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Stojanovic Lazar, Skoric Ivica, Kusik Vlastimir, Bicich Eros, Cesmadizski Vito - 30 novembre 1988
Questa ottima idea dell'Europa Unita

SOMMARIO: Dichiarazioni di alcuni cittadini jugoslavi iscritti al Partito Radicale. (Notizie Radicali n· 262 del 30 novembre 1988)

LAZAR STOJANOVIC, di Belgrado

Già prima di incontrare gente del Partito radicale, ero pronto ad accettare il programma del partito, e conoscevo bene il programma che questo partito sta cercando di attuare in Europa, e in particolare nel mio paese. Inoltre noi abbiamo una serie di problemi, oltre a quelli economici; in particolare abbiamo problemi che hanno a che fare con conflitti nazionali, e che costituiscono un pericolo non solo per noi, ma che alla lunga potrebbero rivelarsi pericolosi per i paesi confinanti, per l'Europa stessa. Io spero che una politica per una Europa unita possa permettere di superare questi problemi. Voglio dire: se la Jugoslavia entrasse nella Comunità, nell'Europa unita - e questo io credo sia tecnicamente possibile - le situazioni di conflitto fra quelle nazioni separate che sono tradizionalmente in lotta fra loro potrebbero superarsi; in qualche modo questi conflitti hanno reso l'area balcanica tradizionalmente un calderone, in perenne ebollizione. L'altra parte del programma del partito che mi attira molto è

l'idea di aiutare e promuovere i gruppi marginali in tutte le società, e in particolare in Europa perché è soprattutto in Europa che il partito è impegnato. Ed essendo io stesso coinvolto nei problemi relativi alla tutela dell'individuo, dei diritti e della libertà, sono stato molto contento di scoprire che esiste un partito con questo programma. E poi naturalmente credo che le idee - e una sorta di unità culturale che potrebbe essere raggiunta promovendo l'idea di uguaglianza e dell'Europa unita -, questo programma crea le basi per un tipo di unità culturale e di comunità culturale in Europa; e credo che molti colleghi, molti artisti jugoslavi potrebbero unirsi ad una comunità più ampia, potrebbero entrare nella competizione europea e trovarsi in un ambiente più competitivo, ma anche in un ambiente maggiormente gratificante. Essendo io stesso un artista, ho sempre ritenuto che ci sia qualcosa di internazionale in questo, e abbattere i confini nazionali potrebbe unificare la cultura, e promuovere e diffond

ere le differenti idee e migliorare la situazione sociale generale. Questi sono i motivi per i quali mi sono iscritto. Questo è in un certo modo simbolico perché io credo che tutti dovrebbero essere informati su questo programma, e avere l'opportunità di discuterne e far sapere alla gente che c'è una soluzione possibile per i problemi che la Jugoslavia sta attraversando in questo momento. Io credo che questo programma del Partito radicale e in generale la propaganda di questo partito sia estremamente utile in Jugoslavia. Ma noi siamo ai margini della vita politica qui, perché l'interesse dell'opinione pubblica è principalmente rivolto ai conflitti di cui parlavo prima, e ad alcuni particolari problemi economici, e non c'è posto nella coscienza della gente per parlare di un tale progetto politico quale quello del Partito radicale. Ha iniziato solo lo scorso anno a farsi conoscere e io spero che la diffusione di questo programma continui a crescere in Jugoslavia, a beneficio dell'idea generale degli Stati Unit

i d'Europa, e della nonviolenza. E spero che abbia successo.

