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L'80 per cento degli ospedali è distrutto. La visita in Italia del ministro della Sanità e le speranze di pace per il Caucaso.

• da Il Diario del 22 ottobre 2004

di Goffredo de Pascale

Corpi privi di gravi ferite eppure sofferenti, che presentano un quadro clinico via via più compromesso. L'agonia è lenta e la morte è sicura, anche se i medici intervengono tempestivamente: le bombe ad aghi lanciate dai soldati russi in Cecenia non lasciano scampo. Umar Khanbiev, corporatura robusta, sulla cinquantina, alcune di quelle persone ha cercato di salvarle. E' un chirurgo, il ministro della Sanità del Paese caucasico, è uno degli otto esponenti del governo di Aslan Maskhadov che, democraticamente eletto nel 1997, da quando è scoppiato il secondo conflitto con Mosca continua a rivendicare l'autonomia della regione, a organizzarne la resistenza e a proporre un piano di pace con l'intervento dell'Onu. Una prospettiva non condivisa da Vladimir Putin che invece prosegue nell'occupazione sostenendo il governo filorusso di Alu Alkhanov, il successore di Akhmad Kadyrov assassinato il 9 maggio con una bomba allo stadio di Grozny. Khanbiev vive a Baku, in Italia è venuto in missione diplomatica organizzata in collaborazione con il Partito radicale trasnazionale, di cui è membro nel consiglio generale. «La situazione sanitaria in Cecenia», spiega il ministro, «è catastrofica. L'80 per cento delle strutture ospedaliere è stato distrutto. Riusciamo soltanto ad assicurare un'assistenza di pronto soccorso. Abbiamo bisogno di aiuti. I bambini che necessitano di cure sono 17 mila. Molte Ong hanno dovuto lasciare il Paese per non esporre il proprio personale: Croce rossa, Comitato danese contro la fame, i cechi di People & Need sono andati via. Medici senza frontiere lavora fuori confini. Lì adesso opera solo Medici nel mondo. Le forze sono esigue e i russi ci ostacolano. Emergency ha chiesto loro un'autorizzazione per aprire un ospedale a Grozny, ma da circa un anno non ha avuto risposta. Sto cercando un sostegno all'estero per poter far ricoverare almeno una parte dei nostri feriti. In Italia abbiamo rinnovato un accordo con la Provincia autonoma di Bolzano che ha già preso in cura un gruppo di bambini».

 

CONDANNA DEL TERRORISMO. Khanbiev, seduto a una scrivania della sede radicale di Roma, corruga la fronte e prosegue: «Putin è riuscito ad avere mano libera sulla Cecenia, in campo internazionale, proprio propagandando l'occupazione russa come una guerra alle bande del terrore. I ceceni, però, non sono terroristi. Ci sono dei terroristi come Shamil Basayev, responsabile dell'attacco al teatro Dubrovka di Mosca e dell'eccidio di Beslan. Il nostro governo lo ha da tempo espulso dal gruppo della resistenza cecena e ne ha condannato pubblicamente le azioni. Resta il fatto che se uomini del genere, nonostante siano stati isolati dalla nostra popolazione, riescono a mettere a segno attentati su attentati ai danni dei civili, vuol dire che godono di un forte sostegno logistico, forse proprio da parte di chi ha interesse a far credere all'opinione pubblica mondiale che i ceceni sono appunto tutti terroristi». Sull'uso di armi non convenzionali da parte russa, sulle torture, sui campi di detenzione, Khanbiev di recente ha presentato un dossier a Ginevra, alla Commissione Onu sui diritti umani. « È la mia seconda audizione, con prove e dati verificati, ma non ha sortito alcun effetto. L'Onu usa due pesi e due misure. Accoglie Stati come la Libia e il Sudan che violano apertamente le leggi dell'organismo a cui appartengono e preferisce non vedere cosa stanno facendo i russi. Una via per uscire da questo conflitto che ha radici antiche, è quella indicata dal piano preparato dal nostro ministro degli Esteri, Ilyas Akhmadov, che prevede il disarmo di tutte le forze cecene e il ritiro delle truppe russe, la creazione di un'amministrazione ad interim delle Nazioni Unite che nell'arco di 5/10 anni porti alla costituzione di un governo autonomo da eleggere democraticamente».



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