Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
ven 22 nov. 2024
[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Archivio Partito radicale
Bandinelli Angiolo - 12 maggio 1967
"I diritti civili per una società laica".
II COMMISSIONE - RAPPORTO DI ANGIOLO BANDINELLI

SOMMARIO: Relazione sui lavori della Commissione congressuale per i diritti civili. Il relatore rileva che in commissione c'è stato sostanziale accordo nel riconoscere la validità dell'approccio radicale rispetto a quello delle sinistre tradizionali. La battaglia sui diritti civili è importante in Italia dove, ai problemi delle società moderne, si aggiunge quello della pressione clericale esercitata "fin nel costume quotidiano". Occorre rovesciare gli schemi della sociologia cattolica e imporre trasformazioni che portino "nuova libertà" ad una società che peraltro chiede, in questa direzione, una nuova forma di politica respingendo quella che si manifesta sempre più come "nemica della libertà". Nel dibattito c'è stato chi ha sollevato il tema dei rapporti con la sinistra, altri hanno rivendicato il carattere originalmente sperimentalista dei radicali. La divaricazione potrà superarsi solo sul terreno concreto delle lotte. Occorre organizzare "i singoli", senza cedimenti frontisti: e per ottenere questo occor

re conquistare subito la possibilità di dare forza al dissenso e una nuova informazione, a partire dalla Rai-TV. Per quanto riguarda la scuola, occorre avviare un processo di sviluppo antiautoritario; per la politica estera occorre muoversi verso la abolizione degli eserciti.

Si elencano infine alcune singole battaglie da promuovere e fare crescere.

(III CONGRESSO NAZIONALE - BOLOGNA 12-13-14 MAGGIO 1967)

La commissione di lavoro dei diritti civili, nell'indicare una assai ricca varietà di contenuti e di obiettivi e di lotta del Partito radicale, si è trovata sostanzialmente concorde nel riconoscere la validità dell'impostazione radicale circa la priorità da concedere a questo tipo di impegno rispetto alla tradizionale impostazione della sinistra. Importante è questa battaglia in Italia, dove ai problemi comuni a tutte le società moderne si aggiunge, particolarmente pesante, la pressione clericale esercitata principalmente attraverso lo strumento diplomatico che è il Concordato fascista, che consente al clericalismo di difendere una posizione egemonica, fin nel costume quotidiano dei cittadini, dalla scuola al diritto familiare, e così via.

Vi è oggi una rinnovata proposta della sociologia cattolica, anzi clericale, fatta propria da Rumor e Piccoli, che intende imporre, anche nella fase attuale di transizione e di ammodernamento sociologico, sostanzialmente la stessa concezione e gestione del potere; ad essa va contrapposta una valutazione diversa del significato delle trasformazioni sociologiche in atto. Queste propongono, per le strutture in cui si manifestano, una volontà di affermazione di nuova libertà. In tutto il mondo moderno si contrappongono una società che tende ad articolarsi su nuovi interessi e nuovi rapporti e le vecchie strutture autoritarie, burocratiche, accentratrici di derivazione ottocentesca; fin nel nuovo urbanesimo - che richiede una struttura della città a servizio del benessere fisico e psichico e non tale da favorire le forme a tutti note del nuovo pauperismo cittadino, delle nuove malattie sociali che tendono a diventare una gravissima piaga - la nuova società esprime la volontà di autogestirsi, di creare forme speri

mentali e sempre rinnovantisi di controllo dal basso.

Questa società viene scoprendo, e vi si ribella, che la politica, intesa come struttura a sé stante, può diventare essa stessa "nemica della libertà", può creare un diaframma fra la volontà, gli interessi profondi di rinnovamento, e l'espressione, e quindi organizzazione, di quelle stesse volontà. Questa società, in conseguenza, matura nel suo seno una nuova concezione del fare politica, esprime fermenti che si pongono il problema dell'attività pubblica cercando di superare innanzitutto in sé stessi il dissidio tra mondo privato e "fare" pubblico, e già da qualche parte rivendicano a questo modo di espressione della volontà civile il nome di nuovo radicalismo.

Questi fermenti pongono giustamente in luce l'importanza di lotte di liberazione che si incentrino innanzitutto sull'individuo. Ma rifiutano di contrapporsi alle ideologie tradizionalmente marxiste, perché ritengono giustamente che nella società moderna i problemi di libertà dell'individuo sono strettamente connessi a problemi di trasformazione delle strutture e di assoggettamento di queste a più largo controllo democratico, basato sul principio della autonomia. Ed è stato ricordato, in questa sede, il problema della libertà di stampa e più in generale di informazione, come problema che si risolve solo affrontandolo al livello delle strutture.

E' sembrato ad un certo momento in commissione che si potessero delineare due linee di azione per il P.R., per intervenire concretamente sul piano politico su questi o su altri problemi. Da una parte c'è stato chi ha manifestato perplessità per una azione che dicendosi empirista dimenticasse di coordinare le diverse iniziative verso un fine precisamente individuato nella prospettiva. Chi ha manifestato questi dubbi ha anche sollevato il problema dei rapporti con le altre forze politiche della sinistra, in specie quelle socialiste, rivendicando al P.R. nel contesto della lotta unitaria delle sinistre il compito di farsi promotore della lotta, in particolare, dei nuovi ceti. Dall'altra è stato ribadito con forza il carattere sperimentalista del nostro partito che finora, attraverso queste sue azioni, ha dimostrato di saper conseguire (con precisione) obiettivi adatti al concreto rinnovamento della società. E' possibile che questo dibattito, cui comunque si rifiuta il carattere astrattamente culturale e che si

riconosce debba trovare dimensione effettivamente politica, rifletta le difficoltà organizzative del partito nel momento attuale e che possa essere superato allargando e precisando l'iniziativa politica.

