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La carezza di Vasco ai nonni di Grado «E ai referendum 4 sì»
Non parlo di politica ma dico un forte no all’astensionismo
La vita è un caso: vado avanti cercando di darle un senso

• da Il Messaggero Veneto del 2 giugno 2005, pag. 15

di Alessandro Montello

"La civiltà di un popolo si vede da come tratta i suoi anziani". Con queste parole Vasco Rossi ha siglato l’inaspettata visita alla casa di riposo Casa Serena di Grado: ieri pomeriggio, con grande intelligenza e sensibilità, ha deciso di fare una sorpresa per scusarsi con gli ospiti dell’istituto del disturbo arrecato durante le prove per la data di domani del tour Buoni o Cattivi 2005. Prove che si stanno tenendo all’interno del recinto dello stadio comunale della Schiusa, praticamente a ridosso della casa di riposo.

Con altrettanta timida sensibilità il Komandante è entrato nel giardino della casa che ospita 115 persone, prima tenendosi un po’ in disparte, chiedendo immediatamente "scusa a tutti per il troppo rumore che facciamo" con incontenuto accento emiliano. Probabilmente un po’ di disturbo le migliaia di watt che il megapalco produce durante le prove lo provocano, ma, come ha voluto ribadito con convinzione la signora Maddalena, classe 1909, mentre stringeva la mano a Vasco senza nessuna intenzione di mollarla, "finalmente qualcuno è venuto a farci ballare. Era ora che ci facessero un po’ di festa".

Sicuramente gradita la visita, quindi, al punto che si sono viste figlie degli ospiti, signore di una certa età non ragazzine, in completo visibilio per la presenza sotto i pini marittimi di Casa Serena dell’illustre ospite. Accanto a loro il personale dell’istituto che, con figli e parenti più o meno stretti al seguito, ha assediato per una buona ora il cantante che pensava di fare solo una educata visita di cortesia a degli anziani e invece si è ritrovato sommerso da decine di postulanti che chiedevano autografi, si facevano firmare camici, pelle e magliette. Addirittura un’infermiera in congedo per maternità si è fatta firmare il passeggino del neonato. Con signorilità, cortesia e sopportazione, Vasco ha firmato tutto: anche un intero block notes che la figlia di un’infermiera gli ha proposto snocciolando i nomi di tutti i gli iscritti alla locale scuola media.

Insomma, Casa di riposo in subbuglio (controllato dagli occhi vigili e per niente intimoriti della direttrice Fedora Foschiani, che alla fine si è concessa un autografo sul libro degli ospiti della casa per tutti i dipendenti) e Roberto Marin e Gianfranco Benolich, rispettivamente sindaco e vice di Grado con gli occhi lucidi di soddisfazione. Chiaro che avere il più grande rocker della storia musicale italiana in casa non è proprio uno scherzo, ma ieri c’è stata la dimostrazione, se ce n’era il bisogno, che certe strategie d’immagine pagano. Anche se a costo di qualche piccolo sacrificio. In questo caso, più che per la popolazione, per Vasco che, ad un certo punto, ha dovuto (con la usuale signorilità) anche partecipare al siparietto della signora Veneranda (di età indefinita, fra gli ottanta e i novanta, nata a Pola, in Istria, come ha sottolineato la figlia) che, istigata dalla parentela, si è esibita in un ritornello tradizionale.

Insomma anche se lo stadio, che a quanto sembra verrà a breve trasferito, e non gioisce più per le glorie della Gradese, un tempo arrivata fino ai fasti della serie D, riesce comunque a dare a Grado e ai suoi cittadini soddisfazioni a pieno.

Durante il simbolico rinfresco che la signora Foschiani e le sue collaboratrici hanno voluto offrire come ulteriore gesto di benvenuto al cantante, Vasco ha risposto volentieri a qualche domanda. "Come dicevo, la civiltà di un popolo di misura dal modo in cui tratta gli anziani. Che cos’altro c’è da aggiungere? Dopo tutto, gli italiani sono brava gente e qui a Grado si vede come si vede in tutta Italia, che è un gran bel paese".

– Lo è in tutti i settori, anche in politica?

