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Ma alla fine il papocchio non riuscirà
In difesa del referendum e contro Amato.

• da Il Riformista del 18 settembre 2004, pag. 2

di Daniele Capezzone

Qualcuno ha scritto che in Italia essere buoni profeti è facile: basta prevedere il peggio. E infatti, poche settimane fa, proprio su questo giornale, commentando la leggina ammazza-referendum presentata dai due senatori forzisti Tomassini e Bianconi, dissi che si trattava solo di un antipasto, di un piccolo anticipo del festival antireferendario che si sarebbe aperto di lì a poco.

E come volevasi dimostrare, giunge puntuale l’iniziativa di Giuliano Amato, chiaramente volta a coagulare tutto il coagulabile: i nemici espliciti del referendum all’interno dell’Ulivo (a cominciare da Francesco Rutelli), i nemici espliciti polisti (praticamente tutti), e soprattutto gli avversari non dichiarati della consultazione popolare (a cominciare da quei Fassino e D’Alema che per un verso hanno firmato, ma per altro verso pagherebbero oro - e del resto, lo ammettono a chiare lettere - pur di non dare voce ai cittadini). Il tutto con l’avallo (o forse il mandato?) delle gerarchie vaticane, il cui sostegno nella corsa al Quirinale, del resto, non dispiace a nessuno.

E però…ci sono due però, che anche il Dottor Sottile potrebbe forse tenere presenti. Il primo è quel "dettaglio" che si chiama volontà popolare, e che (almeno stavolta) si potrebbe provare a non umiliare, a non calpestare con tanta prepotenza. Ormai unanimi, le rilevazioni demoscopiche attestano (antica fissazione radicale, e - consentitemelo - pannelliana) che su questi temi il Paese è straunito, altro che spaccato. Che si tratti di elettori di centrodestra o di centrosinistra, di credenti o di laici, di meridionali o di settentrionali, quando proprio va male, le proposte di libertà ottengono solo la maggioranza assoluta dei consensi; quando va meglio, si viaggia verso percentuali ondeggianti tra il 65% e l’80%. Il secondo è un profilo tecnico, ma in questo caso decisivo: affinché una "leggina" possa far saltare il referendum, occorre che ne accolga la domanda. Invece, pensare di apportare ritocchi qua e là, di fare un lifting alla legge, che ne lasci però inalterati i punti nodali (a cominciare dal divieto di ricerca sulle cellule staminali embrionali), e di potere - con ciò solo - impedire il voto, è una pia illusione.

La verità è che la mossa di Amato preannuncia un possente crescendo, una mobilitazione del potere ufficiale italiano contro la possibilità che i cittadini si esprimano. Anzi, proprio le vaste maggioranze popolari indicate dai sondaggi hanno innescato una paura autentica nel Palazzo. Si è cominciato con il pressoché generale bavaglio informativo (con rare eccezioni) sulla campagna di raccolta di firme; si proseguirà con questo festival di leggine-truffa; e si tenterà infine il colpo finale con la Corte Costituzionale.

I referendari (non solo i radicali, che conoscono bene il meccanismo) devono sapere che si preparano mesi durissimi, con un’offensiva - insieme - mediatica, parlamentare e giuridica. Nulla sarà risparmiato, come troppe altre volte è già successo, per impedire al Paese di riconoscersi, e - in ultima analisi - di scegliere se stesso, di proseguire una storia di conquiste civili strappate o difese con il referendum, dal divorzio all’aborto, passando per tutto il resto.

È per questo che va denunciato il trucco. Possono impapocchiare le cose come vogliono, grossolanamente (alla Tomassini-Bianconi) o sottilmente (alla Amato), ma non riusciranno a infilarci di prepotenza né un burqa né una bandana. Sempre che qualche "terzista" non provi ad inventarsi un qualche terzo copricapo.



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