Ma d'altra parte è stato fatto rilevare che il confronto tra i due momenti va superato, nella nostra società contemporanea, attraverso l'organizzazione, perseguita certamente con metodi sperimentali, là dove di volta in volta se ne presenti l'opportunità e la possibilità, di strutture di gestione democratica del potere: nella società moderna, alle classi che possiedono e gestiscono il potere si contrappone la ben più vasta classe di coloro che ne sono stati tenuti lontani, nella loro qualità di individui, o di lavoratori, o di consumatori del tempo libero, o di promotori dei propri valori umani, individuali, etici. Il problema del socialismo oggi è dunque il problema della gestione democratica dei centri decisionali.

Noi dobbiamo dunque organizzare il potere dei singoli. In Italia anche la sinistra ha già attuato nel passato forme di organizzazione organiche alla propria esperienza politica. Ma noi dobbiamo rifiutare il modello frontista di organizzazione nel quale al momento della unità è stato costantemente sacrificato il momento della autonomia. UDI, ADESSPI, ecc.

Non ci deve interessare l'organizzazione dei singoli come strumento per la conquista del potere, di questo potere come esso è oggi, ma perché essa sia già in sé un fine; in sostanza l'organizzazione dei singoli è e deve essere, come organizzazione del dissenso, l'organizzazione di strutture di contropotere (Onbudsman, Comitati misti tra cittadini e amministratori per il controllo della polizia, e, in altra misura, Lega delle donne capofamiglia; in prospettiva la Lega dei diritti civili). Il mezzo dunque deve coincidere con il fine.

Due diritti fondamentali in tale prospettiva spettano al cittadino (come di vede sono indicatori di metodo e quindi politiche, che come tali si proiettano verso la costruzione di una società socialista democratica: perché è stato rilevato in commissione che noi guardiamo alla società del benessere con preoccupazione per quanto riguarda le strutture che essa oggi, nelle società capitaliste come in quelle socialiste, mette in atto). I due diritti fondamentali sono quello all'organizzazione del dissenso ovunque - dalla scuola all'Amministrazione pubblica, alle strutture produttive, agli stessi sindacati - e quello all'informazione: siamo contrari al finanziamento dei partiti ma vogliamo che lo stato metta a disposizione di chiunque abbia qualcosa da comunicare adeguati mezzi di trasmissione dell'informazione: dalla RAI-TV a sale pubbliche o ad ogni altro mezzo analogo.

La società cui noi tendiamo è una società laica, antiautoritaria. A partire - e lo ricordo per l'impegno che noi radicali portiamo al problema - dalla scuola dove il rapporto autoritario, la cultura imposta da organismi di tipo ecclesiastico e dal potere burocratico centralizzato ed autoritario deve scomparire, per dare luogo ad una scuola come centro di attività culturale, sociale, politica, sportiva senza prevenzione alcuna verso l'esplicazione di ricchi rapporti umani. In questa scuola deve avere luogo una prima istruzione sui problemi delicati come quelli sessuali, ma noi siamo contrari ad una educazione sessuale, perché oggi in concreto questa significherebbe consegnare al potere clericale un nuovo strumento di condizionamento. (Ricordo qui anche la necessità in generale di abolire ogni forma di legislazione contraria alla propaganda anticoncezionale e ad ogni altra manifestazione della libera vita dei costumi, alla quale deve presiedere solamente la coscienza individuale). In questo senso la commission

e ha ribadito l'opposizione al progetto Reale che - è stato detto - "legalizza l'illegalità" e ampio appoggio al progetto Fortuna.

La società cui noi tendiamo è una società pacifista. Essa deve, attraverso un disarmo unilaterale e graduale giungere all'abolizione degli eserciti. Oggi gli eserciti sono, in concreto, strumenti di oppressione interna ed esterna. Tecniche della battaglia antimilitarista sono la nonviolenza, l'obiezione di coscienza, il servizio civile alternativo, fino al limite della disubbidienza civile (diritti fondamentali uomo, ONU).

Come si vede la commissione ha raggiunto alcune definizioni organiche. In questo quadro si pongono anche esigenze e richieste particolari: da ricordare sono i diritti per le minoranze religiose, degli ex preti, degli invalidi civili le cui organizzazioni sono oggi strumenti antidemocratici legati ad un concetto paternalistico dell'assistenza pubblica; l'abolizione degli artt. 452 e 453, sul vilipendio al Capo dello Stato, un nuovo regolamento militare che fra l'altro elimini l'assurdo per cui coloro che hanno avuto punizioni di rigore devono vedere prorogata la ferma di un corrispondente periodo di tempo in aperta violazione delle libertà costituzionali, la riforma del codice penale e del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.

 
Argomenti correlati:
diritti umani
bologna
concordato
marxismo
scuola
rai
relazione
stampa questo documento invia questa pagina per mail