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Uno Stato assoluto nel cuore dell’Occidente

12 maggio 2006

di Mario Staderini

 

Nel cuore dell’Europa c’è uno Stato assoluto, dove il Sovrano è proprietario di tutto, elargisce il diritto di cittadinanza, nomina e revoca giudici e amministratori, fa e disfa le leggi. I suoi diplomatici siedono all’Onu e nelle istituzioni dell’Unione europea, esercitando una forte influenza in tutti quei Paesi in cui hanno sedi ed interessi politico-finanziari.

Parliamo dello Stato Città del Vaticano.

Ha iniziato ad esistere il 7 giugno 1929, giorno dello scambio di ratifiche del Trattato del Laterano, sottoscritto l’11 febbraio da Benito Mussolini e dal Cardinal Gasparri per conto di Pio XI. Con quel Trattato, l’Italia riconobbe all’organo di governo della Chiesa cattolica, la Santa Sede, la sovranità territoriale su 0,49 kmq di territorio romano che costituiscono l’attuale Stato pontificio.

Nello stesso giorno Pio XI dettava l’ordinamento giuridico del nuovo Stato, emanando sei leggi organiche che fanno di esso uno “Stato assoluto”, dove tutti i poteri sono monopolio dell’organo supremo (art.1 legge fondamentale S.C.V.).

Il Sommo Pontefice, infatti, è il Capo dello Stato, nomina e revoca le più alte cariche amministrative, esercita la potestà legislativa direttamente o per delega e quella giudiziaria per il tramite di giudici da lui nominati, potendo in ogni caso avocare a sé qualsiasi causa civile o penale.

A dire il vero, sarebbe più corretto parlare di “Stato patrimoniale”, in quanto il potere sovrano spetta al Papa come diritto inerente la sua persona fisica, esplicandosi come dominio sul territorio, sciolto da qualsiasi controllo o responsabilità.

Dunque, tra i diversi modelli istituzionali possibili, la Santa Sede ha scelto -e continua a scegliere- quello che fu della Francia di Luigi XIV, il Re che ben poteva dire “l’Etat c’est moi”. Una monarchia elettiva confessionale, dove il collegio dei Cardinali, nominati dal precedente monarca, vota una volta ogni morte di Papa.

Nello S.C.V. il diritto di cittadinanza, rectius, sudditanza, non segue i tradizionali criteri della nascita sul territorio (lo jus soli) o da genitori già sudditi (lo jus sanguinis), ma dipende esclusivamente dalla volontà del sovrano. Non è ammessa, ed a pensarci bene ha del clamoroso, nemmeno l’eccezione dello jus coniugii: anche per coniuge, figli, ascendenti e discendenti di un cittadino vaticano, è necessaria l’autorizzazione del Pontefice per acquisire la cittadinanza.

Moltissime le convenzioni internazionali non ratificate dal Vaticano: dalle norme antiriciclaggio alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Essere vittime di processi vaticani significa non avere le garanzie del diritto alla difesa: può capitare –e le donne italiane lo sanno- di vedersi notificare il dispositivo di sentenze di tribunali ecclesiastici, neanche la copia integrale, senza l’assistenza di un avvocato, non avendo avuto conoscenza dell’apertura del procedimento ed essendo state interrogate a decisione già assunta. Che sia l’Italia a risarcire i danni di questa violazione del diritto internazionale a seguito di condanna della Corte europea, e che quei medesimi tribunali ricevano l’otto per mille dei contribuenti italiani, è paradosso ulteriore.

 Se lo Stato Città del Vaticano facesse domanda di ammissione all’Unione Europea, sarebbe inesorabilmente respinta: non ne rispetta i valori definiti dal Trattato di Nizza, e cioè “il rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze”. Tanto meno soddisfa l’altra condizione per cui “le società degli Stati membri si caratterizzano per il pluralismo, la non discriminazione, la tolleranza, la giustizia, la solidarietà e la parità tra uomini e donne”. Si pensi alle donne, ivi comprese le suore, ed ai sessualmente non conformi.

Nonostante ciò la Santa Sede partecipa ai lavori della massime istituzioni sovrannazionali, dall’Unione europea al Consiglio d’Europa, e nel 2004 ha ottenuto dall’Onu l’ampliamento  dello status di osservatore.

Nel frattempo stipula Concordati con decine e decine di Paesi: non tanto per ottenere guarentigie da regimi illiberali, quanto per assicurarsi privilegi da nazioni democratiche o neo democratiche.

Lo Stato Città del Vaticano e le sue gerarchie sono così riusciti ad impadronirsi della Chiesa cattolica e a condizionare le chiese locali, in breve tempo conquistando, consolidando, espandendo un potere di “Stato sopra gli Stati” ed in essi infiltrato.

Da questa rinnovata forza traggono origine i recenti e pressanti diktat ai parlamentari cattolici  e la scomunica di quelle istituzioni statali che si pongono al di fuori delle scelte politiche del Vaticano, al cui monarca la discussione stessa deve essere riservata, come ai tempi del Re sole: quod principi placuit, legis habet rigorem.

In Slovacchia, udite udite, la classe dirigente lo ha già capito: il Primo Ministro Mikulas Dzurinda, democratico e cristiano, si è rifiutato di firmare la proposta di Concordato, affermando che “svantaggia i non cattolici, mentre la chiesa cattolica otterrebbe un’influenza estremamente grande che potrebbe interferire con questioni civili.” È caduto il Governo, e si andrà ad elezioni anticipate.

Di fronte ad uno Stato confessionale, infatti, il problema da porsi non è quale sia la sua visione del mondo, bensì se chi parla a nome di Dio possa contare anche su un armamentario enorme da giocare nell’agone politico. Non è certo irrilevante, poi, che la partita scelta sia quella dell’integralismo, della negazione dei corpi, delle coscienze, della scienza, della tolleranza: i  fondamenti, cioè, della rivoluzione dei Lumi e delle riforme liberali e socialiste.

Nello scontro tra democrazie e fascismi, lo Stato Città del Vaticano rappresenta oggi, nell’Occidente, la testa di ponte dell’assolutismo e dell’illibertà.

L’Italia ne è diventato il megafono mediatico, nonché finanziatore delle attività di proselitismo e propaganda. Oltre tutto retribuiamo quasi il 10% di tutto il clero cattolico mondiale, ricevendo in cambio il massimo livello di ingerenza politica ed una anomalia: solo nel Belpaese il presidente della Conferenza episcopale non è eletto dai Vescovi, ma nominato dal Pontefice “in considerazione dei particolari vincoli dell’episcopato italiano con il Papa”.

L’Italia, dopo aver  donato al mondo l’esistenza stessa dello S.C.V e costituendone il suo alimento, deve scegliere se continuare a diffondere il virus della simonia e dell’assolutismo, oppure difendere i credenti e la libertà religiosa anche facendo tesoro del patrimonio dei religiosi italiani, di ogni confessione. Neppure alla Mecca la Chiesa è Stato.

È il momento che anche noi si inizi un percorso di riforma del Trattato lateranense affinché venga liquidato e convertito da subito in altro lo Stato Città del Vaticano, che va cancellato con procedure di diritto, legali, giuridiche, popolari, democratiche, in tutto il mondo.

 

 

 

 



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