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Diamo la parola agli italiani
Fecondazione, che fare con la legge?

• da La Stampa del 16 settembre 2004, pag. 27

di Daniele Capezzone, segretario di Radicali Italiani

Sto seguendo con interesse il dibattito, rilanciato da questo giornale, sulla legge sulla fecondazione: e, anzi, ringrazio La Stampa per l'attenzione con cui ha accompagnato la nostra campagna referendariaa, consentendo ai lettori di potersene fare un opinione. E vorrei cogliere l'occasione, dopo gli interventi di don Zega e dell'on. Prestigiacomo, per fare tre precisazioni.

Primo. Non capisco perché si continui a dire che il referendum "spaccherebbe" il paese, e che quindi andrebbe "scongiurato" (espressione solitamente utilizzata per le catastrofi!). Il referendum non è un'ordalia, un "giudizio di Dio", ma un normale strumento che appartiene alla nostra fisiologia democratica. Secondo Costituzione, il Parlamento vota una legge; sempre secondo Costituzione, 5OOmila elettori ne chiedono l'abrogazione; e ancora secondo Costituzione, tutti gli elettori sono infine chiamati a decidere. Dov'è il problema, quindi? Perché tanta paura della decisione del "sovrano", cioè del popolo? Non vorrei che, anche stavolta, fossero proprio gli apparati dei partiti a temere il voto, sapendo bene che gli elettori (che non sono minorenni, nè bisognosi della "patria potestà" delle segreterie dei partiti) sono perfettamente in grado di decidere per proprio conto.

Una seconda leggenda metropolitana è che si arriverebbe allo "scontro tra laici e cattolici". Mi permetto di dire che, proprio come accadde su divorzio e aborto, questo scontro non ci sarà affatto. Semmai, lo spartiacque sarà quello che dividerà da una parte i liberali (cattolici e laici), e dall'altra i pochi fondamentalisti che pretenderebbero di imporre a tutti la loro impostazione ideologico- confessionale. E infatti, la storia referendaria di questo Paese ha sempre visto la parte schiacciante dei cattolici schierati dalla parte delle libertà: proprio perché i cattolici hanno sempre saputo distinguere tra la propria personale opinione e la necessaria laicità delle leggi dello Stato, che devono consentire a chiunque di poter fare la propria scelta.

Quanto infine alla tesi della Ministra Prestigiacomo, secondo cui bisogna approvare subito una legge che impedisca il referendum, vorrei dire che anche questa storia non è nuova, Nel '73-74, per impedire che gli elettori si pronunciassero sul divorzio, ci fu un "festival" di leggine con le proposte più stravaganti: chi voleva introdurre il "divorzio polacco" , chi voleva limitarlo ai matrimoni civili (cioè, allora, al 2-3% delle unioni!). Ora la vicenda si ripete: l'onorevole Prestigiacomo, che stimo, sa bene che in Parlamento non ci sono i numeri per intervenire sui punti nodali della legge (in primo luogo, il divieto di ricerca sulle cellule staminali embrionali) . Ergo, l'unica cosa possibile sarebbe per un verso fare modifiche marginali, cosmetiche, della legge; e per altro verso, scippare la scheda referendaria dalle mani degli elettori.

Ci opporremo con forza a che questo scenario prenda corpo. Firmare subito i referendum, peraltro, non vuol dire vincolarsi a votare "sì" o "no" la prossima primavera; vuol dire -invece- garantirsi che si apra un grande e appassionante dibattito che unisca il Paese, che lo coinvolga per sette otto mesi, fino a un voto democratico e popolare. Lavoreremo perché così possa essere, ricordando che questo è il modo in cui l'Italia ha fatto le sue maggiori conquiste civili: conquiste (non dimentichiamolo) che non hanno lasciato sconfitti sul campo, perché anche coloro che sono stati battuti nel voto hanno guadagnato - pure loro - una libertà e un'opportunità in più.



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