Per quanto riguarda il congresso questa costituirà forse l'occasione migliore per attirare nuovi iscritti, per ottenere l'attenzione dei mass-media, per diffondere le idee del partito e per farne conoscere l'organizzazione. In questo senso, sarebbe molto utile che si tenga a Zagrabia. D'altra parte, la richiesta di tenere il congresso a Zagrabia esercita anche una certa pressione sul Governo jugoslavo perché non solo riconosca, ma perché anche dia spazio nei mass-media alle idee del Partito radicale. Ma temo, per quella che è la mia esperienza col Governo jugoslavo, che questo non accada. In realtà, loro non vogliono che altri si occupino dei problemi jugoslavi; e soprattutto non vogliono mostrare alla gente che qualcuno può liberamente discutere di questi problemi senza alcuna conseguenza e senza punizione. E' per questo che temo che il governo jugoslavo farà il possibile per impedire lo svolgimento di questo congresso a Zagrabia. Mi chiedete di dire qualcosa della mia vita. Ho avuto molti problemi per torn

are ad esercitare la mia professione dopo essere stato condannato per un lavoro artistico, per un film, quattordici anni fa. Sono stato emarginato ed è stato impossibile per me lavorare come regista teatrale e cinematografico per quattordici anni; e solo due anni fa la situazione è leggermente migliorata. Non sono stato ufficialmente autorizzato, ma mi è stato di nuovo consentito di fare il regista e scrivere, e adesso posso pubblicare qualche articolo e mettere in scena uno spettacolo teatrale. Ancora non mi è stato possibile fare un altro film. Adesso ho appena terminato di mettere a punto uno spettacolo che è attualmente rappresentato a Belgrado, si intitola "Cabaret nero del professor Freud" ed è un musical satirico, che tratta alcuni problemi attuali della Jugoslavia e della umanità in genere, alcuni conflitti interni alla mente umana. Sono riuscito a produrre questo spettacolo con il supporto del centro culturale giovanile. Finora non ho ricevuto alcun sostegno ufficiale per il mio lavoro, ma spero che

, se mi sarà data l'opportunità di lavorare, anche da indipendente, con i miei soli mezzi, potrò avere una situazione migliore. Penso che la situazione sia leggermente migliorata, ma ancora sono emarginato dalla vita culturale di Belgrado. Ho 44 anni, non sono più giovane. Ero giovane prima di venire arrestato.

IVICA SKORIC, DI ZAGABRIA, STUDENTE IN FILOSOFIA, 24 ANNI. HA LAVORATO IN UNA RADIO PER DUE ANNI ED E' ORA COLLABORATORE DI ALCUNI GIORNALI GIOVANILI. E' MEMBRO DEL MOVIMENTO ECOLOGICO E PACIFISTA "SVARUN".

Prima di tutto, perché mi sono iscritto al Partito radicale. Perché le idee del Partito radicale sono molto vicine alle mie. Per cui vedo il mio ruolo, e il ruolo di ogni altro uomo o donna nell'impegno sociale e politico oggigiorno in Europa e non solo, nel mondo intero, come un impegno sulla questione essenziale della nostra sopravvivenza come esseri umani, sulle questioni politiche, economiche e su ogni altra questione, soprattutto ecologica, invece che sulla politica tradizionale, dei giochi di guerra come risultato di quella politica. Questa sostanziale differenza fra la politica vera e i giochi politici l' ho trovata nel Partito radicale, e questa differenza lo rende diverso da ogni altra formazione politica sulla scena politica europea. E questo è ciò che io cerco come impegno reale. Quindi, per questo motivo mi sono iscritto. In secondo luogo, mi chiedo che cosa noi, cinquanta o sessanta, iscritti radicali jugoslavi siamo veramente; che cosa si pensa noi si debba fare; perché siamo quello che siamo.

Perché il Partito radicale in Jugoslavia non è soltanto l'unico altro partito, debole di fronte a quello comunista. Mi sono iscritto al Partito radicale perché è anche la sola organizzazione che offre ad alcuni jugoslavi, che sono stanchi della politica medievale condotta dalla burocrazia di governo. Il Partito radicale offre qualcosa di essenzialmente nuovo e qualcosa di completamente differente da ciò che offrono tutti gli altri in Jugoslavia. In luogo dello stato forte e della filosofia della minaccia armata, il Partito radicale ci offre l'idea dell'Europa, dell'Europa come ideale, vicina alla società civile dell'Europa orientale. Si tratta di un futuro lontano? No, è il 1992. Si tratta di utopia, di politica naif? Sì, e lo sarà finquando continueremo a considerarla tale. Nonostante questo e, per i radicali, proprio per questo, è una grande idea quella di tenere il congresso a Zagrabia. Un'altra domanda che mi pongo spesso è questa: perché il Partito radicale ha bisogno della questione jugoslava. E un'alt

