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Archivio Emma Bonino commissario UE
Bonino Emma - 15 maggio 1995
POLITICA DEI CONSUMATORI E COMPETITIVITA' INDUSTRIALE

Intervento di Emma Bonino, Commissaria Europea

(Bologna, 15 maggio 1995)

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SOMMARIO. Relazione della Commissaria alla difesa dei consumatori, Emma Bonino, al Centro interdipartimentale di ricerca sul diritto delle Comunità Europee dell'Università di Bologna (è presente anche il ministro dell'industria e commercio con l'estero, on. Clò). L'intervento si suddivide in paragrafi. Parte dalla asserzione che una politica della competitività e la politica dei consumatori non sono conflittuali, anzi. Il vero problema, per i loro rapporti, è quello dell'informazione. La normativa europea è ampia e buona, ma il consumatore non ne é informato, né gli Stati (e in particolare l'Italia) fanno molto in questo campo. Tra i problemi più urgenti: rafforzamento delle associazioni dei consumatori, in Italia del tutto assenti; l'azione e il controllo degli Stati per l'adeguamento delle imprese alle esigenze del mercato unico, ecc. Bonino informa delle iniziative in corso presso la Commissione: sviluppo della tutela dei consumatori nei campi dei servizi finanziari e dei servizi pubblici; garanzie e serv

izi postvendita; questione giustizia e contenzioso tra produttori e consumatori (esempi inglese e di altri paesi).

***1***

Politica dei consumatori e competitività industriale sono due obiettivi che figurano nei principi fondamentali del Trattato di Maastricht. L'art. 3 prevede infatti:

- il rafforzamento della competitività industriale della Comunità ;

- un contributo al rafforzamento della politica dei consumatori

Un altro principio, strettamente correlato, è quello relativo all'instaurazione di " un regime che garantisca che la concorrenza non sia falsata nel Mercato Interno".

L'interrogativo sottinteso nel titolo del convegno di oggi è se la politica di protezione dei consumatori possa costituire un freno alla competitività oppure se può essere essa stessa generatrice di innovazione e di impulso al progresso economico.

Politica dei consumatori e politica di concorrenza sono sempre state intimamente legate sul piano europeo. Addirittura, quando fu creato per la prima volta nella Commissione europea un Servizio di protezione dei consumatori, esso fu collocato presso la Direzione generale della Concorrenza. Inoltre, sin dal 1972, il rapporto pubblicato annualmente dalla Commissione sulla politica di concorrenza conteneva un capitolo sulla protezione dei consumatori.

Il legame tra politica dei consumatori e politica di concorrenza si giustificava con la motivazione che le risorse produttive dovevano essere utilizzate il più razionalmente possibile a profitto dei consumatori. In altri termini, la politica di concorrenza non doveva unicamente servire ad aumentare la quantità di beni disponibili per il consumo, ma doveva anche assicurare il miglioramento dell'informazione dei consumatori, la soppressione delle barriere tecniche agli scambi, l'armonizzazione delle legislazioni, insomma creare le migliori condizioni per l'attuazione di un mercato comune. Man mano che si stabilivano questi legami, si metteva già l'accento su uno degli aspetti più importanti della politica dei consumatori, e cioè l'informazione. All'inizio, si consideravano concorrenza ed informazione sotto il duplice aspetto dei divari di prezzo tra Stati membri, o delle barriere tecniche. I successivi allargamenti della Comunità hanno messo in luce che le differenze di livello di vita dei cittadini-consumator

i favorivano la circolazione di prodotti di qualità molto diverse, e di prezzi disparati. Inoltre, i cittadini risultavano informati e protetti in certi paesi, e molto meno in altri ove non esistevano una cultura ed una tradizione consumeriste. Non parliamo delle procedure per far valere i propri diritti o per risolvere le controversie, che erano totalmente diverse se non inesistenti da un paese all'altro.

***2***

Mi sono lanciata in questo breve excursus storico sia per essere in sintonia con il luogo e la sede in cui mi trovo, sia perchè ritengo necessario sottolineare che concorrenza, informazione e protezione dei consumatori, pur con il progresso del Mercato interno, sono rimasti dossiers di scottante attualità.

Se infatti Atto Unico e Libro Bianco sul funzionamento del mercato interno hanno accelerato e facilitato la libera circolazione di merci, servizi, persone e capitali, hanno anche reso più che mai necessaria una vera politica di protezione dei consumatori dai rischi di circolazione di prodotti pericolosi o poco sicuri, o di truffe "tranfrontaliere". Sarebbero stati in questo caso i più deboli a pagare il prezzo dell'apertura delle frontiere.

