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Roma. “Chiudere le porte alla Turchia sarebbe un errore che non aiuterebbe il processo democratico in quel paese. L’economia turca sta andando a gonfie vele, non vi è alcun rischio di arrivo in massa di immigrati in Italia”. E’ quanto afferma l’europarlamentare Emma Bonino che il 28 ottobre presenterà a Roma il rapporto della Commissione Indipendente (ne fanno parte tra gli altri Rocard, Geremek, Ahtisaari e Giddens) sulla prospettiva d’integrazione della Turchia in Europa…
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In Europa molti si oppongono all’avvio del negoziato con la Turchia..
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“Vi sono diverse posizioni. In Francia vi è una forte opposizione, mentre in Germania il governo, ed i verdi in particolare, “tengono” mentre la Cdu, e soprattutto Angela Merkel, si schiera per una “relazione speciale”, ma non l’apertura dei negoziati per l’adesione della Turchia. Alcuni esponenti del governo francese sostengono che la Turchia non è un paese a vocazione europea, né geograficamente, né culturalmente”.
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Lei invece è di diverso avviso.
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“La commissione della quale faccio parte ha redatto un rapporto che descrive le radici cristiane e pagane che legano l’Europa al Medio Oriente. Non si può affermare che la Turchia non condivida questa speciale relazione. L’Europa non è né un progetto religioso né un progetto geografico, ma un progetto politico di popoli e paesi che vogliono vivere sulla base di valori condivisi, la democrazia, lo stato di diritto”.
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La Turchia ha recentemente approvato un nuovo codice penale che andrà però in vigore solo tra alcuni anni. Le pare che, nel complesso, Ankara abbia i requisiti per avvicinarsi all’Europa?
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“I capi di Stato e di governo devono solo stabilire la data di inizio dei negoziati e tutti sappiamo, lo sanno i turchi, che saranno duri e dureranno almeno dieci anni. Il 17 dicembre non si deve decidere che la Turchia entra il primo gennaio del 2005, non si stabilisce la data di ingresso. Su questo vi è ancora molta confusione. Anche sulla base del rapporto della commissione della quale faccio parte, i capi di Stato e di governo devono valutare se la Turchia rispetta i requisiti di Copenhagen. Codici e regolamenti devono uniformarsi alle leggi di mercato, in questo momento l’economia turca è più florida di quella di molti paesi europei. Fissare la data dell’apertura dei negoziati aiuterà anche la crescita economica perché uno dei problemi che i turchi devono affrontare è appunto lo scarso volume degli investimenti stranieri nel loro paese. Fissare una data dà una spinta in questa direzione, favorisce cioè lo sviluppo”.
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La Turchia è un paese musulmano moderato che confina con l’Iraq…
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“Se dicessimo no, se ascoltassimo coloro che dicono che occorre chiudere la porta è chiaro che la Turchia non deciderebbe di stare da sola. Non solo: in tal modo si contribuirebbe a rallentare un processo democratico, la classe politica, Erdogan in primo luogo, verrebbero danneggiati e si creerebbe una “zona di destabilizzazione”. Dire di no rappresenterebbe un invito alla Turchia a creare altre alleanze nella regione, almeno dal punto di vista economico”.
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Bossi propone un referendum per bloccare ogni possibilità di negoziato..
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“Non so se Bossi pensa ad un referendum da fare tra dieci anni, anche i francesi su questo sono confusi. Chi fa questa proposta vuole un referendum europeo? Oppure un solo paese, la Francia ad esempio, è in grado di condizionare tutti gli altri? Chi fa proposte istituzionali dovrebbe pensarci un po’ meglio”.
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L’obiettivo di Bossi è quello di fermare con ogni mezzo l’immigrazione…
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“Su 15 o 17 milioni di musulmani immigrati i turchi sono circa 5 milioni e risiedono quasi tutti in Germania, Austria e, in misura minore, in Belgio. Se l’economia turca continuerà ad andare forte non vedremo tanti immigrati. Le indagini più attendibili affermano che, nel 2015 o nel 2020, complessivamente vi saranno 2,7 milioni di immigrati, cioè lo 0,5 della popolazione europea”.
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Secondo alcuni sondaggi solo il 30% degli europei vede positivamente l’entrata della Turchia..
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“C’è un po’ di paura, “mamma li turchi”. Questa questione non è stata finora oggetto di dibattito neppure in occasione delle ultime elezioni europee. Nel rapporto abbiamo inserito alcune tabelle che dimostrano che attualmente la Turchia è quasi più ricca della Romania e della Bulgaria, e la crescita economica potrebbe non solo limitare le partenze verso l’Europa, ma invogliare i turchi di “seconda generazione” a tornare”.
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In Egitto, dove lei si trova, si terrà la conferenza internazionale sull’Iraq..
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“E’ bene che si svolga questa iniziativa. Molti problemi verranno a galla. Tutti vogliamo che si svolgano le elezioni e si avvii un difficile processo di stabilizzazione. Che significa tutto ciò per i paesi arabi? Questa è una grande domanda alla quale nessuno riesce a dare pubblicamente una risposta”.
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