ra domanda che mi pongo è: perché il Governo jugoslavo è contro il fatto che il Partito radicale si occupa di Jugoslavia. Senza dubbio le popolazioni jugoslave vogliono vivere in condizioni politiche economiche e sociali migliori di quelle attuali. Ma la burocrazia governativa, che ha prodotto la situazione nella quale viviamo, in primo luogo vuole mantenere il monopolio di governo che in realtà poggia su situazioni che non vanno risolte, come i nazionalismi e così via. Così, evitano qualsiasi questione radicale; hanno paura di sottoporre le loro posizioni a cambiamenti radicali, come sarebbe la costruzione degli Stati Uniti d'Europa. Tutte le proposte del Partito radicale - soltanto perché non provengono da un partito ufficiale, o da una organizzazione politica monopolizzata - sono discutibili e viste con sospetto. E' anche molto opportuno aver fissato il congresso a Zagabria, così come lo sarebbe stato in qualsiasi città della Jugoslavia; se il Congresso del Partito radicale non venisse organizzato qui a Z

agabria, sarebbe un grave danno per il Partito radicale e per l'idea dell'Europa; ma anche per la Jugoslavia e per Zagabria in particolare. Sono un po' sorpreso per ciò che ho letto sulla stampa radicale e sui giornali jugoslavi. Sui giornali jugoslavi ho letto che il nostro Governo ha detto che non ci sono ostacoli legali, non ci sono leggi in base alle quali possa impedirsi lo svolgimento del Congresso, ma che l'opinione del Governo è che questo non è il momento opportuno in cui il Partito radicale possa organizzare il proprio congresso a Zagabria: non vedono possibilità perché questo avvenga. Ma ho poi letto sugli stessi giornali che i radicali a Roma hanno deciso di incontrare e discutere con le autorità jugoslave e che se queste sono assolutamente contrarie, i radicali rinunzierebbero al Congresso a Zagabria. D'altra parte ho letto su Lettera Radicale che i radicali comunque stanno lavorando all'organizzazione del Congresso a Zagabria e non vi rinunciano, e adesso non capisco bene cosa stia succedendo.

Io voglio questo congresso, sono a favore, ma penso anche che se i radicali sono così impegnati e se le autorità sono così decise ad opporsi, se nessuno recederà dalla proprie posizioni, penso che tutto questo salterà in aria. Questa è la mia opinione.

VLASTIMIR KUSIK, di OsJek, 35 ANNI, CRITICO E STORICO DELL'ARTE, LAVORA IN UNA GALLERIA.

Per me essere iscritto al Partito radicale è un modo di trovare uno strumento politico per rispondere alla domanda che è attuale nel mio paese e naturalmente in Europa. Io penso che sia il modo giusto per trovare una risposta ai problemi più importanti, e per me il problema più importante è fare qualcosa di concreto per i diritti umani; e come fare qualcosa di politico è nel programma del Partito radicale, che è transnazionale e che vuole fare qualcosa per la società europea, la civiltà e la cultura europee. Sono un operatore culturale, e credo che il Partito radicale può trovare la via per fare qualcosa per la creatività e la civilizzazione culturale dell'Europa e, ripeto, per i diritti umani. Per quanto riguarda il Congresso credo che sarebbe un'ottima cosa che si tenga qui in Jugoslavia, ma temo che non sarà possibile, perché la vita politica qui non è buona e i politici jugoslavi hanno paura del Partito radicale; e temo che il Congresso non potrà tenersi in Jugoslavia. Un Congresso che sarebbe invece mol

to importante che si tenesse qui. Se questo non fosse possibile, sarebbe bene che il Congresso si svolgesse in Italia, dove gli Jugoslavi potrebbero facilmente recarsi.