Quello che all'inizio pareva solo un problema di produttori è rapidamente apparso anche come un problema di consumatori. Mi spiego: un grande Mercato Unico dove prodotti e servizi circolino liberamente presuppone evidentemente che vi siano degli acquirenti, dunque dei consumatori. Tuttavia, un consumatore diffidente nei confronti dei prodotti o servizi di un altro paese non consumerà prodotti di quel paese, quali che ne siano qualità o vantaggi, anche di prezzo. Questi sono appunto i termini del problema della protezione della salute e della sicurezza dei consumatori, ma anche dell'informazione sulla qualità dei prodotti, sui prezzi, sulle garanzie, sui mezzi di ricorso o di indennizzo.

Ho schizzato rapidamente gli elementi essenziali della politica europea dei consumatori: di fatto, i nostri obiettivi convergono con quelli della competitività. Sul piano nazionale, la politica industriale è orientata verso la massima estensione degli sbocchi di mercato, per profittare delle economie di scala di un mercato europeo di 360 milioni di consumatori.

Per i consumatori, la costruzione europea dovrebbe portare più scelta di beni e servizi e, con il gioco della concorrenza, prezzi più bassi. Quali sono dunque gli ostacoli che impediscono a produttori e consumatori di arrivare ad un'intesa armonica, a vantaggio di tutti? Ritengo che si tratti di un problema di informazione e di rappresentanza dei consumatori, nonché di controlli e di corretta attuazione delle norme.

***3***

L'arsenale giuridico esistente, dal Trattato di Roma a tutta la giurisprudenza della Corte Europea di Giustizia, danno all'Unione europea i mezzi giuridici per far funzionare il mercato: politica di concorrenza, art. 30 e seguenti, e via dicendo. Gli ostacoli giuridici dunque non esistono più : tuttavia la fiducia dei consumatori non si conquista a colpi di direttive, regolamenti, o sentenze della Corte. Nello stesso modo, non si stabilisce per decreto l'immagine di marca di certi prodotti , o la qualità dei prodotti e servizi di certi Stati membri. Sono Commissaria europea responsabile della politica dei consumatori, da poco più di cento giorni. Da quando ho preso funzione, ho approfondito l'"acquis" legislativo esistente in questo settore: sono stata colpita dall'ampiezza e dalla qualità della normativa in vigore. Voglio solo ricordare, a titolo di esempio, le direttive sulla responsabilità di fatto per prodotti difettosi, sulla sicurezza generale dei prodotti, sulle clausole abusive nei contratti, sulla s

icurezza dei giocattoli, il credito al consumo e così via.

Ma ho potuto constatare che le direttive non bastano. Con questo non intendo dire che voglio incrementare la legislazione : anzi, mi pare che, almeno per quanto riguarda i prodotti, l'"acquis" legislativo sia soddisfacente. Però, i sondaggi di opinione realizzati dalla Commissione europea, i cosiddetti "Eurobarometri", ci mostrano che l'opinione pubblica europea non è informata di quello che facciamo, e neppure conosce i suoi diritti, il modo di farli rispettare, o di risolvere le controversie. Vi è dunque un bisogno enorme di comunicazione, di informazione.

Questa azione di informazione dovrebbe essere condotta dalla Commissione insieme agli Stati membri, ma questo per il momento non succede. Dagli Stati membri riceviamo solo dichiarazioni di buona volontà, ma nessuno di loro è disposto ad investire in una vera azione di informazione dei consumatori. La Commissione può dunque solo contare sui suoi mezzi, che sono quelli che sono (20 MECU per il 1995 ed una Direzione generale di una settantina di persone, tutto compreso), pur se con l'aiuto e l'impulso del Parlamento europeo.

***4***

Dicevo prima che concorrenza implica anche trasparenza ed informazione sulle scelte, la qualità ed i prezzi anche a livello europeo. E quando si affronta il problema della qualità, si rischia di suscitare negli Stati membri una reazione più soggettiva, ma anche nuove forme di protezionismo. Ricordiamoci: non è molto tempo fa che ancora norme nazionali proteggevano la qualità della birra in Germania, della pasta di grano duro in Italia, si rifiutavano certi formaggi di altri Stati membri, e via dicendo. A nome della protezione dei consumatori, si chiudevano le frontiere con pretesti di protezione della salute, della sicurezza degli interessi economici......

