Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
ven 22 nov. 2024
[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Archivio Partito radicale
Teodori Massimo, Ignazi Piero, Panebianco Angelo - 1 ottobre 1977
I NUOVI RADICALI: (6) Per una rivoluzione democratica
di Massimo Teodori, Piero Ignazi, Angelo Panebianco

SOMMARIO: L'interpretazione storica del Partito Radicale fondata sulla ricostruzione delle diverse fasi della vicenda radicale dal 1955 al 1977.

INDICE GENERALE

"Premessa degli autori"

Parte prima

STORIA DEL PARTITO RADICALE

I Dai Vecchi ai nuovi radicali

1 Il primo Partito Radicale (1955-1962)

2 Il centro-sinistra e l'ottimismo tecnocratico del benessere

3 Le nuove opposizioni in Europa

4 L'eredità del movimento goliardico

5 La sinistra radicale

"Note"

II La solitudine di una minoranza

1 La faticosa ripresa del nuovo gruppo

2 L'»Agenzia Radicale e le sue battaglie: Eni, assistenza, scuola

3 Unità e autonomia: si configura il conflitto con la vecchia sinistra

4 I radicali di fronte alle proposte di unificazione della sinistra

5 L'isolamento di una cultura politica diversa. Verso il congresso di rifondazione (1964-1967)

"Note"

III La campagna per il divorzio

1 La nascita e lo sviluppo del movimento divorzista con la Lid

2 Il movimento popolare e l'azione di pressione sul parlamento

3 Dal divorzio al referendum

4 I radicali nel movimento divorzista: significato politico generale

"Note"

IV Un partito alla ricerca di se stesso. Dal congresso di rifondazione (1967) a quello di rilancio (1972)

1 Attraverso il sessantotto

2 Le nuove iniziative: giustizia, sessualità, Concordato, liberazione della donna

3 Con antimilitarismo e obiezione di coscienza una caratterizzata presenza militante

4 I radicali e il sistema politico dalle elezioni del '68 a quelle del '72

5 Le difficoltà del partito verso il Congresso di rilancio (Torino 1972)

"Note"

V Con i diritti civili l'opposizione al regime

1 Dopo il rilancio, si moltiplicano le iniziative con un partito assai fragile

2 Gli otto referendum e il referendum sul divorzio

3 L'estate calda del 1974: la battaglia per l'informazione porta Pannella in Tv

4 I radicali di fronte alla »questione socialista

"Note"

VI Per una rivoluzione democratica

1 Azione diretta e azione popolare per l'aborto

2 Ancora sui diritti civili prende forma il partito federale. La carta delle libertà

3 Con le elezioni del 20 giugno 1976, i radicali in Parlamento

"Note"

VII Nel paese e nel Parlamento

1 Una minoranza in Parlamento

2 Il progetto referendario come progetto alternativo

3 Il conflitto tra comunisti e radicali

4 I motivi di vent'anni di storia radicale

"Note"

Parte seconda

ELETTORATO, MILITANTI, MOVIMENTO: UNA INTERPRETAZIONE SOCIOLOGICA

I I militanti radicali: composizione sociale e atteggiamenti politici

1 Premessa

2 La composizione sociale

3 I radicali e il Partito

4 Atteggiamenti politici generali

5 Il profilo socio-politico

6 Conclusioni

"Note"

II Il voto radicale nelle elezioni del 20 giugno 1976

1 Le caratteristiche generali del voto

2 Un consenso elettorale urbano

3 Un voto d'opinione

4 Le preferenze: la concentrazione su Pannella

5 Analisi di un caso: la Toscana

6 Considerazioni conclusive

"Note"

III Dalla società corporativa ai movimenti collettivi: natura e ruolo del Partito Radicale

1 Partito politico, gruppo di pressione, movimento: l'atipicità del Pr

2 Norme, strutture, carisma: le contraddizioni

3 Aggregazioni degli interessi, controllo sociale e movimenti spontanei

4 Sistema politico e società corporativa

5 Dalla contrattazione al conflitto

"Note"

APPENDICI

I Statuto del Partito Radicale

II Gli organi centrali del Pr

III Cronistoria delle principali vicende dei movimenti federati e delle leghe

IV Fonti e orientamento bibliografico

("I NUOVI RADICALI", Storia e sociologia di un movimento politico - Massimo Teodori, Piero Ignazi, Angelo Panebianco - Arnoldo Mondadori Editore, ottobre 1977)

-------

VI PER UNA RIVOLUZIONE DEMOCRATICA

1. "Azione diretta e azione popolare per l'aborto"

L'aborto diveniva nel 1973-1974 un tema centrale di azione e di battaglia per i radicali. Diversamente che per il divorzio, sul nuovo tema si andava sviluppando spontaneamente un movimento di lotta come parte del nuovo movimento femminista. Per il divorzio, nel 1966, era stato costituito un movimento-organizzazione ad hoc con al centro il nucleo radicale che aveva promosso la pressione popolare a sostegno e stimolo di quella parlamentare. Per l'aborto, invece, stante la riconosciuta diffusione del fenomeno (da uno a due milioni di casi illegali l'anno, secondo le diverse stime), la questione assumeva il drammatico carattere di »questione sociale di massa riguardante le donne, e su di esso pertanto affondava le radici l'intero movimento femminista, pur articolato e diviso in diversi atteggiamenti.

Le femministe intorno al Partito Radicale, con l'Mld, rappresentavano solo una parte del più ampio movimento a carattere spontaneo e collettivo; e i radicali, a loro volta, dovevano agire tenendo conto del rapporto diretto con l'Mld e indiretto con l'intero schieramento femminile e femminista. E era appunto in questo quadro, di cui azioni, avvenimenti e processi rappresentavano i dati oggettivi esterni ai radicali, che l'Mld prima il Cisa poi, insieme al Pr, promossero sia l'azione popolare che quella diretta di disobbedienza civile in favore dell'»aborto libero, gratuito e autogestito . Quell'obiettivo costituiva la forma più chiara e più chiaramente percepita tra le istanze del nuovo femminismo; e, come tale, era oggetto della specifica azione radicale, tesa, in generale, ad organizzare lo sbocco istituzionale a domande individuali o collettive provenienti dalla società civile.

