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Agenzia Radicale - 31 maggio 1966
ANTIMILITARISMO per una politica di pace

SOMMARIO: Nelle elezioni amministrative del giugno 1966 il Partito radicale stipula una alleanza elettorale con il PSIUP per una lista comune a Roma, a Genova e in altri centri minori sulla base della comune opposizione alla Dc e al centro sinistra (il PSIUP si era formato all'inizio del 1964 dalla scissione della sinistra socialista contraria all'ingresso del Psi nel governo con la Dc).

Dal numero elettorale del giornale "agenzia radicale", le posizioni e gli obiettivi dell'antimilitarismo radicale e la polemica contro il neutralismo dei pacifisti.

(AGENZIA RADICALE n. 121 31 maggio 1966)

Trasformazione delle strutture militari e di guerra in strutture civili di pace; graduale abolizione del servizio militare obbligatorio e immediata istituzione di un servizio civile alternativo; uscita dell'Italia dal Patto atlantico; impegno internazionale per il rafforzamento dei poteri dell'ONU e per un accordo di sicurezza europea che preveda il disarmo graduale e controllato sia atomico che convenzionale di zone sempre più ampie dell'Europa occidentale e orientale. Questi sono gli obbiettivi di una vera politica pacifista, ma essi non si ritrovano in nessuno dei programmi dei partiti della sinistra italiana, fatta eccezione per il Partito Radicale.

"Indicazioni e polemiche"

E' infatti del Partito Radicale, attraverso la "Agenzia Radicale", la prima circostanziata denuncia della installazione di basi per sommergibili Polaris all'isola di Tavolara, presso le coste della Sardegna; una denuncia che non ha ricevuto in Parlamento, in risposta alle interrogazioni presentate sulle gravi rivelazioni radicali, nessuna sostanziale smentita da parte dell'allora Ministro Andreotti; è del Partito radicale la più esatta ed indicativa documentazione fornita in questi anni sugli sviluppi, le tendenze, la pericolosità del riarmo europeo, delle integrazioni a livello industriale e finanziario per la produzione dei nuovi armamenti sia dentro che fuori la NATO; sono del Partito Radicale nutrite e tempestive inchieste sulle forniture di armi italiane al Sud Africa; è del Partito Radicale la campagna per il rinnovamento ed il potenziamento - al di fuori della pratica dei Comitati della Pace di obbedienza comunista e stalinista troppo sovente mascherata dalle irresponsabili e fittizie "adesioni" di in

tellettuali ed "indipendenti di sinistra", come del velleitario "neutralismo" di marca socialista incapace di proporre altro che lo adeguamento a posizioni altrui - degli organismi unitari della pace, intesi come autonome strutture nell'ambito della sinistra italiana per una effettiva lotta pacifista e "antimilitarista" (a partire dalla Consulta Italiana della Pace, dai suoi obiettivi, dalle sue strutture federaliste in cui confluivano esperienze culturali, politiche, religiose differenti e diversamente impegnate); è del Partito Radicale l'adesione a quella "Internazionale Pacifista di Oxford" nella quale si è verificata, in un momento di forte tensione delle forze pacifiste occidentali, la prima possibilità di comune impegno degli studenti americani accanto ai democratici greci tra i quali il deputato socialista Lambrakis ucciso dal militarismo del suo paese, dei pacifisti inglesi del CND e del Comitato dei 100 accanto agli antirazzisti negri americani, agli svedesi, ai belgi, ai danesi, agli italiani ed ai

francesi; è del Partito Radicale la più vigorosa e diretta partecipazione offerta da un partito italiano al movimento per la obiezione di coscienza; e così l'organizzazione e la partecipazione a Marce della Pace che vedevano, accanto agli slogans contro l'atomica russa o americana, anche quelli di condanna per le esplosioni atomiche della Francia o della Cina, la richiesta di disarmo unilaterale, della trasformazione delle strutture militari in strutture di sviluppo civile, del servizio civile alternativo a quello militare. In una nota del 25 febbraio 1966, la "Agenzia radicale", portavoce del partito, ammoniva: "L'internazionalismo è innanzitutto una posizione di lotta interna, di politica ``nazionale'', o non è che comoda ed artificiosa evasione cosmopolita. L'internazionalismo non può non essere anche lotta contro lo stato nazionale, anche e proprio per le forme necessarie che esso assuma. E queste, è l'ora di considerarlo, sono comuni ai paesi ``occidentali'' e ``orientali''. Esercito, polizia, giustizi

a non autonoma (per leggi o per pratica o per formazione) industria degli armamenti, sono le ``forme'' storicamente assunte in comune da stati ``socialisti'' e stati ``borghesi''. E non a caso, anche da noi, i partiti diventano, ad esempio, sempre più organizzazioni di Stato, partiti di regime. La obiezione di coscienza, ad esempio, i suoi limiti politici, spesso consapevoli e volontari, non può esser certo fatta oggi, dinanzi ad uno solo degli schieramenti: ma questo concetto, questa evidenza non avrà forza finché l'inerzia altrui, il cosiddetto realismo politico dovessero essere ancora invocati per eludere le proprie responsabilità.

"Il nuovo antimilitarismo"

La lotta per la pace è lotta antimilitarista, è lotta per la conversione, qui e da oggi, in strutture di servizio e di produzione civile, delle strutture militari.

