiose, di contributi di ragionevolezza di cui è bene far tesoro. Tra l'altro, il coordinatore di Forza Italia hall merito di chiarire due aspetti che mi auguro non siano sfuggiti ai suoi lettori più attenti. Per un verso, Bondi spiega che — nel "dialogo" con i radicali - non si tratta di essere "d'accordo su tutto". Se qualcuno inseguisse questo obiettivo, si condannerebbe a un'impresa priva di sbocchi concreti e politicamente praticabili. I1 problema è invece, come Pannella e i radicali non smettono di ripetere, quello di ragionare su un "contratto politico", su un'intesa su cose precise, che circoscriva in modo chiaro e comprensibile per il Paese un eventuale accordo. Di tutta evidenza, quindi, non si tratta di trovare un'intesa — che so — anche su droga e aborto. Percorrendo una strada del genere non si andrebbe da nessuna parte.

Per altro verso, però, lo stesso Bondi chiarisce che sarebbe politicamente miope da parte di Forza Italia e della Casa della libertà autoattribuirsi posizioni monolitiche e di chiusura sui cosiddetti "temi di coscienza". Per quale misteriosa ragione una forza nata nel 1994 con l'ambizione di dare vita al "Partito liberale di massa" dovrebbe schiacciarsi su una piattaforma degna (come Pannella non manca di ricordare) del "ticket" Fanfani-Almirante del 1974? Davvero è credibile uno schieramento che si professa liberale, e che — nel frattempo dice "no" al divorzio breve, "no" alla fecondazione assistita e alla libertà di cura e di ricerca scientifica, che ridiscute la legalizzazione dell'aborto mentre continua a vietare la pillola del giorno dopo e Ru 486, che pretende di mandare in galera (sarebbero gli effetti della legge Fini) chiunque sia in possesso di sei o sette spinelli? Davvero qualcuno pensa che questa stretta sulle libertà, questa rimozione di qualunque respiro ed evocazione liberale, abbinata alla perdita del controllo politico di tanta parte del territono nazionale (il 70% delle Province è oggi governato dal centro -sinistra), rappresenti un buon viatico per i prossimi appuntamenti elettorali? Detto questo, e dato atto a Bondi e Gasparri della correttezza metodologica del loro approccio, vorrei però sfatare una leggenda metropolitana che continua (non certo per loro responsabilità ) a circolare con qualche successo: quella per cui vi sarebbe un riflesso "identitario" , "isolazionista" dei radicali, che li porterebbe a scegliere uno "splendido isolamento". Premesso che la storia del movimento radicale italiano è storia di chi, a cominciare da Pannella, ha sempre considerato difficile definire "splendido" qualsiasi isolamento, e si è invece sforzato di promuovere segmenti precisi di collaborazione (l'ormai proverbiale "millimetro al giorno nella direzione giusta" da percorrere insieme), in particolare per ciò che riguarda la Casa delle libertà il nostro è stato e continua ad essere un continuo, inesausto lavoro di ricerca di intesa, di un'alleanza che ci è stata— finora —rifiutata. Non ricorderò il 1994, quando fu proprio Silvio Berlusconi, in campagna elettorale, a prospettare per Marco Pannella la guida della nostra politica estera: ciascuno ricorda come andò . E non ricorderò neppure il 1996, quando in extremis si realizzò un accordo preciso su un solo tema: la necessità che gli eletti del Polo e dei radicali nel nuovo Parlamento si impegnassero a calendarizzare il dibattito sulla riforma elettorale maggioritaria: anche qui ciascuno ricorda come andò, tra accordi disattesi e la pagina scura della Bicamerale, che fu invece prescelta dal Polo. Ma, anche restando a questi ultimi anni, abbiamo dedicato l'intero 1999 a chiedere ai vertici del Polo di associarsi al loro elettori ed amministratori locali, che avevano largamente sostenuto la nostra campagna referendaria liberale e liberista. Finì come finì, con Silvio Berlusconi in persona che attaccò (sic!) i "referendum comunisti" (cioè, per capirci, i nostri quesiti per la separazione delle camere, la responsabilità civile dei magistrati, contro lo strapotere dei sindacati, e contro proporzionale e finanziamento pubblico ai partiti: tutte questioni che, se affrontate nel 2000 per via referendaria, avrebbero reso la strada più facile, in questi mesi, al Governo della Cdl...). Poi abbiamo dedicato il 2000 a cercare un'intesa verso le regionali e le politiche, ma ci fu chiaramente preferito l'accordo con Bossi. Ciononostante, anche in questa legislatura, non abbiamo smesso un solo minuto di proporre segmenti di intesa in politica estera, da "Israele e Turchia nell'Unione Europea" al nostro lavoro sulla riforma dell'Onu per una "Comunità delle democrazie" , passando per la campagna "Irak libero" di Pannella fatta propria da 501 parlamentari e ahimè ignorata dal Governo.

E nel frattempo, tra il 1999 e il 2000, anche il Polo non ha trovato nulla da eccepire all'estromissione da Bruxelles (decisa allora dall'Ulivo e oggi confermata dall'attuale Governo) di Emma Bonino, che pure proprio Berlusconi aveva avuto il grande merito di inviare a fine '94 alla Commissione Europea. Ora, per passare a un dialogo credibile e proficuo, è necessario, indispensabile un "passaggio di fase",. Il Polo dimostri con uno-due-tre fatti precisi, chiari, consistenti, con gesti inequivocabili che il Paese possa conoscere e giudicare, che sono saltati, sono rimossi i veti che finora hanno inflessibilmente funzionato nei confronti di Marco Pannella, Emma Bonmo e dei radicali. Occorre –ripeto- rompere la "conventio ad excludendum" pesantemente in atto contro Pannella, Bonino e il movimento referendario dei diritti umani e civili: per i vertici della Casa delle libertà, sarebbe questo il modo migliore di corrispondere al grande e buon lavoro di Bondi e Gasparri, aprendo la possibilità concreta di discutere di un "contratto politico", come accadde con il Governo Amato nel 1993. Proviamoci non potranno che venirne fatti nuovi e positivi, nell'interesse del Paese.



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