La presentazione della legge Fortuna nel febbraio 1973 aveva aperto la lunga vicenda di pressione del paese sul Parlamento. Le denunce e i processi che venivano periodicamente istruiti a carico di donne che avevano abortito, fungevano da spia della crescente tensione che la situazione illegale di massa presentava ai legislatori. Tale il processo alla minorenne Gigliola Pietrobon tenutosi a Padova nel giugno 1973, trasformato dalle femministe in un processo delle donne alla legislazione repressiva, e tale il caso delle 263 donne denunciate in massa a Trento nel dicembre 1973.

Nell'autunno dello stesso anno furono l'espansione del movimento femminista, la drammaticità dei casi che di tanto in tanto venivano in superficie, e le notizie che provenivano dall'estero (nuove leggi in Francia e negli Stati Uniti, mobilitazioni e autodenunce in Germania), che provocavano l'apertura di una campagna per la discussione in parlamento del disegno di legge. E i radicali si trovavano alla sua testa: »Liberazione pubblicava in settembre un elenco di autodenunce, (1) e l'Mld scendeva in piazza davanti al parlamento per sollecitare la messa all'ordine del giorno del problema.

Ma contro la liberalizzazione dell'aborto si opponevano le resistenze, dette o sottintese, dell'intero arco delle forze politiche, e tra esse in particolare la presa di posizione assunta dalla rappresentante del Pci che per l'occasione dichiarava: »le posizioni, le giustificazioni poste alla base... della liberalizzazione dell'aborto... finiscono per riproporre, aggravandole, soluzioni che non hanno a che vedere con i diritti umani delle persone, con la tutela della salute della donna, della coppia, della prole... . (2) Sul piano legislativo non si facevano tuttavia passi avanti, malgrado che nel paese si intensificasse l'azione delle femministe che scendevano ripetutamente in piazza, e l'informazione nella stampa proponesse con sempre maggiore forza il tema dell'aborto alla attenzione generale.

Ancora nel giugno 1974, dopo il referendum sul divorzio con la carica di implicazioni che esso comportava, i radicali, di fronte all'inerzia parlamentare, riproponevano l'abrogazione degli articoli del codice penale tra i cinque referendum da richiedere; e, contemporaneamente, con un'azione diretta di sollecitazione, una ventina di appartenenti all'Mld digiunavano durante la »calda estate '74 non »per pretendere tutto e subito con l'approvazione dell'aborto , ma per provocarne la discussione in parlamento, (3) sostenute a loro volta da una petizione popolare di 13.000 firme raccolte in Piazza Navona a Roma in sole due settimane. L'aumento di interesse anche per uno specifico mutamento legislativo era segnalato da un'indagine demoscopica, la quale, nel luglio dello stesso anno, indicava che i due terzi degli italiani erano in favore di una urgente discussione in parlamento e che il 59% delle donne consideravano la questione come un fatto riguardante la propria coscienza e non già lo Stato o la chiesa. (4)

Una decisa accelerazione alla campagna per l'aborto fu dovuta ancora una volta all'organizzata trasgressione della legge ritenuta ingiusta e dalla sua assunzione in sede politica da parte radicale come elemento di necessaria disobbedienza civile. Il 9 gennaio 1975, su segnalazione di organi e su denuncia di personaggi di destra, veniva scoperta a Firenze una clinica per aborti organizzata dal "Centro Italiano Sterilizzazione e Aborto" (Cisa) e arrestato il medico Giorgio Conciani che l'aveva organizzata. Alcuni giorni dopo era tratto in arresto a Roma Gianfranco Spadaccia, segretario nazionale del Partito Radicale, le cui dichiarazioni avevano rivendicato all'intero partito le responsabilità dell'iniziativa: »Fin d'ora assumiamo le nostre responsabilità politiche e militanti. Le assumiamo come Cisa che è federato al partito Radicale. Le assumiamo come Partito Radicale che appoggia e sostiene l'attività del Cisa. Come segretario nazionale del partito sono a disposizione del magistrato di Firenze, e, se lo rit

errà, dei suoi carabinieri e agenti; come lo è l'intera segreteria e direzione nazionale del partito . (5)

Adele Faccio, che aveva fondato a Milano il Cisa nel settembre 1973 e organizzato materialmente la sua attività, si consegnava alla polizia il 25 gennaio sul palco del teatro Adriano di Roma nel corso di una grande manifestazione appositamente organizzata; Emma Bonino, che era subentrata come responsabile dell'attività Cisa a Milano dopo l'arresto della Faccio, e contro cui era stato successivamente spiccato un mandato di cattura, si consegnava dopo alcuni mesi al momento di votare, il 5 giugno, a Bra, sua città natale, e veniva poi subito scarcerata. Marco Pannella rivendicava anch'esso la responsabilità del Cisa ed era colpito da mandato di comparizione, insieme ai militanti radicali fiorentini Giulia Montanelli, Andrea Ricci e Vincenzo Donvito.

Il Cisa era sorto autonomamente ad opera di alcune persone che operavano con l'Aied (oltre alla Faccio, Guido Tassinari) nel settembre 1973, e si era subito appoggiato materialmente alla sede radicale di Milano. In un secondo momento, al congresso radicale del novembre 1974, la Faccio, che animava e organizzava l'attività del centro, aveva chiesto e ottenuto il collegamento federativo con il partito, sancito anche nella mozione operativa conclusiva: »La lotta per la depenalizzazione, la liberalizzazione dell'aborto e la libera determinazione della propria vita e del proprio corpo da parte delle donne diceva la risoluzione »sarà perseguita sia con la proposizione del referendum, sia con la pressione sul parlamento, sia con la campagna delle autodenunce, sia anche dando il proprio impegno militante, politico, legale e di stampa a tutte le vittime delle attuali leggi e a tutte quelle organizzazioni e persone che pubblicamente, come fa il Cisa, prestano la loro assistenza alle donne che debbono affrontare il dr

amma dell'aborto clandestino illegale . (6)

E' dunque con l'assunzione della responsabilità politica di un'attività completamente separata dal Pr e di cui i dirigenti avevano avuto conoscenza solo da pochi mesi, che all'inizio del 1975 un lavoro di assistenza alle donne acquistava il rilievo di organizzata disobbedienza civile, del quale si faceva carico un intero partito attraverso i suoi dirigenti. Si saldavano così, per i radicali, i due aspetti che da tempo contraddistinguevano il metodo del loro intervento: da un lato l'azione di mobilitazione popolare per trasformazioni legislative proposte direttamente o in sostegno di proposte altrui, e dall'altro l'azione diretta, appoggiata, se necessario, da atti di aperta trasgressione di leggi ritenute ingiuste al fine di provocarne la rapida messa in mora.

