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Notizie Radicali - 24 gennaio 1973
APPELLO DEL PARTITO RADICALE PER INIZIATIVE UNITARIE DI RIFIUTO E CONTESTAZIONE DELLA FESTIVITA' CIVILE DELL'11 FEBBRAIO, PER MANIFESTAZIONI IN DIFESA DELLA LEGGE SUL DIVORZIO E CONTRO IL REFERENDUM, E PER IL RILANCIO DELLA BATTAGLIA PER LA ABROGAZIONE DEL CONCORDATO.

SOMMARIO: Il PR insieme con i movimenti laici e libertari promuove la campagna per il rifiuto e la contestazione della festività civile dell'11 febbraio con la quale si impongono alla società civile le celebrazioni per la stipula dei patti lateranensi. La campagna che il PR porta avanti da anni in questo senso con l'Associazione per la libertà religiosa in Italia, trova la sua ragione nel quadro della lotta contro il Concordato e per la sua abrogazione e assume quest'anno un significato nuovo in relazione alla sorte della legge Fortuna che ha introdotto il divorzio. Sappiamo che la battaglia per la difesa della legge Fortuna, quella per la vittoria del referendum e quella per l'abolizione del Concordato si saldano in un grande fronte per la conquista dei diritti civili e per la creazione di un sistema alternativo al regime clericale che, posto in questi termini, è osteggiato dai partiti laici. Noi promuoviamo una mobilitazione di tutte le masse sociali per rivendicare una maggiore coscienza civile e combatte

re il potere delle strutture e delle forze clericali.

(NOTIZIE RADICALI N. 144, 24 GENNAIO 1972)

Il Partito Radicale, in unità di obbiettivi con l'Associazione per la Libertà Religiosa in Italia, la Lega Italiana per il divorzio e il Movimento di Liberazione della Donna, e raccogliendo l'indicazione e le esigenze delle forze laiche e libertarie per i diritti civili, promuove anche questo anno la campagna per il rifiuto e la contestazione della festività civile dell'11 febbraio.

Il Partito Radicale rivolge un appello perché nelle scuole, nelle fabbriche, negli uffici e sui luoghi di lavoro cittadini laici e democratici, studenti, masse lavoratrici, manifestino pubblicamente con iniziative unitarie, come negli anni passati, una ferma opposizione alla festività con la quale si impongono alla società civile e allo stato celebrazioni intese a solennizzare la stipula di quei Patti Lateranensi, di quel Concordato, attraverso i quali l'autoritarismo fascista rafforzò, nell'alleanza con il Vaticano e le Gerarchie della chiesa cattolica, la sua vittoria antipopolare e anti socialista.

Da ventitré anni, e ventisette dopo la caduta del fascismo, queste celebrazioni rappresentano una intollerabile sfida alle migliori tensioni ed aspirazioni del paese: nella scuola come in Parlamento e nelle istituzioni, l'11 febbraio è un'occasione costante per ribadire valori che si pretende di contrapporre a quelli di una laicità rigorosa e di una fede religiosa autentica. Né la classe dirigente dei partiti che possono non chiamarsi laici ma che in realtà, in tutte le loro componenti, da venticinque anni oppongono un reciso rifiuto ad una lotta alternativa al regime clericale, ha trovato fino ad oggi il coraggio di denunciare questa prevaricazione. Quel che è più grave, questa classe dirigente si appresta anzi, proprio quest'anno, a rinsaldarla. I partiti cosiddetti laici hanno infatti sottoposto al Parlamento, essi stessi, un progetto di legge-truffa per lo snaturamento dell'unica conquista laica che le masse popolari abbiano conquistato ed imposto in questi venticinque anni, il divorzio, e dichiarato ino

ltre di giungere comecchessia ad una revisione del concordato che non potrà non rappresentare una conferma dei patti del 1929 tra Chiesa e Stato Fascista.

La campagna che da anni l'Associazione per la libertà Religiosa in Italia e il Partito Radicale promuovono per la contestazione dell'11 febbraio trova la sua profonda ragione civile e politica nel quadro della lotta contro il Concordato e per la sua abrogazione.

