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“Sarà dura come per il divorzio i nemici della libertà sono tanti”

• da La Repubblica del 20 settembre 2004, pag. 1

di Barbara Jerkov

Roma – “Ho sentito che sabato, a Roma, grazie alla Notte bianca, hanno raccolto firme fino alle sette del mattino, e in altre città ci sono tavoli che hanno superato le mille firme”. Emma Bonino segue dal Cairo le ultime fasi della campagna referendaria.

Sarà soddisfatta, allora. Tanto più che di tavoli stavolta in giro se ne sono visti pochi. Come mai?
“Perché gli altri partiti che sostengono il referendum si sono svegliati solo all’ultimo, ammesso che si siano svegliati”.

Sciatteria o problema politico?
“Escluderei la sciatteria, perché qualche esperienza di referendum l’ha pure la sinistra, quando li ha voluti fare”.

Resta il problema politico, allora
“Un doppio problema. Da una parte c’è la resistenza atavica della sinistra allo strumento referendario e quindi alle procedure di democrazia diretta. Dall’altra, obiettivamente questo è un tema che non spacca il paese, come pure sento dire, certo però rischia di spaccare qualche coalizione. E non solo a sinistra”.

Anche la maggioranza è divisa, infatti. Abbiamo un Presidente del Consiglio che si dichiara laico e liberale…
“Avevamo. Perché mi sembra che Berlusconi si stia trasformando da leader della Casa delle libertà a leader delle libertà vigilate”.

Berlusconi a parte, su questa vicenda i laici della Cdl non si sono fatti granché sentire.
“Ne approfitto per rivolgere sia a loro che a Berlusconi un appello perché ricordino cosa sono le battaglie di libertà, o almeno non le ostacolino”.

La preoccupa tutto questo improvviso parlare di soluzione parlamentare per scongiurare il referendum?
“E’ come se qualcuno temesse che gli italiani possono esprimersi sul serio, ma questa è una vecchia storia. Ricordo bene i tentativi della legge Bozzi e della legge Carrettoni per far saltare il referendum sul divorzio. La solita storia, appunto, che si accompagna a tutti i soliti clichet: è una materia troppo complicata perché un cittadino capisca. Oppure: non bisogna spaccare il paese. Oppure: nelle cose drammatiche di vita e di morte meglio sempre la mediazione…”

Tutte obiezioni di buon senso, ammetterà
“Esprimono solo una resistenza politica e culturale rispetto agli strumenti di democrazia diretta. E non si pensi che portando a casa le firme necessarie la battaglia sia vinta. E’ solo cominciata”.

Certo, poi bisogna convincere la gente a votare.
“Prima ancora ci aspetta una lunga, lunga battaglia. L’esame della Cassazione sulle firme. Poi c’è il verdetto della Corte Costituzionale, che in questi anni ha dimostrato di essere l’organismo più rapido a togliere le castagne dal fuoco all’establishment politico. E nel frattempo bisognerà pure attrezzarsi con grinta e determinazione rispetto a tutte le imboscate parlamentari di questo mondo”.

Ne teme?
“Ci sta già lavorando un bel po’ di gente, a cominciare dal ministro Prestigiacomo, e a sinistra pure Amato è avviato sulla stessa strada”.

Ma non sarebbe sul serio meglio se fosse il Parlamento a rimediare su una materia così delicata, trovando una mediazione?
“Un Parlamento che ha votato una legge che addirittura nega non solo la ricerca scientifica, ma perfino l’analisi preimpianto, improvvisamente sarebbe un Parlamento in grado di correggersi? Margini per tutta questa mediazione non ne vedo”.

Insomma, nemici questo referendum ne ha tanti, dal ceto politico alla Corte Costituzionale’
“Come per ogni altro che lo ha preceduto”.

E la risposta popolare? Gli italiani firmano? E, soprattutto, sanno per che cosa firmano?
“Perfettamente! Domenica scorsa ero a Palermo, raccoglievamo firme a Mondello, sentivo la gente parlare. Sa cos’hanno capito gli italiani? Che se c’è un problema di infertilità, o se c’è una coppia in cui entrambi sono portatori sani di malattie genetiche, o se una famiglia ha il padre con l’Alzheimer, ecco, in tutti questi casi hanno capito che esiste al mondo una tecnica che può dare loro una mano, solo che in Italia non si può fare, ma devono andare a Malta o in Corea del Sud”.

La principale obiezione che viene mossa a questo referendum, è che non si può lasciar la bioetica senza regole. Sul serio lei preferirebbe un Far West scientifico alla legge attuale?
“A parte il fatto che io Far West non ne ho visti, mentre ho visto nascere migliaia di bambini, comunque se non vogliamo inventare l’acqua calda, esiste già un’ottima regolamentazione qual è quella inglese. Almeno che, come infatti fa la nostra legge, il vero obiettivo non sia regolamentare bensì proibire”.

Altra obiezione: ̬ una materia che tutto sommato interessa pochi italiani. Perch̩ Рsi chiede qualcuno Рdovrei firmare il referendum se non mi interessa avere figli o non ho malattie genetiche?
“Questa è una legge che ci interessa tutti per una questione di principio che è la libertà di scelta, il rapporto fra scienza e individuo. Oltre che, più praticamente, perché se la ricerca sulle cellule staminali embrionali va a buon frutto, riguarda almeno dieci milioni di italiani. Alla fine, scusi sa, ma dal divorzio, quanti italiani erano toccati direttamente? Anche lì, già sentita la storia che era una questione di nicchia: si ricorda? Dicevano: il divorzio è un vezzo borghese, non riguarda la classe operaia che ha ben altre priorità”.

Per ogni referendum c’è un nuovo muro di luoghi comuni da abbattere?
“Adesso c’è n’è un altro di moda. Quello che dice: in realtà siamo una società che ha paura del dolore, che non vuole più soffrire. E allora? Se anche fosse, che c’è di male? La scienza non è nata proprio per questo? Qui si sta sacralizzando di tutto, dall’embrione al cadavere. Di tutto, meno che le persone, meno che Luca Coscioni”.



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