Certamente avrebbe avuto un peso un ulteriore processo per una clinica clandestina, parte di una rete che aveva organizzato, dichiarandolo, circa seimila aborti in Italia a cui se ne aggiungevano un migliaio effettuati da italiane in Inghilterra; ma un peso ben diverso assunse la messa sotto accusa di dirigenti politici che apertamente rivendicavano la ragione dell'illegalità. Infatti l'arresto del segretario del Pr ebbe l'effetto di allargare la pubblica consapevolezza della »questione aborto , e di creare su di essa un fronte sempre più politico: »Per la prima volta dal 1946 dichiarava la segreteria del Pr »viene arrestato il segretario di un partito per la sua attività nell'esercizio di un'iniziativa politica intesa a promuovere l'attività legislativa e in attuazione di precisi deliberati di un congresso nazionale... . (7)

Alle incriminazioni e agli arresti si aggiungevano poi nuove autodenunce per procurato aborto, oltre a quelle già raccolte da tempo. Al termine di un mese di iniziative, il 20 febbraio ne venivano presentate alla Procura della Corte di Cassazione alcune migliaia da parte di una delegazione del Pr e dell'Mld; inoltre alcune centinaia di medici firmavano una dichiarazione in favore dell'immediata depenalizzazione dell'aborto, (8) e la rendevano pubblica in occasione della Conferenza nazionale sull'aborto, organizzata il 24 e 25 gennaio a Roma da Pr e Mld; (9) e quest'ultimo proiettava il 12 febbraio, durante una conferenza stampa, un film con un intervento abortivo effettuato con il metodo Karman, per dimostrare che le misure repressive non potevano impedire alle donne di abortire e che le nuove tecniche permettevano anche di rendere inutile l'opera del medico.

Lo scoppio del »caso aborto sortì l'effetto di conquistare all'arma del referendum abrogativo, che era stato nuovamente deliberato dai radicali come impegno per la primavera 1975, il settimanale »L'Espresso . Il rapporto con la stampa, in particolare con i settimanali a larga udienza nei settori laici e progressisti del paese (»L'Espresso e »Panorama e, in minore misura, »Il Mondo ) aveva sempre costituito un punto importante e delicato per i radicali. Essi avevano costantemente esercitato pressione sui settimanali affinché si facessero portavoce di esigenze di diritti e libertà civili emergenti nel paese, e divenissero, con una tempestiva informazione, veicoli amplificatori delle proposte che i radicali animavano e prendevano in diverse aree.

In passato era stata evidente l'importanza di un settimanale come »ABC per la riuscita della campagna sul divorzio. Ed era altrettanto chiaro che i settimanali politici illustrati di massa avevano svolto nel primo quinquennio degli anni settanta un'opera decisiva nell'orientamento dell'opinione pubblica, rafforzandosi a loro volta con l'allargamento dell'area di ascolto, allorché avevano dato spazio, nei servizi e nella linea editoriale, alle domande di modernizzazione, di laicizzazione e di espressione diretta della società civile al di là della politica tradizionale. Fu così che l'accordo tra »L'Espresso e la »Lega XIII maggio di Pannella per realizzare operativamente la raccolta delle firme per il referendum abrogativo delle norme del codice penale riguardanti l'aborto segnò una svolta nella possibilità di successo dell'iniziativa referendaria radicale.

Il 5 febbraio 1975 veniva depositata in Cassazione la richiesta di referendum per l'aborto; alcune settimane dopo anche l'Uil aderiva all'iniziativa e, nel mese di marzo, iniziava la mobilitazione popolare per la costituzione dei comitati locali. La campagna istituzionale si incrociava e si sovrapponeva con quella fondata sulla disobbedienza civile. »L'Espresso metteva ogni settimana una pagina del settimanale a disposizione della »Lega XIII maggio , mentre tra febbraio e aprile, sotto la spinta di tutte queste sollecitazioni, venivano presentati alla Camera disegni di legge da parte di tutti i partiti, compresi il Pci e la Dc. Il 15 aprile iniziava nelle strade la raccolta delle firme da parte dei radicali, con l'appoggio di stampa e finanziario de »L'Espresso , e con l'adesione di molte federazioni socialiste: tre mesi dopo venivano consegnate le circa 750.000 firme raccolte che mettevano in moto il meccanismo costituzionale per indire il referendum nella primavera del 1976.

2. "Ancora sui diritti civili prende forma il partito federale. La carta delle libertà"

Come si è visto, il 1975 è la stagione in cui l'azione per l'aborto occupò, per i radicali, il posto centrale. Ma, accanto ad essa, erano attivi anche gli altri fronti dei diritti civili. In aprile si teneva a Napoli il secondo convegno del Fuori sul tema »Oppressione sessuale e liberazione che spostava l'attenzione degli omosessuali radicali sul più generale tema della liberazione sessuale.

La campagna sulla droga proseguiva con l'elaborazione di una proposta di legge »sull'uso, detenzione e traffico di sostanze stupefacenti da parte del comitato nazionale »droga e libertà , animato da Giancarlo Arnao: proposta presentata a fine di giugno ai membri della Commissione sanità del Senato. Il primo luglio Pannella metteva in atto, fumando hascisc in pubblico, la disobbedienza civile »finalizzata alla programmazione concordata tra le presidenze della Camera e del Senato dei lavori perché entro e non oltre il mese di novembre fosse assicurata la definitiva approvazione di una nuova legge . (10) Subito dopo il Pr si impegnava nella raccolta di 50.000 firme per presentare un progetto di legge di iniziativa popolare; ma nei mesi successivi, sotto il continuo stimolo delle pressioni radicali, era discussa e approvata alla fine dell'anno una nuova legge giudicata insoddisfacente, anche se migliore rispetto a quella in vigore. »Notizie Radicali commentava: »Quella approvata non è una buona legge; non è la

nostra legge. La lotta che abbiamo intrapreso contro l'eroina, contro l'industria della droga, contro l'atteggiamento dello Stato nei confronti dei tossicomani non perciò essere considerata conclusa. Il principio della non punibilità del consumatore è passato. E' passato male, ma è passato. L'inasprimento delle pene per i trafficanti e per gli spacciatori è passato... Sostenere che queste conquiste con tutti i loro limiti non esistano, non creino più avanzate condizioni di lotte... sarebbe stupido . (11)

