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Azione Nonviolenta - 31 agosto 1972
Contenuti pratici della marcia

SOMMARIO: Azione Nonviolenta racconta le varie tappe della VI marcia antimilitarista nonviolenta che si è tenuta dal 26 luglio al 4 agosto, con l'adesione di vari movimenti e singole persone, raggiungendo una partecipazione media di circa 130 marciatori. Sottolinea l'accoglienza delle popolazioni e gli ostacoli incontrati (il veto di transitare dinanzi alla base NATO di Aviano).

(AZIONE NONVIOLENTA, luglio/agosto 1972)

La marcia si è svolta dal 26 luglio al 4 agosto - con una manifestazione di apertura a Trieste la sera del 25. Il percorso di circa 150 km, ha toccato le seguenti località di tappa: Trieste - Monfalcone - Gorizia - Cormons - Palmanova - Udine - Codroipo - Casarsa - Pordenone - Aviano. E' stata organizzata dalla Internazionale dei Resistenti alla Guerra (W.R.I., Londra), Movimento Antimilitarista Internazionale (M.A.I., Torino), Movimento Liberazione della Donna (Roma), Movimento Nonviolento (Perugia), Partito Radicale (Roma). Vi hanno aderito movimenti vari, tra cui il Movimento Cristiano per la Pace, Lotta Continua, Federazione Anarchica Italiana, Movimento Politico dei Lavoratori, e gruppi locali di diverse città. Molte le adesioni individuali, citiamo quelle di Giorgio Benvenuto, segretario nazionale della U.I.L.M., e altri sindacalisti; dei senatori Umberto Terracini e Adelio Albarello; degli on. Loris Fortuna, Franco Castiglione, Luigi Bertoldi, Riccardo Lombardi, Stefano Servadei, Guerrini e Ballardini

; dagli avv. Sandro Canestrini, Mauro Mellini, Umberto De Luca, Vincenzo Todesco; di assessori e consiglieri regionali e comunali; di alcuni preti cattolici e di evangelici (padre Ernesto Balducci ha inviato una lettera che pubblichiamo a parte tra i documenti della marcia, l'abate Giovanni Franzoni vi è anche intervenuto un giorno); di Emilio Lussu e della figlia di Cesare Battisti, Livia, che ha inviato una lettera in cui sottolinea la necessità di commemorazioni democratiche e antimilitariste dei caduti della prima guerra mondiale sottraendole e contrapponendole alle speculazioni fasciste e patriottarde).

La partecipazione è stata in media di circa 130 marciatori (più che doppia rispetto alle precedenti edizioni della marcia Milano-Vicenza). Provenivano dalle più diverse città italiane, ed erano appartenenti ai movimenti e gruppi succitati, o persone isolate; vi era inoltre un gruppo di hippies, ed alcuni pacifisti esteri: dalla Svizzera, dalla Francia, dagli Stati Uniti, tra cui Igal Roodenko presidente della sezione americana dell'Internazionale dei Resistenti alla Guerra.

Ad ogni tappa sono stati tenuti comizi-dibattiti serali sui temi generali della marcia - con introduzioni e interventi dei più diversi marciatori - oppure su temi particolari: "Credenti e noncredenti dinanzi al diritto-dovere all'obiezione di coscienza" (con la partecipazione dell'abate Giovanni Franzoni), "Eserciti tradizionali, popolari, di guerriglia, e alternative di liberazione: controviolenza e nonviolenza rivoluzionarie", con interventi anche di esponenti della sinistra extra-parlamentare; "Le servitù militari nel Friuli-Venezia Giulia" (relazione di Roberto Iacovissi).

A Redipuglia i marciatori hanno sostato per circa due ore, in commemorazione dei caduti della prima guerra mondiale. Sono stati distribuiti a mano oltre centomila volantini di due tipi: uno comune e generale della marcia, un secondo del movimento Nonviolento; ed inoltre un volantino in inglese per le truppe americane di stanza ad Aviano.