Strano che le ``vie'' socialiste cessino di divenire ``nazionali'' solo in questo campo, solo dinanzi alla lotta. Siamo di fronte, dicevamo, ad una grave confusione della sinistra rispetto a questi problemi essenziali; omettere di denunciarli, limitarsi a sopravvivere grazie alla denuncia delle colpe degli avversari, significherebbe ormai consentire ad una vera impostura".

I princìpi della lotta decisa al militarismo, per la difesa della pace come metodo per l'approfondimento e lo sviluppo - nella concreta situazione storica attuale - della democrazia, delle istituzioni civili, dello Stato moderno e autenticamente socialista, sono gli stessi princìpi propugnati da vaste forze democratiche e non comuniste nel mondo occidentale come gli unici capaci di conseguire tali obiettivi di radicale trasformazione e rinnovamento sia nei paesi di tradizione democratica come in quelli comunisti, nei paesi totalitari dell'America latina come negli ancora giovani stati indipendenti del terzo mondo, anche essi minacciati dal militarismo o ad esso già soccombenti.

Ovunque infatti gli eserciti dispiegano la loro funzione reazionaria in maniera drammaticamente attuale o come continua e potenziale minaccia alla libertà. Ovunque la logica dello sviluppo tecnico spinge le forze militari a dotarsi di armamenti sempre più perfezionati nella loro capacità distruttiva, in una corsa che non è più limitata alle due maggiori potenze, ma che vede entrare in lizza l'ambizione nazionalista di numerose potenze minori. Di fronte a questa realtà non è possibile fare distinzioni; l'atomica sovietica non è migliore di quella americana, quella di De Gaulle non è migliore di quella di Mao o di Nasser; gli armamenti multilaterali, che possono interessare la Germania di Bonn e anche il nostro paese al controllo e alla utilizzazione degli ordigni nucleari non sono migliori di quelli nazionali.

"Cosa sono gli eserciti"

L'unico modo concreto di combattere queste minacce e questi pericoli è quello di cominciare a combatterli e ad impedirli a casa propria, è quello di rendersi conto in tempo che anche in Italia impegni internazionali e strutture militari frenano le possibilità di sviluppo economico e civile del paese e gli impediscono di contribuire all'affermazione e al consolidamento della pace nel mondo.

"Processo al fascismo a Milano"

Non si tratta di parole d'ordine generiche e inoffensive, ma di obiettivi politici che si scontrano immediatamente contro potenti interessi oltre che contro una concezione autoritaria dello Stato, tuttora profondamente radicata nel nostro paese nonostante la Resistenza e la Costituzione repubblicana. Non è stato per caso che alcuni radicali di Milano sono stati recentemente arrestati e incriminati davanti alla Magistratura per aver diffuso un manifestino, in cui venivano solo esposte le linee del programma radicale in tema di politica estera e militare. Né è stato per caso che nel corso del processo, celebrato per direttissima, il Pubblico Ministero abbia indicato le tesi antimilitariste degli imputati radicali come "più pericolose" di quelle di altri imputati - marxisti leninisti e filocinesi - che avevano distribuito nella stessa circostanza un loro diverso manifestino. Anche se i giudici del Tribunale di Milano hanno mandato assolti con formula piena i nostri compagni, l'episodio è stato tuttavia grave e

significativo per la reazione che la semplice enunciazione di un programma politico pacifista ha provocato da parte di esponenti e di autorità delle FF.AA., della polizia e degli uffici del Pubblico Ministero.

L'impegno pacifista è parte integrante del programma del Partito Radicale che ha fornito all'opinione pubblica e ai democratici alcune indicazioni precise di iniziativa, a partire dalla situazione italiana ed europea.

"Disarmo unilaterale"

Quando un parlamentare socialdemocratico, il senatore Hans Thirring, presentò un progetto per il disarmo unilaterale, totale e controllato dell'Austria, il Partito Radicale promosse in Italia una campagna di sostegno a favore di quella proposta che era la prima del genere presentata in un Parlamento europeo.

Il progetto del sen. Thirring richiedeva infatti, oltre alla decisione del Parlamento del suo paese, anche particolari forme di controllo e di garanzia internazionale, da realizzarsi attraverso:

1) il consenso dei 4 paesi firmatari del Trattato di Pace (URSS, USA, Gran Bretagna e Francia);

2) la garanzia delle Nazioni Unite, ai cui funzionari dovrebbe essere affidato il compito di controllare i confini del paese, posti sotto la tutela del Consiglio di sicurezza;

3) l'accordo con i 6 paesi confinanti (fra cui l'Italia) perché si impegnino a ritirare le loro truppe a una determinata distanza dei confini della Repubblica austriaca.

"Aderiscono 300 amministrazioni locali"

La campagna di appoggio del Partito Radicale era rivolta a creare le condizioni perché il governo italiano si dichiarasse disposto ad attuare le misure internazionali previste dal progetto, che lo riguardavano direttamente. L'appello del nostro Partito fu firmato da circa 15 cittadini democratici. Ad esso aderirono - con regolare deliberazione - oltre trecento consigli comunali e provinciali. In ciascuno di questi consigli, quando l'appello fu messo in discussione, si poté registrare a favore di una misura concreta di disarmo anche se riguardante solo indirettamente il nostro paese, una sorprendente e imprevista unità di consensi nei diversi settori della sinistra italiana. Oggi, quando da più parti vengono sollevate inquietanti domande su fatti, su tendenze, su iniziative in corso negli alti comandi dell'esercito italiano, nel ministero della difesa, in ambienti ben individuati della classe militare, la campagna radicale di appoggio al progetto del senatore austriaco Thirring appare più che mai di attualità

, più che mai necessaria.

 
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