In primavera le Camere approvavano la legge per la maggiore età e il voto ai diciottenni e il nuovo diritto di famiglia, che erano state oggetto della pressione radicale nell'estate 1974. Senza voler assumere la paternità di quelle leggi, i radicali tuttavia rivendicavano il merito di aver ottenuto »il rispetto della legalità repubblicana, che cioè le promesse fatte su queste riforme fossero mantenute, con il rispetto dei regolamenti parlamentari e inoltre »di avere aperto o riaperto lo scontro su questi temi che si cercavano di chiudere in qualche cassetto . (12)

Sulle questioni militari e antimilitariste e si era aperto un altro fronte con le agitazioni dei sottufficiali e la rivendicazione di un movimento democratico nelle caserme che chiedeva i diritti politici e sindacali dei cittadini in divisa: una situazione che dava forza e nuova legittimità alla proposta radicale di abrogazione dei tribunali e dei codici militari in tempo di pace, sulla cui abrogazione ancora nell'estate 1975 si stavano raccogliendo le firme.

La campagna per le firme sul referendum sull'aborto si concludeva in luglio 1975 con il successo assicurato grazie all'appoggio dell' »Espresso . Il programma radicale per gli altri referendum era stato sospeso nello stesso periodo per rispondere alle richieste politiche di altri gruppi, soprattutto socialisti e extraparlamentari, che non volevano impegnarsi sul pacchetto ma concentrarsi solo su quello dell'aborto ritenuto prioritario. Dopo il successo di questo, il Pr rilanciò la raccolta delle firme per gli altri cinque referendum: il Concordato; i reati sindacali e d'opinione pubblica del codice penale, con l'adesione già deliberata dalla Uil; l'ordinamento giudiziario e il codice penale militari con il sostegno del settimanale »ABC ; e quella della legge »Reale riguardante l'ordine pubblico (13) che era stata precedentemente approvata.

Quella seconda fase della campagna, nelle intenzioni dei radicali, doveva servire a completare la riuscita della mobilitazione popolare per l'aborto e sfruttare anche il successo che le sinistre avevano ottenuto il 15 giugno nelle elezioni regionali. »Per influire sullo spostamento a sinistra indicava un documento della segreteria del Pr »e consentirne l'accelerazione, le forze alternative non possono accontentarsi di esercitare una pressione esterna sulle forze parlamentari, ma devono costruire ed imporre al paese nuovi fronti politici di lotta capaci di coinvolgere tutte le forze politiche. Il confronto va imposto alla Dc su quei nodi di potere sui quali è più debole e su cui può ulteriormente essere messa in crisi la sua politica di alleanze . (14)

Tuttavia, malgrado lo spostamento a sinistra e il clima che si era creato di conseguenza, il raggiungimento del livello di firme necessario non fu raggiunto, giacché era venuto a mancare il sostegno di un importante organo di stampa e non si era per nulla verificata l'attiva mobilitazione dei gruppi extraparlamentari a cui i radicali in particolare avevano rivolto un appello insieme a quello rivolto ai militanti del Psi. Il disimpegno dei gruppi di nuova sinistra marxista, con la sola parziale eccezione di Avanguardia Operaia, fu perciò oggetto di una polemica (15) con cui i radicali tendevano a mettere in luce la contraddizione tra le dichiarazioni dell'opposizione cosiddetta »di classe e i comportamenti »settari e antiunitari delle stesse forze allorché si trattava di impegnarsi su dei progetti politici concreti di scontro con il regime.

Al congresso di Firenze del novembre 1975 il Partito Radicale arrivava dopo una stagione in cui, accanto alle azioni specifiche, poteva registrare al proprio attivo il primo importante successo istituzionale conseguito direttamente nel paese con il raggiungimento delle condizioni necessarie per mettere in moto il meccanismo referendario sull'aborto. Anche il partito come organismo era cresciuto: si erano costituiti all'inizio dell'anno alcuni partiti regionali in Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia e Lazio capaci di avere una propria vita autonoma dal centro romano; gli iscritti effettivi superavano i tremila; le presenze in congresso, segno di un interesse attivo, arrivavano a 2670 di cui due terzi formati da sostenitori e osservatori; (16) il bilancio annuo raggiungeva i 187 milioni di uscite e i 160 milioni di entrate di cui 60 milioni provenivano dal Psi per la campagna aborto e referendum. (17) Di più, il congresso si teneva con la partecipazione di un certo numero di esponenti politici, soprattutto del

Psi, (18) e con un notevole interesse della pubblica opinione verso quella forza nuova che era riuscita a raggiungere alcuni limitati ma significativi obiettivi con la sua azione e i suoi metodi di minoranza attiva.

I lavori congressuali mettevano in evidenza per la prima volta l'esistenza di un largo corpo politico risultante dall'accumulazione di un patrimonio di lotte di cui quelle del 1975 erano state solo l'ultimo capitolo. Il dibattito si snodava intorno a tre centri: il rapporto tra le singole lotte e il loro insieme in un nuovo organismo politico; la »questione socialista e i rapporti con il Psi; la formulazione di un progetto complessivo da proporre alla sinistra per una legislatura.