L'accoglienza delle popolazioni è stata attenta, civilissima, cordiale. "In nessuna città d'Italia, in nessuna occasione, in nessuna delle marce precedenti il numero delle persone che rifiutavano o strappavano i volantini antimilitaristi e pacifisti è stato così esiguo". A Udine - in una città spopolata per le ferie, nel pomeriggio di una domenica, il 31 luglio - la sala Aiace dove si teneva il dibattito sull'obiezione di coscienza con l'abate Franzoni, era colma, con più di cinquecento persone, ed altre centinaia di persone sostavano nell'adiacente piazza della Libertà. A Palmanova si sono raccolte attorno ai marciatori nel dibattito serale un migliaio di persone, metà delle quali militari. Sempre i soldati sono stati ammoniti, e variamente condizionati, dai comandanti dall'avere contatti con i marciatori (sono anche avvenuti incidenti e fermi, di soldati che resistevano a queste intimazioni). Proprio per questo tuttavia in tutta la regione decine di migliaia di soldati sono stati informati su di noi: non v

'è stata caserma in cui non si siano prese iniziative ufficiali in riferimento alla marcia (spettacoli gratis e film all'aperto per stornarne i soldati, discorsi e intimidazioni, indagini e ritorsioni, intensificazione dei servizi di vigilanza, perfino riduzione delle licenze!). E non soltanto nelle caserme della regione: un militare appartenente al corso Allievi sottufficiali di Spoleto ci ha riferito che pure lì il comando della caserma ha parlato e preso misure di allarme nei riguardi della marcia! In una lettera di un soldato di stanza a Trieste, è detto che in tutte le caserme della città fin dai giorni precedenti alla marcia non si è fatto che discutere dell'avvenimento e dei suoi temi, e poi molti soldati avevano i volantini della marcia che "sono stati attaccati dovunque in caserma, persino sulla scrivania del colonnello comandante".

Questa marcia ha anche registrato, a differenza delle precedenti, un sensibile interesse giornalistico pure a livello nazionale (in passato era o il muro del silenzio, o appena un qualche annuncio, o gli articoli velenosi). I giornali della regione hanno dato quotidianamente grande rilievo alla marcia, con resoconti e servizi anche fotografici, e perfino un tono di formale obiettività. Il giornale delle minoranze slovene "Provoski" ha sostenuto la marcia con servizi quotidiani e con interventi di pieno appoggio. Anche la Radio in tutti i suoi bollettini della regione ha fornito rilevanti notizie sull'iniziativa.

Nei consigli comunali delle località attraversate dalla marcia, e in particolare a Gorizia e a Udine, si sono avuti a causa di essa dei dibattiti accesissimi, culminati con l'assoluto isolamento dei consiglieri della "destra nazionale".

Sostanzioso e utilissimo è stato l'aiuto di forze locali - specie del P.S.I. - che ha permesso ai marciatori di risolvere problemi organizzativi e logistici di vitale importanza. Così abbiamo ad es. potuto risolvere senza gravi inconvenienti il problema dell'alloggio fino a 150 persone, dormendo talora - sempre nei sacchi a pelo - presso stadi sportivi comunali, e anche in una scuola. Nel paese di Casarsa in cui ci venne all'ultimo momento a mancare l'alloggio che ci si attendeva, una persona che prima non conoscevamo ci mise all'istante a disposizione una sua vecchia fattoria disabitata. Qualcuno ha anche aiutato finanziariamente; ad es. la CISL di Pordenone ha offerto 50.000 lire.

Grande assente per ogni verso è stato il P.C.I. al livello di vertice. Ma l'ostilità o l'estraneità dell'apparato non è stata condivisa da molti compagni di base della zona, che hanno seguito e partecipato con vivo interesse e solidarietà ai temi e momenti della marcia.

Non ci è stato consentito, nell'ultima tappa, di transitare dinanzi alla base NATO di Aviano. Il questore di Pordenone, che prima dell'inizio dell'effettuazione della tappa ci era venuto ad offrire spontaneamente la revoca di suoi altri divieti su cui si era mostrato chiuso nel corso di nostri precedenti contatti, sul punto della base NATO non poteva che essere irremovibile (senza il minimo argomento che potesse fornire un'ombra di giustificazione a quel divieto, non sapeva che dirci: fatemi avere una revoca dal prefetto): gli ordini venivano da lontano, ed erano senza appello. Il corteo dei marciatori fu quindi bloccato, dopo alcuni chilometri da Pordenone, ad un bivio su cui si innestava la strada diretta per Aviano lungo la quale era situata la base. La proposta della polizia di raggiungere il paese di Aviano per una strada sussidiaria che evitava la base, venne respinta, e i marciatori hanno sostato pacificamente per oltre dieci ore, fin verso le undici di sera, dinanzi al blocco. Le forze di polizia, un