Con il nuovo approccio previsto dal Mercato Unico, per i prodotti non alimentari esiste un sistema il quale, per evitare di armonizzare integralmente tutte le norme esistenti, prevede il mutuo riconoscimento delle norme degli altri Stati membri. Laddove tali norme non esistono, la Commissione conferisce mandato ad una organizzazione europea di definire una norma europea per facilitare la libera circolazione.

In molti Stati membri, i consumatori partecipano in qualità di esperti all'elaborazione di norme nazionali, ed anche europee. Perchè ciò accada, bisogna però che le organizzazioni di consumatori esistano, siano riconosciute sul piano nazionale ed abbiano le competenze richieste: questo è quello che succede nel Regno Unito, in Olanda, in Germania. Ma questo non accade in Italia, dove queste organizzazioni non sono riconosciute, non sono sostenute e nella maggior parte dei casi vivacchiano grazie alla buona volontà ed al volontariato dei loro aderenti. Questo è un problema reale ed approfitto della presenza del Ministro dell'Industria, che è anche Ministro dei Consumatori, per evocarlo e sottolinearlo.

A che titolo infatti l'Italia fissa delle norme che non sono concertate con i consumatori, per esempio per quanto riguarda la loro sicurezza? A nome di quale principio l'Italia accetta prodotti che corrispondono a norme olandesi e tedesche, definite dopo lunghe discussioni tra esperti dei produttori e consumatori di quei paesi, mentre i consumatori italiani non hanno mai potuto far sentire il loro punto di vista?

Il problema si pone del resto anche a livello europeo: perchè le norme europee dovrebbero essere fissate solo consultando i rappresentanti dei consumatori dei paesi nordici? Signor Ministro, ribadisco che è fondamentale la questione del riconoscimento del ruolo dei consumatori e dei loro rappresentanti nella politica industriale ed economica in generale. Siamo l'unico paese, sui 15 Stati membri, a non avere una legge quadro in materia di politica di consumatori e della loro rappresentanza.

Il problema si pone ormai a vari livelli: per esempio, nella recente direttiva sulle clausole abusive nei contratti, o in quella sulle vendite a distanza, o nella proposta che intendo presentare sull'accesso alla giustizia, un ruolo importante è ormai riservato alle organizzazioni rappresentative dei consumatori per far valere i diritti di questi ultimi. Come si potranno trasporre tali direttive in leggi italiane, se non esistono norme che fissino i criteri di rappresentatività delle associazioni dei consumatori? Come potranno le organizzazioni serie vedere riconosciuto e valorizzato il lavoro che esse svolgono comunque da anni?

Perchè l'Italia deve essere l'unico Stato membro ove non esiste alcuna forma di legislazione di protezione dei consumatori o di riconoscimento dei loro rappresentanti quando tutti i movimenti che pure esistono, e anche la Commissione europea, lo chiedono da anni, precisamente per evitare che sussistano in Europa distorsioni tra cittadini-consumatori nel Mercato Unico? Perchè l'Italia, che è una delle più grandi potenze industriali europee, deve avere dei consumatori trattati come se fossero di serie B? Anche questo è un esempio di Europa a due velocità!

Sono tutti problemi che rischiano di toccare anche l'immagine di marca dei prodotti nazionali. Un altro esempio recente è quello della "dimensione ambientale". Perchè nel nostro paese, contrariamente agli altri Stati membri, non esiste ancora l'organismo responsabile ad attribuire l'ECO-LABEL, così come previsto dal regolamento CEE del 1992? Perchè le nostre imprese non devono poter far certificare i loro prodotti come eco-compatibili, mentre quelle degli altri paesi CEE arrivano nei nostri negozi e supermercati con il loro bel marchio con la margherita?

Mi si dice che l'iter ministeriale è quasi completato e che siamo quasi in dirittura di arrivo, per l'Eco-Label. Mi auguro sia così : avremo solo due anni di ritardo per un adempimento che non costa nulla e che avrebbe agevolato la competitività dei prodotti industriali italiani.

Questa è un'ulteriore prova del fatto che, nella battaglia per la conquista della competitività europea, è sempre più indispensabile disporre di organismi di concertazione che permettano ai prodotti nazionali di raggiungere standard e immagine di marca pari a quelli di altri paesi che per cultura e tradizione hanno sviluppato tali strutture.

