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Pannella va in Cambogia per aiutare i Montagnard
Il leader radicale accusa Hanoi e Phnom Penh di violare i diritti umani. Appello all'Onu: devono essere trattati da rifugiati.

• da Corriere della Sera del 30 dicembre 2004, pag. 20

di Livia Michilli

 ROMA - E' arrivato in Cambogia  proprio mentre lo tsunami seminava  morte e distruzione nella vicina Thailandia. Marco Pannella  aveva programmato di passare le vacanze in Israele ma all'ultimo minuto ha cambiato idea: «Ho preferito venire qui, da solo e all' improvviso, per capire bene cosa  sta succedendo", spiega ai microfoni  di Radio radicale e non si riferisce alle devastazioni del maremoto, che laggiù non è arrivato.  Pannella parla di rispetto dei diritti  civili e politici, promozione della  democrazia e soprattutto tutela  dei profughi Montagnard in fuga  dal Vietnam per le persecuzioni  del governo di Hanoi. Vorrebbero  tornare nelle loro terre, gli altopiani, e per questo hanno chiesto  l'intervento dell'Alto commissariato  Onu per i rifugiati.

 

 IL VIAGGIO — A Phnom Pehn c'era stato l'ultima volta un anno e mezzo  fa, in occasione delle elezioni politiche che riconfermarono al governo l'ex comunista Hun Sen, leader del Partito del popolo cambogiano, il Ppc. L'esito del voto,  secondo Pannella, fu condizionato  da una campagna elettorale sleale  e non democratica. «I due si incontrarono  e parlarono a lungo racconta il segretario dei Radicali italiani, Daniele Capezzone —. Hun Sen aveva promosso una riforma  della legge elettorale che faceva  ben sperare ma che evidentemente  è rimasta sulla carta». Stavolta  l'incontro col primo ministro  non ci sarà, Pannella ha visto invece molti esponenti dell'opposizione, in primis Sam Rainsy, leader  dell'omonimo partito che alle passate elezioni dette filo da torcere  al Ppc. L'estate scorsa, Pannella  ed Emma Bonino hanno rivolto due interrogazioni alla Commissione  europea per denunciare "la deriva antidemocratica delle istituzioni cambogiane” e “la violazione  dei diritti umani fondamentali" . Soprattutto, viene sottolineato il mancato riconoscimento dello status di rifugiato ai profughi Montagnard.  

 

VIETNAM — Li chiamano «figli delle montagne» perché da secoli abitano  gli altopiani centrali. Per la maggior parte formata da cristiani  protestanti, questa minoranza viene perseguitata da decenni, da quando, durante la guerra del Vietnam, si schierò al fianco degli Stati Uniti nel tentativo di creare uno Stato autonomo: allora erano  circa due milioni, oggi sono poche  decine di migliaia. «E' gente  che viene espropriata delle sue terre, che fugge da violenze e torture  di ogni genere», racconta Marco Perduca, rappresentante all'Onu del Partito radicale transnazionale. L'ultima, violenta repressione  risale alla scorsa primavera, durante le festività pasquali: il governo comunista di Hanoi  usò il pugno di ferro per disperdere  una manifestazione pacifica contro l'assenza di libertà religiosa  e poi impedì l'accesso alla zona degli altopiani, divieto rimosso solo  dopo le pressioni della comunità internazionale. L'allora ministro degli Esteri Franco Frattini convocò l'ambasciatore vietnamita, i Radicali promossero in Parlamento  la presentazione di una mozione per sollecitare l'intervento  del governo. Della vicenda dei Montagnard si è occupato anche Gianfranco Fini: durante il summit dell'Asem tenutosi lo scorso ottobre proprio in Vietnam, chiese  ad Hanoi di consentire alle autorità internazionali di verificare  l'assenza di violazioni dei diritti umani.  

 

L'ONU — Gli scontri di aprile provocarono  morti, feriti e un'ondata di profughi in fuga verso la Cambogia. Nei giorni scorsi Pannella ha  visitato quelli che si trovano a Phnom Penh, ma la maggior parte è ammassata nei campi lungo il confine. «Il governo cambogiano li  tratta da immigrati illegali, li spedisce negli Stati Uniti o li riconsegna  alle autorità di Hanoi — spiega  Perduca —. I Montagnard vorrebbero  invece tornare nelle loro terre ma senza subire più persecuzioni  politiche, sociali e religiose». Chiedono di rientrare in Vietnam con la garanzia di una presenza internazionale  che li protegga, per questo si sono rivolti all'Alto Commissariato  Onu per i rifugiati, esortando i Radicali a farsi ambasciatori  della loro istanza. Pochi giorni fa Pannella, insieme a Emma  Bonino, ha inviato una lettera al commissario Ruud Lubbers e ora spera di poter affrontare la questione con i funzionari Onu a Phnom Penh.



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