All'attenzione di tutti era chiaro che dopo il disgelo del sistema politico del 1974 (referendum) e del 1975 (elezioni regionali), le lotte radicali per i diritti civili dovevano trovare un loro punto di applicazione e di integrazione negli schieramenti politici, e che - con un'espressione usata in congresso - il tempo del brigante radicale e della guerriglia si avviava verso il tramonto nel momento in cui si cominciavano a muovere i grandi eserciti regolari determinando le nuove strategie della sinistra: »l'accelerazione della crisi economica, politica, istituzionale del regime recitava la mozione conclusiva »pone alla sinistra responsabilità che non possono essere eluse o rinviate. Non si può realizzare un programma di riforme lasciandone la gestione alla Dc e alle forze che sono responsabili della crisi . (19) L'assenza di una »grande componente socialista e libertaria nell'ambito della sinistra italiana era considerata con preoccupazione e allarme, e di conseguenza venivano indicati come centrali della

strategia radicale, insieme con il programma di lotte, »il rafforzamento, rinnovamento e la rifondazione per garantire che l'intera sinistra italiana si affermi con contenuti non autoritari, non centralistici, ma al contrario democratici, libertari, autogestionari . (20)

Al Psi, individuato come principale interlocutore dei radicali, si chiedeva »di impegnarsi nella preparazione e nella presentazione all'elettorato e al paese di un programma di governo di legislatura come inizio di un programma comune di sinistra; di conseguenza si formulava la richiesta di un rapporto federativo tra Psi e Pr che mantenesse le rispettive autonomie, le potenzialità e le esperienze delle due forze. Contestualmente, per ribadire l'intenzione di collaborare con tutta la sinistra, il congresso deliberava di proporre un patto di consultazione con i gruppi extraparlamentari del Pdup, Ao e Lc, e dichiarava altresì la volontà di »un confronto franco e leale con il Pci . Infine il congresso stabiliva che la base del dialogo con queste forze e la proposta di fondo al paese in cui si compendiavano anni di lavoro politico, doveva essere un grande progetto costituzionale composto da proposte di legge di iniziativa popolare e da referendum abrogativi sul quale raccogliere un milione di firme per »l'attuaz

ione della Costituzione repubblicana in ogni campo della vita politica, civile e sociale per non perdere un'altra occasione storica, dopo quella del dopoguerra, di »interrompere la continuità con le strutture e le leggi dello Stato fascista che questo regime è riuscito ad assicurare . (21)

Dopo il congresso, quelle esigenze, che da tempo molti radicali sentivano di approntare, un puntuale progetto complessivo della politica dei diritti civili prendeva corpo con la stesura di una »Carta delle libertà . Come in Francia dove le tre forze del programma comune della sinistra (socialisti, comunisti e radicali di sinistra) avevano formulato dei capitoli istituzionali delle loro piattaforme, anche in Italia i radicali proponevano alla sinistra e al paese un progetto di legge ordinario riguardante i diritti e la libertà dei cittadini insieme ad una proposta di legge di revisione costituzionale dell'art. 7 della Costituzione sui rapporti tra Stato e Chiesa.

Nella Carta delle libertà si analizzavano molteplici nodi istituzionali, proponendo, insieme con l'abrogazione di una serie di norme vigenti, nuovi principi e norme: sui »poteri dello stato e la libertà del cittadino (responsabilità dei parlamentari, pubblica amministrazione, giustizia, sicurezza pubblica, e forze armate); sui »diritti del cittadino come singolo e come membro delle comunità volontarie (libertà personale, sindacale e politica, informazione, espressione e comunicazione, associazioni culturali, stampa); sui »diritti dei cittadini che si trovino in particolari condizioni di diseguaglianza o di emarginazione (minori, donne, malati, anziani, minoranze sessuali e etniche, esuli e apolidi, zingari, handicappati, drogati); sui »diritti del cittadino come membro di comunità volontarie (religione, partiti, sindacati); sui »diritti del cittadino come membro delle comunità necessarie (ospedali, militari, detenuti, ambiente, consumatori); sugli »obiettori di coscienza . (22)

Quel progetto, che nel momento della sua presentazione nel febbraio 1976 non aveva ancora caratteristiche definitive, era il tentativo più compiuto di dare una base istituzionale a largo respiro al contributo più originale che i radicali avevano dato alla sinistra italiana in oltre un decennio di interventi specifici. Alla sua base v'era anche l'assunto politico, via via riaffermato dai radicali, che non vi potesse essere una vera politica innovatrice senza i diritti civili, e che questi erano qualificanti per qualsiasi programma di innovazione sostanziale della sinistra; »nessun programma di riforme economiche e sociali di cui si stentano per altro a intravedere i lineamenti concreti nella generalità e a volte nella genericità delle formulazioni e dei piani, può realizzarsi se non è fondato su un progetto di libertà democratiche inquadrate in una visione socialista dei rapporti sociali . (23) Questo scrivevano i radicali nel marzo 1976 allorché si sarebbero dovute cominciare a raccogliere quel milione di fi

rme per fare della »Carta un grande progetto popolare e saldare intorno ad essa l'azione di maturazione politica nel paese: ma la situazione generale evolveva rapidamente verso nuove elezioni, con lo scioglimento anticipato delle camere, per la seconda volta nella storia dell'Italia repubblicana.

3. "Con le elezioni del 20 giugno 1976, i radicali in Parlamento"

Alla fine di aprile 1976 furono sciolte le Camere e indette le elezioni politiche. Su quella decisione aveva influito decisamente la volontà di gran parte delle forze politiche di non tenere il referendum sull'aborto richiesto con la presentazione delle firme l'anno precedente: sicché un voto congiunto Dc-Msi sulla legge in discussione alla Camera aveva offerto il pretesto di accelerare la decisione di porre fine alla sesta legislatura. I radicali erano stati gli unici ad auspicare lo scioglimento anticipato, in base alla valutazione che la composizione del parlamento non corrispondeva più al reale rapporto tra le forze politiche dopo il referendum del 12 maggio 1974 e le regionali del 15 giugno 1975. Pertanto, una volta convocati i comizi, il Pr si apprestava ad affrontare per la prima volta una prova generale elettorale, secondo i deliberati del XV congresso del partito che si era pronunziato per la preparazione di liste per la Camera e Senato in tutto il territorio nazionale.

La volontà di esser presenti in prima persona anche in fase elettorale interrompeva una linea seguita per oltre un decennio. Durante tutti quegli anni i nuovi radicali o si erano astenuti dal partecipare, con diverse forme di opposizione non ideologica, alle prove elettorali ritenute irrispettose del gioco democratico (politiche 1968, amministrative 1971, politiche 1972), o avevano appoggiato altri partiti della sinistra (politiche 1963: indicazione per tutte le forze della sinistra; regionali 1970: voto Psi con accordo; regionali 1975: appoggio esterno al Psi, al repubblicano Franco De Cataldo a Roma e ad Avanguardia Operaia). In realtà la decisione del 1976 di confrontarsi direttamente con l'elettorato aveva le sue radici anche nell'acquisita consapevolezza del gruppo di aver raggiunto sufficiente forza e ascolto nel paese da poter rischiare una prova altrimenti assai difficile per delle nuove forze, ostacolate oltre che da motivi di tradizione, anche dal non accesso alla televisione di stato.