a volta garantito che il blocco non venisse forzato, erano animate dalle più benevole intenzioni nei nostri confronti, desiderose di concludere quell'intrigosa marcia e quella giornata nel migliore dei modi. Noi pure abbiamo ravvisato la convenienza, politica, di non esporre la marcia ad una conclusione di scontro, e si è quindi soprasseduto all'idea di replicare all'immotivato divieto contrastando il blocco con una qualche azione diretta. Non valeva impegnare la marcia - che aveva ormai raggiunto ogni più insperato successo, e si era guadagnata un notevole patrimonio di credito - con un'ultima iniziativa di dura portata e di esito incerto e forse pregiudizievole (il nostro costante criterio era stato quello di muoverci cercando il minimo disagio possibile alla popolazione, e consentendo alla polizia soluzioni alternative ragionevoli e possibili: una nostra iniziativa di scontro volta ad affermare la nostra decisione di superare il blocco, pur attuata in forme passive e pacifiche, avrebbe creato sia un enorm

e ingorgo stradale, sia posto la polizia in un dilemma senza scelta: data l'impossibilità - o l'incapacità - di non ottemperare all'ordine superiore di mantenimento del blocco, l'avremmo forzata a quelle misure di asprezza e di violenza nei nostri confronti dalle quali voleva assolutamente, anche per sincere ragioni di simpatia personale, rifuggire). Abbiamo trascorso così quelle ore d'una mezza giornata in un intreccio di conversazioni e scambi conviviali (al bivio c'era un ampio ristorante con uno spazioso giardino) con i più diversi funzionari di PS e ufficiali dei carabinieri, a dialogare con tutti gli agenti e carabinieri (erano centinaia) di servizio al blocco, a fare assemblee dei marciatori di lezione politica e giuridica (ad es. leggendo e commentando, con un'uditorio attentissimo dei poliziotti e di passanti, le prescrizioni e istruzioni riguardanti le manifestazioni pubbliche e il comportamento dei dimostranti, i diritti e doveri loro e le prerogative della polizia e della magistratura), a spiegar

e di tanto in tanto alla gente di passaggio che si assiepava attorno al blocco le ragioni della nostra presenza e gli aspetti di quella situazione, a improvvisare azioni di vivacizzazione della nostra posizione e di rivendicazione dei nostri diritti lesi dal blocco (ad es. ad un certo momento ci siamo sciolti, e abbiamo formato singole coppie che senza cartelli, distanziate e a intervalli s appressavano al blocco chiedendo da semplici cittadini-turisti di poter passare - come stava avvenendo per altri cittadini - lungo la strada diretta per Aviano. La richiesta non veniva certamente accolta, ma così avevamo modo di evidenziare ulteriormente l'arbitrio.

Mentre il blocco continuava, una parte dei marciatori ha raggiunto Aviano per la strada sussidiaria ed ha dato vita al consueto comizio-dibattito nell'ora preventivamente annunciata. E s'è constatato che il divieto di transitare dinanzi alla base ci aveva peraltro favorito perché aveva stimolato l'interesse dei soldati americani alla nostra presenza. Diversi di essi erano presenti al dibattito nella piazza di Aviano. L'amico Igal Roodenko della sezione americana della W.R.I., che partecipava alla marcia, è stato poi invitato da un gruppo di soldati americani non soltanto a cenare con loro ma a passare insieme la notte dormendo nei loro alloggiamenti.

Conclusa la marcia il 4 agosto, il giorno successivo una settantina di marciatori si è trasferita a Peschiera del Garda per dimostrare a favore degli obiettori di coscienza detenuti in quel carcere militare, tenendo anche una veglia notturna di fronte al carcere. Molte altre decine di antimilitaristi e pacifisti vi erano confluiti. Centinaia di agenti di P.S. e di carabinieri sono stati mobilitati per bloccare gli accessi all'area del carcere che ci era stata vietata. La sera abbiamo effettuato un corteo nel paese e svolto un comizio-dibattito; poi abbiamo trascorso la notte a dialogare intensamente con poliziotti e carabinieri sui posti di blocco.

 
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