"Ah, no! In politica no. Diciamo che nella politica... No non dico nulla, stiamo zitti sulla politica per favore".

– Ci pare che però, se la politica non è un argomento da trattare. lei abbia qualcosa da dire per le prossime scadenze referendarie...

"Quello sì: la cosa che voglio dire, e lo dico forte, è no all’astensionismo. Il dodici giugno si va a votare e si votano quattro si per la vita, ecco quello che voglio dire. Io vado a votare a questo referendum".

– E se l’astensionismo vince?

"Eh no! Troppo facile partire da un venti per cento consolidato di astensionismo: troppo vantaggio. Bisognerebbe rimettere mano alle regole. I referendum forse vanno regolamentati in un modo diverso. Insomma, chi ha deciso per il no o per l’astensione parte già con un vantaggio che non è corretto. Per questo dico che occorre andare a votare".

– La sue capacità comunicative sono ormai sancite da una laurea. Ma sono solo i giovani quelli a cui si deve comunicare?

"Ah no! Pure con gli anziani, siamo qui per questo, no? Anche se oggi siamo qui più che altro per chiedere scusa per i disagi che diamo a queste persone per il rumore che facciamo con la nostra musica. E poi vengo qui perché porto il testimone: ho chiesto il permesso prima e mi è stato accordato, così adesso posso dire che sono qui come erede dell’Orchestra Casadei. Forse gli ospiti di Casa Serena preferivano sentire arrivare dallo stadio di Grado le note di Romagna mia: è che i tempi son cambiati. Adesso si suona il rock".

Con un bicchiere di acqua minerale in una mano e le patatine nell’altra, Vasco s’interrompe per salutare qualche decina di giovani fans assiepati davanti ai cancelli di Casa Serena che iniziano a scandire il suo nome. Poi riprende dopo essere stato sollecitato sulla sua recente laurea ad honorem in Scienze della Comunicazione: "È un riconoscimento per quello che ho fatto in questi anni. Visto che qualcuno ha messo in discussione il fatto che in questo lungo periodo non avessi fatto niente. Si, insomma non è che avessi bisogno di una laurea, stavo bene anche senza, però l’ho accettata volentieri. E la dedico a tutti i ragazzi che hanno sempre creduto nel fatto di ascoltare canzoni con uno spessore, una profondità. Alcuni scrivevano che dicevo solo sciocchezze. Ecco credo che la laurea sia un riconoscimento ufficiale che fa capire che forse non era proprio vero".

– E lo fa ancora di più in un momento in cui tutti pontificano e lei continua a fare solo il suo mestiere?

"Quello senz’altro. Secondo me, ognuno deve fare il suo mestiere. E poi non dico la battuta dopo perché altrimenti potrebbe risultare offensiva e allora sto zitto. No, no, ognuno faccia il suo mestiere: quando lo fa bene, quello è nel giusto. E poi a fare tutto un po’ male non c’è soddisfazione. Io canto e scrivo canzoni e con quelle, e grazie a quelle, comunico. E poi, se non avessi la chitarra e le canzoni, come grande comunicatore non esisterei. Insomma non son capace nemmeno di telefonare, capisci?, faccio fatica, mi imbarazzo, mi inibisco. Beh, sì, dai, ho i miei difetti, anzi, diciamoci la verità: un sacco di difetti!".

– Vasco Rossi così timido davvero?

"Oh, si certo! Diciamo che non è il mio forte parlare. Però con le canzoni vado bene, non credi?".

– E nelle canzoni, soprattutto di Buoni o Cattivi riesci a parlare di tante cose, d’amore e di disperazione, di speranza e di nichilismo. Qual è la linea?

"Il rock è di per sé una forma di espressione estrema che parla di dolcezze estreme o di aggressività estreme. Sono forme di espressione che servono come scaricamento della nevrosi. È da una vita che continuo a chiedermi che senso abbia la vita. Non credo che sia un dono, credo al contrario che sia un caso. Per questo continuo ad andare avanti cercando di darle io un senso".

– Finale di intervista con autocitazione?

"Ah, si! Hai ragione – risponde ridendo – sono arrivato all’autocitazione. Però, insomma, credo che siamo proprio noi a dover dare un senso alla nostra vita".



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