L'alternativa che si presentava ai radicali nell'intervenire nella scena elettorale, era tra una presenza diretta con proprie liste e una presenza insieme ai socialisti sulla base di un accordo politico. Questa seconda opzione era l'ovvia conseguenza dell'attività di ordine generale e soprattutto della politica di vicinanza che si era andata sviluppando nell'ultima stagione: dapprima la collaborazione nel referendum per l'aborto, poi la proposta di rapporto federativo emersa dal congresso del novembre 1975, quindi il progetto di attuazione costituzionale attraverso la »carta delle libertà presentata ai precongressi socialisti tra la fine del 1975 e l'inizio del 1976.

Al congresso nazionale del Psi del marzo 1976 la segreteria radicale aveva portato un saluto significativamente cordiale: »la realizzazione delle speranze di alternativa è in gran parte affidata alla possibilità della forza socialista e libertaria che torni ad avere un ruolo determinante nella sinistra italiana, nella costruzione della sua unità, nelle sue scelte politiche, nei suoi programmi di governo... La grande scelta di fronte alla quale ci troviamo è fra... socialismo burocratico, autoritario, necessariamente repressivo, e un socialismo libertario e autogestionario... Non a caso è contro di voi socialisti e contro di noi radicali che oggi si indirizza la polemica di gran parte della stampa di regime... Vi preghiamo di accogliere il contributo delle nostre proposte di iniziativa comune, dalle quali noi ci auguriamo possa derivare una sempre più stretta collaborazione e integrazione dei socialisti e dei radicali . (24) Inoltre Pannella, dalla sua formale se non sostanziale posizione esterna al Pr, stava

tentando di svolgere un ruolo indipendente come catalizzatore di un'area libertaria e perciò aveva chiesto l'iscrizione al psi, ottenendola all'inizio del 1976 pur tra controverse reazioni circa il suo reale ruolo nelle diverse organizzazioni (»Ora che il Psi, unanime, si pronuncia per l'alternativa che dal 1960 è l'obiettivo esplicito per cui mi sono sempre mosso, è naturale che anche questo sia il mio posto ). (25)

Tuttavia l'accordo elettorale non arrivò in porto, malgrado che dal congresso socialista fosse emersa una linea di aperture al confronto con i radicali, e malgrado le intenzioni di alcuni esponenti socialisti e gli appelli di Pannella rivolti al Psi e al Pr dalla sua posizione autonoma. La non stipulazione dell'accordo era dovuta soprattutto alla volontà dei radicali di fondarlo su specifiche basi politiche e in particolare sul progetto di attuazione costituzionale: una intenzione che si scontrava con le visioni elettoralistiche del Psi. (26) Né, successivamente, i gruppi della nuova sinistra marxista che si apprestavano a presentare il cartello di »Democrazia Proletaria (Pdup, Ao, e poi Lc, Mls e altri minori) accettavano la proposta radicale di un accordo tecnico di far confluire tutti i voti dei rispettivi elettorati in due circoscrizioni su un'unica lista, al fine di garantire la sicurezza della non dispersione del voto.

Così, in seguito al fallimento delle varie proposte di accordo, i radicali si presentarono soli: la rosa nel pugno, il nuovo simbolo del Pr che aveva sostituito nel 1975 il berretto frigio, era presente in tutte le circoscrizioni della Camera a eccezione del Friuli, e in quasi tutte le regioni per i collegi senatoriali. (27)

Preparandosi a presentarsi per un giudizio al corpo elettorale, i radicali ponevano, ancora una volta, al centro della loro attenzione la questione dell'informazione. L'accesso al mezzo pubblico era stato da tempo considerato come il presupposto essenziale della possibilità di giudizio dei cittadini sui temi e sulle lotte radicali. Non poteva esistere un vero gioco democratico, secondo i radicali, se non portando a conoscenza le posizioni e le proposte di tutte le forze politiche, e quindi anche quelle delle minoranze, attraverso lo strumento principe di comunicazione della moderna società di massa.

La Rai-Tv e il suo uso da parte delle forze politiche e del governo era stato fin dall'inizio degli anni settanta il bersaglio di azioni radicali che avevano avuto un momentaneo successo nel 1974 con il drammatico digiuno di quell'estate. E se in generale non poteva concepirsi una democrazia senza informazione, in particolare non potevano essere considerate regolari quelle elezioni che si svolgevano senza che i concorrenti fossero messi in condizione di parlare all'intero paese. La preclusione dell'accesso in televisione alle minoranze non rappresentate in parlamento era stato proprio il motivo addotto per la non partecipazione radicale alle precedenti elezioni; e quindi, in quell'anno, il nodo doveva nuovamente essere affrontato, e con la necessaria drammaticità.

Ancora una volta, per conquistare il diritto a un'equa informazione in generale alle minoranze, e in particolare al movimento dei diritti civili e al Partito Radicale, un gruppo di radicali fece ricorso alo strumento del digiuno, dapprima collettivo e poi individuale da parte di Pannella che arrivò ad attuarlo sotto forma di totale astensione dal cibo e da altre bevande caloriche per una settimana dal 25 aprile al 3 maggio. »Non digiuniamo per protestare sosteneva il leader »o per soffrire, ma per raggiungere un obiettivo. In genere l'obiettivo è inerente alla moralità altrui, non alla nostra... Non cerchiamo di far accettare i nostri principi e le nostre impostazioni, esigiamo il minimo,... cioè il rispetto della legalità, la reintegrazione delle regole della democrazia violate. E' l'unica risposta che possiamo dare, al di là della distruzione, a una città che tradisce le proprie leggi .(28) In quel caso il tradimento della democrazia riguardava non solo i diritti politici delle minoranze, ma il »diritto d

ella totalità dei cittadini di conoscere per scegliere e deliberare , e cioè »il fondamento stesso del suffragio universale, del potere del popolo, della democrazia politica, del patto sociale . (29)

Anche quella nuova drammatica disobbedienza civile finì per sortire l'effetto voluto, sicché Pannella e i radicali ebbero un parziale riconoscimento del diritto di accesso: in un primo momento con una trasmissione dedicata all'aborto e ai diritti civili prima che si aprisse la campagna elettorale; e poi con la partecipazione alle tribune elettorali per l'ottenimento delle quali dovettero condurre un'ulteriore lotta tesa ad assicurare tempi eguali per tutti invece che tempi proporzionali alla dimensione delle rappresentanze in parlamento.

