Desidero davvero ringraziare “Il Giorno”, che, in compagnia come al solito non troppo vasta, si sottrae alla regola ferrea che vige su questa materia: tacere, smorzare, sopire, tanto prima o poi la nottata passerà , gli italiani scandalizzati dimenticheranno, e chi s’è visto s’è visto.
A maggior ragione, quindi, occorre non scoraggiarsi, e non smettere di raccontare per intero la storia della grande truffa del finanziamento pubblico dei partiti, inventato nel '74 dopo lo scandalo dei petroli perché (si disse) “così i partiti non avrebbero più rubato”. E invece, in questo modo, hanno preso due volte: da una parte con i finanziamenti illeciti, e dall'altra parte pure dalle casse dello Stato. Poi è venuto il primo referendum radicale del '78 (tutti i partiti contrari, e ciononostante, un 44% di elettori che andò a votare per abolire i quattrini pubblici ai partiti); poi le truffe alla Camera sotto la presidenza Jotti (con i finanziamenti raddoppiati e i partiti autorizzati a presentare bilanci di fatto falsi, senza l'indicazione delle proprietà immobiliari!); e quindi il trionfo referendario del '93, con il 90% degli elettori schierati contro lo scippo del proprio denaro da parte delle burocrazie partitiche.
Tuttavia, le Camere -neanche due anni dopo, e senza pudore- si inventarono il "quattro per mille" (meccanismo truffaldino avallato dal Presidente Scalfaro e dalla Consulta di allora, a cui Pannella e i radicali risposero restituendo in piazza la loro quota di denaro); ma i partiti, ancora non paghi (letteralmente!), escogitarono l'ultima legge sui "borseggi elettorali" (da qualcuno ancora chiamati "rimborsi”) scaturita da riunioni di (quasi) tutti i tesorieri, spesso convocate e presiedute dal tesoriere della Lega (Roma è ladrona, si sa, ma a volte il "coordinamento logistico" è anche padano...).
Questa settimana (come al solito, nel silenzio, semiclandestinamente) ci stavano riprovando ancora, aggiungendo al grande furto già compiuto un altro “furtarello” (un aumento dei rimborsi anche per le cosiddette “elezioni suppletive”), ma sono stati smascherati e bloccati. E però, c’è da starne certi, ci riproveranno.
Che dire, e che fare, allora? Riproviamoci anche noi, con un altro referendum. E non dimentichiamo i mille altri rivoli di denaro pubblico (cioè nostro) che finiscono nelle mani di organizzazioni che a questo devono la loro vita, o che -anche quando non attingono alle casse dello Stato- si muovono comunque in modo poco lineare. Si pensi alla truffa dei soldi che il sindacato incassa con le trattenute automatiche in busta paga (a volte, su cittadini che neppure sanno che gli stanno sfilando i quattrini di tasca); o quella dell'otto per mille della Chiesa cattolica, che investe in opere di carità appena un quinto di quel che incamera, e che -comunque- incassa (grazie a un meccanismo truffaldino voluto dallo Stato) più del doppio della cifra direttamente determinata dai contribuenti che hanno davvero scelto di finanziare la Conferenza episcopale italiana. O, su un piano diverso, si pensi al fatto che, in Italia, tutta la realtà politica, associativa, "sociale", è parastatalizzata, inglobata, e in ultima analisi "normalizzata" dallo Stato, tra finanziamenti diretti, affitti pubblici a prezzi simbolici, manodopera a costo zero dei ragazzi del servizio civile, e altri regali del genere...
C’è molto da fare, da disfare e da rifare. Proviamoci, insieme.
Daniele Capezzone
Segretario Radicali italiani