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Ciampi, uomo di parola

• da Il Foglio del 25 novembre 2004, pag. 3

di Editoriale di Ferrara

Interrompiamo per una giornata il silenzio stampa che ci siamo imposti da un anno a questa parte, pensando di far bene, sul caso Sofri. Il presidente della Repubblica è stato di parola e gliene va dato atto con allegria e fiducia. Un anno fa, sotto Natale, aveva richiesto pubblicamente i dossier della grazia a Sofri e Bompressi, per prendere una decisione nel quadro della sua attività e prerogativa istituzionale. Cosa che aveva comunicato in una lettera aperta a Marco Pannella, in digiuno per la restituzione al Quirinale del potere di grazia.

 

Li ha avuti, infine, e quei dossier non li ha messi in un cassetto. Ha deciso di procedere, mentre emanava decreti di grazia per altri condannati, ed è stato nuovamente bloccato dalla triste testardaggine di Roberto Castelli, il ministro competente, ministro di malagrazia. Una volta il problema è la domanda di clemenza, una volta è che non ci sono i requisiti, un'altra volta sarà ancora diverso: ed è così che le questioni di coscienza, evocate a sproposito da Castelli, diventano beghe politico-istituzionali, maschere ideologiche prive di senso.

 

Tuttavia Carlo Azeglio Ciampi non si è rassegnato. Ha ricevuto il ministro e, preso atto della sua decisione, ha comunicato al paese in modo formale che prenderà le sue decisioni. Seguirà un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, come si dice, in cui sarà compito della Corte costituzionale decidere se il potere di grazia sia effettivamente nelle mani del capo dello Stato, salvo il timbro formale del ministro, oppure no. Una quantità di giuristi pensa che quel potere non può essere vanificato da un veto governativo e la riforma della Costituzione già approvata dal Parlamento va precisamente in quella direzione. Ci vorrà del tempo, ma alla fine il presidente della Repubblica sarà messo in grado di agire.

 

Castelli si lamenta e dice che è una croce dover decidere del destino degli altri. Ci piacerebbe dargli retta, come abbiamo fatto per alcun tempo in passato, piuttosto ingenuamente, e pensare che il ministro si macera nel suo tormento di coscienza. Tuttavia le soluzioni possibili per qualunque coscienza libera il ministro le ha liquidate tutte, con un accanimento che sa di bassa politica e di virtuosismo pro domo sua. Il presidente è così obbligato a un itinerario tortuoso, che non riguarda più soltanto delle persone, e scusate quel "soltanto" dove c'è tutta l'amarezza del mondo, ma anche una questione istituzionale importante, che Pannella aveva rimesso con i piedi per terra.

 



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