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Aiuti a rischio tra corruzione e guerriglia
I timori di Emma Bonino: nel Sud Est asiatico vanno ricostruite anche le istituzioni

• da Il Messaggero del 8 gennaio 2005, pag. 8

di Fabrizio Rizzi

ROMA - Una corruzione costante e poi taglieggiamentì in Paesi del Sud-Est asiatico attraversati dai lampi dclla guerriglia e dal fondamentalismo islamico. Dove si va a cacciare

la generosità dell'Occidente?

Può la macchina degli aiuti percorrere, senza incidenti, lontane zone in cui i diritti civili sono sistematicamente calpestati? Emma Bonino non nasconde timori, inquietudini, per il suo nuovo incarico.

E' una sfida, non lo nasconde.

Dall'alto della sua esperienza come Commissario della Ue, l'esponente radicale, che adesso fa parte del Comitato dei garanti voluto dal governo, offre un quadro, alla platea dei dirigenti del partito radicale, pieno di ombre. Probabilmente, se ha accettato l'incarico («l'ho fatto con molto piacere» e ringrazia il capo del dipartimento Protezione civile, Bertolaso), pensa di farcela, è fuor di dubbio.

Ma gli interrogativi che pone sono legati alle condizioni politiche, più che a quelle socio-economiche, di Paesi in deficit di democrazia. La ricostruzione, dice, non deve riguardare solo le strade, ma dev'essere anche una ricostruzione «delle istituzioni» democratiche.

«Per capire dove si mettono i piedi - esclama - dico subito che quella è zona di guerriglia, non è l'immagine delle spiagge bianche di Phuket». La direttrice dell' «International Crisi Group» nell'ottobre scorso, ricorda, è stata espulsa dall'Indonesia, da un regime che non la gradiva.

La regione del Sud-Est asiatico è complessa e questa complessità non va sottovalutata in un momento in cui tutti sembrano «preoccupati di ripianare il debito» a questi Paesi. Quanto al suo incarico, spiega: «Non si tratta di supervisionare un pacchetto di aiuti italiani, ma garantire trasparenza della generosità italiana, per 30 milioni di euro». Che cosa si può fare con questa somma? Forse, «se tanto ti dà tanto, qualche ospedale da campo...». In ogni caso quei 30 milioni sono solo una minima parte di quanto darà l'Italia: la cifra non riguarda il contributo pubblico, ma solo le donazioni degli italiani. Chiosa: «Sarà il govemo a indicare le zone in cui intervenire, per evitare duplicazioni. Noi garantiremo la correttezza delle procedure». Aggiunge che vorrebbe essere più precisa quando il comitato si riunirà, lunedi, ma per ora nulla si sa del contributo italiano che finirà nel lbndo europeo. Lei è impegnata «a fare il massimo perché gli aiuti arrivino a destinazione».

Chiede che l'Europa abbia un ruolo di indirizzo per gli aiuti e «per il buon esito» della ricostruzione. «Non credo che 25 Paesi debbano andare in ordine sparso. Serve una presenza e deterni inazione politica. Non penso che l'Europa debba limitarsi a comportarsi da banca, ma debba assumersi responsabilità». Lancia critiche per l'affidamento della ricostruzione alle Nazioni Unite, che non possono avere una delega in bianco», soprattutto adesso che mostrano «una debolezza strutturale». Lo scacchiere sul quale piovono i soccorsi è variegato. «Alcuni paesi sono zone di guerra, come l'Indonesia, il movimento Gam, 5 mila, fronteggia l'esercito, forte di 4Omila militari, da più di 20 anni. La zona di Banda Aceh, dal 19 maggio 2003 è esclusa agli occidentali, il governo ha imposto lo stato di emergenza. Ci sono rapporti di abusi dell'esercito». Dalla Thailandia fino alle Filippine i problemi endemici, come il taglieggiamento, possono essere aggravati «da interventi poco riflettuti». La geografia dell'inquietudine comprende lo Sri-Lanka percorso dalle imprese delle

"Tigri" dei Tamil, dagli estremisti e dai gruppi islamìsti. Bonino avverte: «I problemi di fondo, affrontati dalle varie conferenze, non tarderanno a tornare in superficie». C'è una speranza: «Immagino che, a porte chiuse, questi problemi siano stati affrontati» dai potenti.



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