Il messaggio politico-elettorale dei radicali, caratterizzato anche per il tono spregiudicato e per il linguaggio diretto e dissacrante, che giungeva per la prima volta al largo pubblico attraverso gli schermi televisivi, si sviluppava lungo alcune linee principali. In primo luogo, veniva ripresa tutta la tematica dei diritti civili, mettendo in evidenza come le lotte che erano state condotte da una minoranza avessero costantemente avuto il carattere di lotte divenute maggioritarie. Poi, l'alternativa che veniva auspicata non riguardava solo il possibile schieramento politico delle sinistre, ma anche la contrapposizione al regime democristiano in termini di valori: »un regime che ha portato il paese sull'orlo della bancarotta e del disastro morale, politico, istituzionale, oltre che economico e sociale . (30) Quindi si insisteva sulla capitolazione delle forze della sinistra storica nel ricercare a ogni costo accordi con la Dc: il Pci attraverso il compromesso storico, e il Psi con le sue continue incertezze

e sudditanze. Infine si asseriva il valore di stimolo che un piccolo gruppo di radicali avrebbe potuto assolvere in parlamento a beneficio di tutta la sinistra, debole della sua stessa »grossezza e incapace di sfruttare la sua »grandezza , cioè di porre direttamente la candidatura al potere.

Il risultato delle liste radicali, che ottenevano con 394.439 voti nell'intero territorio nazionale (l'1,1 percento dei voti) e quattro deputati eletti alla Camera [vedi parte seconda del volume], assumeva una particolare rilevanza. Il successo della nuova formazione non stava nella dimensione limitata del voto popolare, quanto nel fatto che per la prima volta dal 1948 una forza non parlamentare e non nata da scissioni, superava la soglia necessaria per avere una rappresentanza parlamentare (quoziente intero in un collegio per la Camera e trecentomila voti in tutto il paese). Il risultato quindi, benché assai modesto in termini assoluti, aveva un significato qualitativamente pregnante per ciò che riguardava il rapporto tra movimento e istituzioni, e nel dimostrare la permeabilità del sistema politico, una volta che si fossero verificate determinate condizioni, prima tra tutte quella di una equa informazione.

Aveva contribuito al raggiungimento del piccolo ma tutt'altro che marginale consenso elettorale, in un sistema che misurava gli spostamenti sull'ordine di qualche unità in percentuale, una serie complessa di ragioni, alcune delle quali momentanee e recenti ed altre lontane e profonde. I contenuti della politica radicale avevano certo avuto un loro peso determinante in un momento in cui l'orientamento generale del paese si volgeva al mutamento e al rinnovamento piuttosto che alla conservazione. E sicuramente quel limitato voto era parte del più generale spostamento a sinistra registrato dal 1974 in poi e confermato dagli stessi risultati complessivi del 20 giugno. Ma, accanto a questo quadro d'insieme (spostamento a sinistra, mobilità elettorale, richiesta di mutamento rispetto allo status quo), v'erano in aggiunta ragioni specificamente legate al modo di presentarsi dei radicali all'elettorato e alla funzione da essi svolta in tempi recenti e lontani.

Una ragione immediata doveva essere individuata nel tono della campagna elettorale, ovviamente intrecciata ai contenuti che ne costituivano le promesse. Di fronte al linguaggio per lo più stereotipo e uniforme della classe politica e al suo quadro di riferimento anche verbale, quella radicale era stata una campagna che aveva saputo parlare il linguaggio della gente fuori da ogni convenzione politicistica: e ciò aveva avuto un suo effetto cogliendo alcuni umori del paese reale fortemente critici verso la società politica.

In questo quadro poi, il posto assicurato alle donne e ai loro problemi nel corso della campagna elettorale aveva sicuramente pesato anche in termini di voti. Le liste composte per metà da donne, alle quali erano anche riservati i posti di capolista in tutte le circoscrizioni, insieme alle tematiche della liberazione della donna e dell'aborto, arrivate su tutta la stampa per opera delle lotte radicali, probabilmente avevano convogliato verso »la rosa nel pugno , in misura maggiore della media, non tanto i consensi delle avanguardie politicizzate del femminismo organizzato, quanto le simpatie elettorali di quella diffusa sensibilità femminile e femminista emersa nelle ultime stagioni.

Accanto a ciò, un altro motivo che aveva probabilmente influenzato i risultati elettorali, doveva essere individuato nella personalizzazione dell'immagine radicale: in misura minore nelle due donne, Adele Faccio ed Emma Bonino, che avevano avuto un ruolo centrale nella vicenda delle cliniche per gli aborti e nella sua pubblicizzazione nel corso del 1975, e in misura assai più rilevante in Marco Pannella, che andava rafforzando con le apparizioni televisive il ruolo di capo carismatico.

E' noto il peso che nelle moderne competizioni elettorali affidate ai mass media assumono le personalità o i personaggi (indipendentemente dal loro reale ruolo), e l'attrazione emotiva che essi esercitano in quanto personificano, unificano e simboleggiano una determinata immagine politica, e quindi la rendono immediatamente e direttamente comprensibile al di là di ogni complessa mediazione programmatica e scritta. Le due donne, capolista a Roma e a Milano, erano state anche visivamente con fotografie, nell'anno precedente le elezioni, sulle pagine di tutti i giornali: la Bonino fatta divenire l'immagine del femminismo combattivo e giovanile che si batteva per l'aborto, e la Faccio era stata addirittura inserita in alcuni sondaggi promossi da settimanali nella lista dei quindici »uomini politici italiani più simpatici e meritevoli di maggiore fiducia , (31) con l'effetto di contribuire in tal modo a costruire e diffondere l'immagine di personaggi popolari.