Di anno in anno, l'impegno su questo obbiettivo ha visto crescere adesioni e partecipazione: libertari e radicali, credenti e democratici militanti nei partiti di sinistra hanno dato vita, nelle scuole sopratutto, ad iniziative vigorose e sempre significative, che hanno conquistato anche l'informazione, costringendola ha prendere atto, e costretto le forze clericali a fronteggiare l'estendersi di un rifiuto che ha saputo ritrovare, contro opposizioni e snaturamenti, motivazioni profonde radicate nella coscienza popolare.

Quest'anno, l'obbiettivo anticoncordatario deve divenire prioritario. Scadenze eccezionali si prestano infatti alla lotta laica e anticlericale, a quella lotta che la società italiana deve inevitabilmente e improrogabilmente affrontare e vincere per raggiungere nuovi equilibri, più avanzati sopratutto perché davvero socialisti e libertari. Quest'anno infatti, verrà, o confermata nelle istituzioni, come nella coscienza popolare, o, abrogata, stravolta e snaturata la legge Fortuna-Basilini-Jotti-Basso che ha introdotto il divorzio in Italia. Un fronte unito dei "no" deve unire subito credenti e non credenti, per impedire che ignobili patteggiamenti di vertice, oscure manovre attuate in flagrante e necessaria violazione di ogni diritto civile e alle spalle del parlamento riescano ad imporre il passaggio delle legge-truffa Carettoni-Bozzi, e per aprire un grande fronte popolare che garantisca la vittoria nel referendum.

I partiti cosiddetti laici, dentro e fuori del centrosinistra, hanno apertamente dichiarato il loro rifiuto ad una lotta di intransigente alternativa al regime clericale. Oggi essi si apprestano a cedere nella battaglia del referendum, consentendo che venga restituito ai clericali il monopolio sul matrimonio o vanificato il diritto della società civile alla conquista di nuovi rapporti famigliari, più umani e coscienti.

Ma i cedimenti dei vertici e delle burocrazie di partito non sono condivise dalle masse popolari e dalle stesse basi socialiste, comuniste e democratiche. I credenti e non-credenti che votano per questi partiti hanno infatti dimostrato più volte di essere pienamente favorevoli al divorzio ed alle ragioni della lotta anticlericale. La maggioranza dei cattolici, anche praticanti, esprime ogni giorno più inequivocabilmente la sua volontà di mantenere la legge Fortuna e di sconfiggere i promotori del referendum.

Una nuova consapevolezza del significato popolare e rivoluzionario della legge si è fatta finalmente strada anche presso le forze ed i militanti extraparlamentari e di nuova sinistra. Essi hanno compreso che sul referendum si misura, nel concreto della lotta politica del nostro paese, l'impegno della sinistra italiana verso un grande balzo in avanti, che modifichi sostanzialmente i rapporti tra le forze democratiche e le forze reazionarie. Se molte sono ancora le incomprensioni tra queste componenti che pure innovano nelle aspirazioni e nella prassi della sinistra italiana, se ad esempio equivoca e pericolosa è la recente proposta di "intellettuali cattolici" per una astensione popolare nella campagna per il referendum - in quanto tale decisione favorirebbe esclusivamente le forze clericali - occorre aprire un chiaro dibattito perché ogni equivoco sia fugato, ogni errore sia combattuto, e sia chiaro a tutti quale debba essere la sola risposta al referendum: "NO".

Dietro la battaglia del referendum si profila, ancor più grave e pericoloso, l'accordo tra le forze della sinistra tradizionale e la Chiesa per il rinnovo del Concordato. E' la strategia della chiesa cattolica di questi ultimi anni, di rafforzare il proprio potere in senso anticonciliare, attraverso il rafforzamento di questo strumento diplomatico imposto, al di sopra delle coscienze, in particolare a quei credenti che invece lottano per acquisire a se stessi e alla società un aperto diritto alla libertà di coscienza, a partire dalla stessa comunità di fede. Dello strumento concordatario in Polonia, in Cecoslovacchia, non meno che nella Spagna franchista, la Chiesa si serve per patteggiare la passività e la rinuncia alla lotta e all'impegno democratico delle masse dei credenti, che essa controlla e segrega dalle organizzazioni di massa, operaie e democratiche.