EROS BICIC, DI CAPODISTRIA, 37 ANNI, GIORNALISTA, tra i fondatori DEL "GRUPPO 88".

Sono di lingua italiana, vivo presso il confine con l'Italia, sono di nazionalità italiana, e anche per questa ragione ho avuto sempre l'occasione di seguire l'azione del Partito radicale. Ho condiviso tutte le sue lotte, le ho seguite da vicino; e pensando - a livello di ipotesi - ad un eventuale passaggio, diciamo, ad un'eventuale trasferimento in Italia (qui da noi, nella minoranza, questa ipotesi è sempre presente), mi chiedevo in quale forza potrei identificarmi, per continuare un certo impegno sociale, di presenza sociale. In fondo, in questi ultimi anni è sempre riapparso questo Partito radicale, per tutte le sue peculiarità e identità, nonostante abbia avuto a che fare anche con altre forze politiche. E' anche per questa ragione che il Partito radicale non è esclusivo, non è un monopolio politico: anche per questa ragione l'ho scelto. L'ho scelto, mi sono iscritto al momento della scelta transnazionale che è venuta in un momento in cui ha combaciato perfettamente con quello che sta succedendo in ques

te terre, particolarmente al confine. Io organizzo questo gruppo di poche persone che svolge già da tre anni l'incontro degli scrittori di frontiera, a Portorose, e dunque fa in fondo un discorso sul transnazionale, sul transfrontaliero e transnazionale. Per noi il transnazionale è quindi un modo di vivere, è la quotidianità, è una cosa che incontriamo fin da piccoli, ogni giorno: diverse lingue, diverse mentalità, diverse cucine, diversi concetti di memoria storica, anche politica, i fantasmi del passato, l'identificazione del fascismo con l'elemento italiano... Sono insomma tutti fattori che inducono alla transnazionalità in quanto non possiamo identificarci con nessuna identità o entità nazionale presente. Perciò e stata quasi una scelta naturale, oltre che spontanea, politicamente spontanea: dal lato culturale naturale e dal lato politico spontanea. Mi lego a questo progetto con l'impegno politico personale, cerco di contribuire come ho fatto in questi mesi da quando sono iscritto, e lo farò anche nei p

rossimi mesi difficili; sia per aiutare ad organizzare questa associazione radicale in Jugoslavia, sia per arrivare al Congresso di Zagabria, dove, appunto, secondo me il Partito radicale dovrebbe crescere, dovrebbe fare questo passo storico - e sottolineo storico - di diventare effettivamente - e sottolineo effettivamente - un partito transnazionale in quanto insieme di realtà politiche, sociali e culturali di vari paesi (ovviamente con obiettivi comuni e ben precisi). Vedremo se la cosa andrà così. Probabilmente in questo nucleo del Partito, che è in maggior parte italiano, esistono ancora dei dissensi, esiste ancora la nostalgia per le lotte peraltro gloriose del passato; e dunque anche delle resistenze involontarie ad un cambiamento di rotta sostanziale. Ma penso che questa transnazionalità, ovvero un partito effettivamente transnazionale, potrebbe benissimo poggiarsi sulle grosse conquiste sociali, umane e sull'indirizzo fondamentale stesso del Partito radicale; anche perché sarà certamente una cosa di

avanguardia nell'Europa, l'unica forza politica in effetti secondo me in Europa che in questo momento fa un discorso politico concreto avendo presente il futuro di questo continente. Tutti gli altri cercano di fare dei giochi politici fra loro stessi e con gli altri, mentre quello di radicali è un discorso politico genuino, anche nel senso che tiene conto delle effettive realtà storiche, e con molta lungimiranza guarda all'Europa del 2000. Per questo programma annuale c'è tutta la mia partecipazione, tutto il mio appoggio. Poi naturalmente dipenderà dal Congresso, dagli altri indirizzi se questo appoggio sarà totale come è attualmente; ma penso che questo faccia parte della prassi radicale.