***5***

Competitività industriale e protezione dei consumatori non sono dunque un'antinomia. Ma gli sforzi di adeguamento delle imprese alle esigenze del Mercato Unico devono essere supportati dall'azione dello Stato. E anche da adeguati controlli. Continuo con gli esempi. Certe direttive comunitarie riguardano il controllo di prodotti specifici che hanno ripercussioni sulla salute e la sicurezza dei consumatori: per esempio i giocattoli, o i cosmetici, giusto per limitarmi a quelle che sono gestite direttamente dalla politica dei consumatori. Per permettere la libera circolazione dei giocattoli e non esporre i bambini a rischi di incidenti, una direttiva europea di qualche anno fa impone certe regole e certi organismi di controllo. Idem per quanto riguarda i cosmetici. Una sana concorrenza prevede che tutti gli Stati membri attuino i doverosi controlli e le procedure di certificazione.

Però, a questo proposito, c'è un caso specifico che voglio portare all'attenzione del Ministro. Esiste una disposizione europea che prevede che gli Stati membri notifichino alla Commissione casi specifici di prodotti circolanti sul mercato nazionale che si dimostrino pericolosi. Di queste notifiche la Commissione informa tempestivamente gli altri Stati membri perché ne traggano le dovute conseguenze. Ebbene, i miei servizi mi dicono che dall'Italia non ci arriva mai alcuna notifica di questo tipo. I casi sono due, Signor Ministro: o in Italia circolano i prodotti più sicuri d'Europa ed i consumatori italiani possono rallegrarsi di questo loro privilegio, oppure non si fanno abbastanza controlli, oppure magari si fanno, ma ci si dimentica di informare la Commissione sui risultati degli stessi.

***6***

Vorrei ora trattare, seppur brevemente, le iniziative che ho messo in cantiere nei miei primi cento giorni da Commissaria europea. Pur se infatti intendo privilegiare l'informazione sulla legislazione, è pur vero che in alcuni settori restano delle carenze normative, che fanno sì che i consumatori, di fatto, non sfruttino pienamente i vantaggi del Mercato Unico.

Se, come dicevo, per quanto riguarda i prodotti la situazione di tutela dei consumatori è abbastanza soddisfacente, lo stesso non può dirsi dei servizi, sia servizi finanziari che servizi pubblici. Nel caso dei servizi finanziari, proprio la settimana scorsa ho fatto approvare dalla Commissione un mio rapporto sul funzionamento della direttiva relativa al credito al consumo. Questo rapporto apre tutta una serie di possibili nuovi campi di azione che intendo affrontare nei prossimi mesi: in particolare, il problema del sovrindebitamento, dell'usura del credito ipotecario, delle carte di credito, dell'introduzione dell'ECU come moneta unica. Inoltre, nel settore specifico delle assicurazioni e del credito ipotecario, la varietà dei prodotti finanziari offerti al consumatore è ormai talmente aumentata con l'apertura delle frontiere, che ritengo essenziale fornire ai consumatori stessi una maggiore informazione, trasparenza e tutela.

Un'altra delle mie priorità per il futuro prossimo è quella dei servizi pubblici e della difesa dell'utente. Questa questione sarà al centro del prossimo Piano d'Azione triennale in materia di politica dei consumatori che intendo varare entro fine d'anno, per coprire il periodo 199698. Si parla tanto di privatizzazione di servizi pubblici : io sono d'accordo sul fatto che questo possa portare razionalità ed efficienza nella gestione, ma non sono affatto sicura che per l'utente la privatizzazione porti maggiori garanzie di tutela, soprattutto se i servizi restano sempre e comunque erogati in regime di monopolio, pubblico o privato che sia. E comunque è essenziale che sia chiarito e regolamentato il problema dei"servizi universali" da garantire al consumatore a prezzi equi e con una qualità adeguata, nonché quello della presenza di un regolatore indipendente (o "authority" come viene chiamata qui in Italia) che faccia rispettare le regole del gioco. Mercato libero non vuole dire infatti deregulation.

***7***

Questo per quanto riguarda le mie intenzioni a medio termine. A più breve scadenza, la mia Direzione Generale della politica dei consumatori (DG XXIV), sta lavorando ad un progetto relativo alle garanzie ed ai servizi post-vendita. E' infatti provato che i consumatori europei si guardano bene dall'acquistare alcunché in un altro Stato membro, per il timore - fondato - di non essere garantiti quanto ai difetti ed ai malfunzionamenti del prodotto acquistato all'estero. Il mio progetto, che sottoporro' a giugno al Collegio dei Commissari, prevede un'armonizzazione della garanzia legale (che è di un anno in Italia, ma di sei mesi in Germania o di sei anni nel Regno Unito, giusto per far rilevare una differenza macroscopica), nonché una maggiore trasparenza per quanto riguarda le garanzie commerciali, e requisiti di qualità minima per i servizi post-vendita.