Sempre più chiaramente, la cronaca e le vicende politiche di questi anni dimostrano che la battaglia in difesa della legge Fortuna, quella per la vittoria nel referendum, quella per l'abolizione del Concordato si saldano in un grande fronte per la conquista dei diritti civili sui quali edificare l'avanzata socialista e libertaria.

Gli scandali che hanno travolto l'ONMI e l'intera assistenza dell'organizzazione clericale hanno reso evidente - anche se, ancora una volta le dirigenze politiche e sindacali della sinistra italiana hanno mostrato di non accorgersi e lo hanno anzi in malafede negato - che non è possibile istituire in Italia un democratico sistema di sicurezza sociale se non si liquida, espropriandolo e riconsegnandolo alla società e alle forze democratiche e alle loro istituzioni civili, l'immenso patrimonio assistenziale sottratto alla collettività ai fini di potere e di lucro, se non si smantellano le strutture corporative che di pubblico hanno solo il nome, se non si pone fine dilapidazione del patrimonio costituito dalle sovvenzioni, se sopratutto non si restituisce al dibattito della cultura, alle esigenze vive della società e del progresso l'essenziale tema della sicurezza sociale, come diritto inalienabile di ogni cittadino.

Le stesse vicende della scuola Italiana, mortificata - dalla scuola materna e gli asili nido fino all'università - da un regime che sgoverna e odia la cultura moderna in nome dell'oscurantismo pregalileiano, mostrano che progressi sostanziali di libertà possono essere qui conseguiti solo con una radicale alternativa di governo ai suoi vertici e nelle sue più delicate strutture. Anche le lotte condotte nel settore delle forze extraparlamentari trovano in questa richiesta un momento di passaggio necessario, che questo sforzo devono prioritariamente avanzare e fare propria, perché della crescita e dell'avanzamento dei livelli di lotta possano anche qui maturare le condizioni di rivendicazioni che coinvolgono le masse studentesche come parte attiva, resa più cosciente e non mortificata nell'avvilimento di una condizione assurda di rifiuto del dialogo con quel patrimonio di cultura, democratica e rivoluzionaria, che ha progressivamente smantellato le vecchie scuole e società pre-illuministe.

Più recenti battaglie che hanno trovato qualche nitido consenso anche nell'arco dei partiti della sinistra tradizionale e acceso per la prima volta un dibattito delle forze nuove della sinistra, sulla legalizzazione dell'aborto e sulla liberalizzazione degli anticoncezionali incontrano anch'esse un ostacolo insormontabile nella resistenza opposta dalla gerarchia a qualunque presa di coscienza di massa intorno ai problemi costituiti dalla realtà dell'aborto di classe - questo sia legalizzato e generalizzato dalla prassi vigente - e delle nuove condizioni in cui si pone, anche nel nostro paese, il problema della maternità consapevole e responsabile.

Più generalmente, non vi è oggi, in Italia, confronto e lotta della classe operaia e delle masse democratiche che non incontri come suo avversario diretto e primo il potere delle strutture e delle forze clericali. Essere anticlericali non è quindi un impegno superficiale o una risposta inadeguata alla situazione Italiana: essere anticlericali significa voler davvero condurre una lotta in profondità che porti ad un rinnovamento delle volontà, degli obbiettivi, delle prospettive della sinistra ed in primo luogo dei militanti credenti e non credenti, nel loro sforzo di inveramento della propria condizioni civile e morale nel contesto della società e dei problemi del paese.

E' per questo che il partito radicale, il movimento laico e libertario un tutte le sue articolazioni rivolgono questo appello perché la data dell'11 febbraio divenga urgente occasione di mobilitazione, di presenza, di lotta che chiami a raccolta ogni forza disponibile per le difficili battaglie dei quest'anno decisivo.

 
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