VITO CESMADIZSKI, 37 ANNI, DESIGNER, SPOSATO E CON DUE FIGLI.

Mi sono iscritto al Partito radicale per questa ottima idea dell'Europa unita, un'idea buona anche per il mio paese. La jugoslavia si dibatte in una grave crisi, dovuta a problemi economici, politici, etnici, e l'idea dell'unità europea è ottima anche per noi: senza l'aiuto dell'Europa non sarà possibile uscire da questa crisi, non sarà possibile uno sviluppo in senso civile e moderno. Senza l'aiuto dell'Europa, e senza un'Europa unita e forte, la grave crisi attuale si aggraverà, e si aggraveranno i problemi. Per questo motivo mi sono iscritto al Partito radicale.

Sento i problemi jugoslavi anche sulla mia pelle, come individuo. Io vengo abbastanza spesso in Italia e posso dire che ogni anno la differenza tra Italia e Jugoslavia è maggiore. Sembra che rispetto agli altri cittadini europei quelli jugoslavi divengano sempre più, anno dopo anno, cittadini di seconda classe. Al tempo di Tito questa situazione era meno visibile. Dopo la sua morte vi è stato un certo miglioramento in senso democratico, e la crisi economica è più visibile: le cifre, le statistiche sono più note e pubbliche. Con Tito questo era un po' un paese "telefonico", un paese in cui da Tito promanavano ordini che giungevano, appunto, per telefono; e il risultato era che all'apparenza il sistema funzionava. Ora si vede che non funziona, non c'è più una persona che disponga di tanta autorità da consentirgli di disporre al di là delle leggi e delle regole del sistema: per questo ora è possibile vedere che quel sistema non funziona. La questione del Congresso radicale lo dimostra: si ha paura di prendere u

na decisione definitiva. Per quanto riguarda la scelta del Partito radicale di convocare il Congresso a Zagabria, la trovo ottima, e ottima anche per la Jugoslavia; per una serie di motivi. Intanto, la Jugoslavia può in questa occasione dimostrare agli altri paesi che vuole ricostruire la democrazia. E poi sarebbe un modo per sentire venti nuovi, dall'Europa, e un nuovo pensiero; non soltanto quello comunista. Sarebbe un modo per ascoltare l'opinione dei radicali e degli altri europei. Inoltre, questa è una possibilità per la Jugoslavia, una mano che le si tende: che la Jugoslavia non abbia paura di coglierla. Forse, se il Partito avesse deciso di convocare in Ungheria il proprio congresso, avrebbe trovato una maggiore disponibilità. Sembra che l'Ungheria sia tesa ad una maggiore integrazione con l'Europa. Il sistema jugoslavo si sta invece allontanando dall'Europa: ora molto più ora che un anno fa. Mi dispiacerebbe molto se il mio paese perdesse questa possibilità, che è una possibilità per la Jugoslavia e

per l'Europa. Parlavo con degli amici del premio europeo per il cinema, attribuito la scorsa notte a Berlino. E' stato un momento di Europa unita, ma solo per una notte, una notte di nuova Europa, di quell'Europa che il Pr vuole: ce n'è la possibilità. Mi chiedete anche se ho avuto dei problemi conseguenti alla mia scelta di iscrivermi al Partito radicale. Ne ho avuti, una volta, per avere ospitato Sandro Ottoni. Una mattina alle 5,00, degli agenti sono venuti a casa mia, e mi hanno portato alla stazione di polizia: ero accusato di non aver denunciato il mio ospite straniero. La vicenda ha avuto un seguito giudiziario, che si è concluso di recente con la mia condanna ad una pena pecuniaria. Da questo episodio ho tratto peraltro la convinzione che Sandro sia seguito quanto entra in Jugoslavia.

 
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