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Darfur, una tragedia di serie b

• da Vanity Fair del 8 ottobre 2004, pag. 32

di Emma Bonino

Le due risoluzioni che il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato nel giro di un mese e mezzo, la presa di posizione degli Stati Uniti e la mobilitazione dell’Unione Africana, scarsamente incoraggiata dalla comunità internazionale nonostante il suo potenziale costruttivo in termini di sicurezza e di apporto nell’acquisizione di prove a carico del governo del Sudan, non sono state sufficienti ad invertire il corso degli eventi nel Darfur. Seppure vi è stato un miglioramento della situazione in termini di accesso dei soccorsi umanitari, rimane tutto intero il problema della sicurezza della popolazione civile nonché degli stessi operatori umanitari presenti oggi nella regione. Dal punto di vista dell’impegno nel disarmo delle milizie Janjaweed, di quello ad investigare sulle atrocità commesse e a punirne i responsabili, il regime di Khatroum, invece, non solo ha disatteso nella maniera più assoluta l’obbligo di farvi fronte, ma ha potuto proseguire indisturbato nell’opera di sterminio sistematico di una parte dei propri cittadini. Il tutto si è svolto sotto gli occhi della comunità internazionale, perfettamente a conoscenza di ciò che stava accadendo da quando la notizia del genocidio ha potuto raggiungere, anche se in minima parte, l’opinione pubblica internazionale. Ad oggi ci sono ancora rapporti che testimoniano di incursioni aeree da parte delle forze governative sui villaggi e di uccisioni e stupri di massa operati dai Janjaweed. La risoluzione che l’Onu ha di recente approvato non è in grado di determinare cambiamenti significativi della situazione in corso e il la crisi umanitaria, da molti definita una delle più gravi degli ultimi decenni, continua a pesare unicamente su un paese fragile come il Chiad, dove si sono riversati 200.000 rifugiati. E’ impressionante come tutto ciò continui a non essere degno di attenzione da parte dei mezzi d’informazione a livello internazionale, come se le migliaia di morti che già conta questo conflitto non fossero mai avvenute e come se ci si fosse già arresi all’evidente incapacità della comunità internazionale di far fronte all’urgenza che gli avvenimenti impongono. Finché il Sudan resterà un conflitto di serie B è velleitario sperare nel superamento da parte delle Nazioni Unite degli interessi delle nazioni che, sino ad oggi, hanno neutralizzato qualsiasi possibilità di dare una risposta adeguata al perpetrarsi di quello che da più parti, a ragione, è un crimine contro l’umanità.



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