Pannella, invece, si presentava non solo con l'immagine dell'uomo pubblico ormai largamente conosciuto a causa dei mezzi di comunicazione di massa ma anche con la sostanza di un largo e lungo patrimonio di lotte politiche, ora rafforzate da efficaci apparizioni televisive. Egli poteva essere recepito come figura di un leader che in misura assai maggiore di qualsiasi altro leader italiano esprimeva complessivamente i contenuti, lo stile e la sostanza di una forza nuova, emergente e dinamica. Il Partito Radicale si identificava nel »partito Pannella : e ciò non era senza conseguenze nell'attrazione di consensi in un paese in cui la realtà e l'immagine dei partiti corrispondeva a quella delle lotte interne, della disunità e della frammentazione.

Un'ultima ragione, la meno visibile perché la più lontana ma forse la più influente, riguardava l'accumulazione del patrimonio di azioni per i diritti civili. Queste avevano riguardato e coinvolto per oltre un decennio molti gruppi, anche se non troppo larghi, di cittadini, sicché si era sviluppata una rete relativamente diffusa in tutto il paese di coinvolgimenti fin dai tempi del divorzio: una rete che permetteva nel 1976 di raccogliere i frutti di molte stagioni di lavoro politico. Certo, le singole battaglie non avevano dato luogo a insediamenti sociali come quelli dei partiti e dei sindacati tradizionali, a causa del modo in cui si erano sviluppati i nuovi movimenti di mobilitazione, ma avevano creato il presupposto della conoscenza del dato radicale. E quando questo si era potuto presentare anche sotto forma di opzione aperta a tutto l'elettorato, e non solo a ristrette arre di partecipanti a singoli interventi, la diffusa simpatia politica accumulata nel tempo si era potuta trasformare in specifico co

nsenso con il voto.

"Note"

1 "Aborto: noi siamo tutti colpevoli", »Liberazione , 16 settembre 1973.

2 Dichiarazione rilasciata dalle senatrici Carmen Zanti Tondi, vice presidente della commissione sanità, all'agenzia Asca, citato in "Contro l'aborto di classe", a cura di Maria Adele Teodori, Savelli, Roma, 1975, p. 20.

3 "Contro l'aborto di classe", "cit." p. 21.

4 "Gli italiani e l'aborto", »Panorama , 8 luglio 1974.

5 »Notizie Radicali , ciclostilato, 2 gennaio 1975.

6 "Mozione del XIV Congresso nazionale del Pr", Milano, novembre 1974, in "Le lotte radicali attraverso i documenti congressuali e lo stato", a cura del Pr, Roma, 1976, III ediz., p. 40.

7 "Dichiarazione della segreteria del Pr", in »Notizie Radicali , ciclostilato, 13 maggio 1975; poi in »Notizie Radicali , a stampa, n. 625, 18 gennaio 1975.

8 "200 medici contro la legge criminogena", in »Notizie Radicali , a stampa, n. 625, 18 gennaio 1975.

9 Gli atti del convegno in "Contro l'aborto di classe", cit.

10 "Contro la droga di regime", »Notizie Radicali , a stampa, n. 37, 18 luglio 1975.

11 "Prima vittoria sulla droga", »Notizie Radicali , a stampa, n. 151-2-3-4-5, 28 novembre 1975.

12 "Diciottenni, diritto di famiglia: due battaglie vinte", »Notizie Radicali , a stampa, n. 34, 26 maggio 1975.

13 "Circolare ciclostilato della segreteria nazionale del Pr", giugno 1975.

14 "Ibidem."

15 "Extraparlamentari: ma i compagni non hanno tempo", »Notizie Radicali , a stampa n. 37, 18 luglio 1975.

16 Cfr. »Notizie Radicali , a stampa n. 46, 16 novembre 1975.

17 cfr. »Notizie Radicali , a stampa n. 45, 1 novembre 1975.

18 Intervento al Congresso di Firenze del novembre 1975 i parlamentari socialisti Michele Achilli, Luigi Mariotti, Tristano Codignola, Loris Fortuna, Mario Artali e Luigi Bertoldi.

19 Mozione conclusiva del XV congresso del Pr, Firenze, novembre 1975, in "Le lotte radicali attraverso, op. cit.", p. 42.

20 "Ibidem", p. 43.

21 "Ibidem", p. 44.

22 "Carta delle libertà, progetto di legge di iniziativa popolare per l'attuazione delle libertà e garanzie costituzionali", a cura del Pr, Roma, 1976. Collaboratori alla stesura del testo: Giuseppe Caputo, Pasquale Curatola, Ernesto Bettinelli, Federico Mancini, Gino Giugni, Gianfranco Amendola, Giuseppe Ramadori, Ferdinando Landi, Mario Bessone, Mauro Mellini, Stefano Rodotà, Alberto Mittone, Angiolo Bandinelli, Giancarlo Arnao, Mld, Fuori, Loc.

23 "Un milione di firme", »Notizie Radicali , a stampa, n. 4, nuova serie, 3 marzo 1976.

24 "Il saluto del Pr al 40· congresso del Psi", »Notizie Radicali , a stampa, n. 4, nuova serie, 3 marzo 1976.

25 "Nel Psi a dire no", intervista a M. Pannella, »Panorama , 11 dicembre 1975.

26 Gianfranco Spadaccia, "Radicale e socialisti", »Prova Radicale , supplemento a »Notizie Radicali , 1 giugno 1976.

27 le liste radicali con il completo numero di candidati erano presenti in tutte le 31 circoscrizioni della Camera, a eccezione del Friuli (Udine, Belluno, Gorizia, Pordenone) in cui i radicali avevano dato l'indicazione di voto al Psi per la presenza del capolista Loris Fortuna; e in tutti i collegi regionali del senato a eccezione del trentino-Alto Adige, Molise, Basilicata e Sardegna.

28 "La prova radicale", intervista a Marco Pannella, »Prova Radicale , supplemento a »Notizie Radicali , giugno 1976, pp. 12-15.

29 M. Pannella, "Rischiava la vita per vivere", »Notizie radicali , a stampa, n. 6, 16 aprile 1976.

30 "Non disperdere il tuo voto", opuscolo elettorale del Pr, 1976.

31 Cfr. "Sondaggio, Soprattutto cambiare", »Panorama , 23 ottobre 1976; lo stesso tipo di sondaggio era ripetuto alcuni mesi dopo nel settimanale »Tempo illustrato , 14 marzo 1976.

 
Argomenti correlati:
storia
i nuovi radicali
mld
spadaccia gianfranco
bonino emma
l'espresso
diritti umani
droga
elezioni
compromesso storico
rai
stampa questo documento invia questa pagina per mail