Questa norma, una volta approvata, potrà costituire un contributo al rafforzamento della competitività industriale: chiarire le regole applicabili alla vendita di prodotti difettosi non potrà infatti che incrementare una politica di controllo di qualità a livello sia di produzione, sia di distribuzione.

Un altro impegno che ho "ereditato" dalla Commissione precedente, ma che ho subito fatto mio, è quello dell'accesso dei consumatori alla giustizia. In base al Libro Verde dello scorsoanno, mi sono impegnata al Parlamento ed al Consiglio a presentare quanto prima delle proposte di piano d'azione, corredate da eventuali proposte legislative.

Inutile ricordare i tempi "epocali" della giustizia, specialmente in Italia. Mi consta che nel 1991 (sono dati un pò vecchi ma temo che la situazione non sia mutata) la durata media dei procedimenti davanti ai tribunali del nostro paese era di 1.166 giorni, cui andavano aggiunti 1.119 giorni davanti alle corti d'appello, per un totale di 2.285 giorni. Un bel record europeo!

Comunque, anche se il quadro è meno tragico per gli altri paesi il sistema giudiziario europeo non è in grado di assorbire efficacemente le controversie tra produttori e consumatori, o tra consumatori e distributori; sono controversie il cui valore economico non giustifica, di per sé, il ricorso a procedure giudiziarie, ma la cui totalità rappresenta comunque una enorme quantità di casi di cattiva "performance" o di perdite economiche. Per non parlare del problema di trovare soluzioni giudiziarie a controversie transfrontaliere!

Tra l'altro, è indubbio che le modalità di gestione del contenzioso assumono un'importanza decisiva in termini di competitività delle imprese.Tale importanza trova conferma nello sviluppo esponenziale dei meccanismi di soluzione extra-giudiziale delle controversie in materia di consumo (mediazione, conciliazione, arbitrato) : sviluppo che caratterizza gran parte delle società avanzate e che (non a caso!) in Europa è stato promosso, sostenuto e finanziato (nella maggior parte dei casi) dalle imprese stesse, per il tramite delle varie associazioni di categoria.

Emblematico in questo senso è il caso del Regno Unito , paese in cui ad ogni settore economico corrisponde ormai un organo incaricato di dirimere le controversie con i consumatori o utenti rispettivi (a titolo di curiosità, segnalo che fra i tanti, esiste pure un "ombudsman delle pompe funebri"!).

Se un numero rilevante di imprese ha deciso di "investire" nella creazione e nel funzionamento di tali organi (l'accesso ai quali è, per il consumatore, assolutamente gratuito), non è per mecenatismo : dal punto di vista delle imprese, si tratta di "canalizzare" l'insoddisfazione dei clienti ad un costo che è comunque inferiore a quello che deriverebbe dalla perdita dei medesimi. Un vero e proprio strumento di politica commerciale, di fatto.

In questa sede, mi limito a segnalare che a fianco del modello "inglese" (organi monocratici) altri paesi hanno sviluppato un sistema di commissioni paritetiche in cui consumatori ed imprese sono equamente rappresentati, e questa è una soluzione che garantisce una credibilità maggiore rispetto a quella di un "mediatore" unico.

A questo proposito sono interessanti sia la nuova legge italiana sulle Camere di Commercio, che attribuisce a queste ultime un ruolo di "conciliazione", sia la recentissima novità dei giudici di pace, che saranno i destinatari naturali di una grandissima parte delle controversie in materia di tutela dei consumatori.

***8***

Con questo programma di lavoro, spero di far convergere l'attenzione politica delle Istituzioni europee e nazionali sullo sviluppo di una vera e propria "politica" dei consumatori. Queste mie proposte saranno infatti mature per una discussione al Consiglio proprio nel corso della Presidenza italiana, il prossimo anno.

Guardando infatti anche molto più in là della sola politica dei consumatori, quella italiana è una Presidenza da cui ci aspettiamo molto e che si troverà ad avviare i lavori della Conferenza Intergovernativa per la riforma del Trattato di Maastricht. Le ultime due Presidenze italiane hanno dato un impulso e un contributo decisivi allo sviluppo dell'integrazione europea. Mi auguro che il 1996 porti una maggiore attenzione italiana ai problemi europei, che ci si prepari adeguatamente facendo un po' di ordine nei nostri "dossier", per portare un apporto credibile e costruttivo alla sfida europea che abbiamo di fronte.

 
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