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Manzella Andrea - 1 marzo 1978
REFERENDUM ORDINE PUBBLICO COSTITUZIONE: (19) Referendum e centralità del Parlamento
di Andrea Manzella

SOMMARIO: Due questioni vengono essenzialmente affrontati nel corso del convegno, quella dell'istituto del referendum che progetti di legge comunisti, socialdemocratici, democristiani sottopongono a revisioni più o meno decise e il disegno di legge governativo in tema di ordine pubblico. Questi due temi vengono affrontati in relazione ai principi stabiliti dalla Carta Costituzionale.

("REFERENDUM ORDINE PUBBLICO COSTITUZIONE", Rispondono i giuristi. Atti del convegno giuridico organizzato dal gruppo parlamentare radicale - A cura di Ernesto Bettinelli e Luca Boneschi - Tascabili Bompiani, marzo 1978)

Vi è una idea affiorata qui e là nel convegno: quella che il disegno di limitazione del referendum nasca da una sorta di ``protezionismo'' parlamentare (e che, quindi, centralità del Parlamento e su del referendum siano espressioni di politiche costituzionali contraddittorie fra loro).

Non credo che questa idea sia esatta.

In realtà, le difficoltà di convivere con il referendum, abbondantemente palesate dal nostro sistema partitico (anche al di là delle puntuali proposte di modificazione, alcune delle quali del resto appaiono tecnicamente ragionevoli) sono le stesse che il sistema partitico incontra quando si confronta con realtà istituzionali non interamente controllabili, come la Corte costituzionale o il Presidente della repubblica o il Parlamento europeo.

Ma lo sviluppo dell'idea ``centralità del Parlamento'' implica in misura sempre crescente proprio un fenomeno di questo tipo: che dal Parlamento - cassa di risonanza di quello che hanno deciso le oligarchie partitiche - si passi ad un Parlamento capace di proporre, di coordinare, di decidere con autonomia di ruolo istituzionale.

Autonomia non vuol dire del resto ``indipendenza'', ma collegamento al modo stesso di ``farsi'' della decisione politica, che è un processo con fasi e ruoli diversi. Lo schema ideale per le tendenze oligarchiche del partito politico, sarebbe quello che, dopo la decisione degli organi dirigenti del partito, non ammettesse se non fasi di registrazione o di esecuzione tecnica. La concezione giusta della ``centralità'' del Parlamento va contro questo schema, facendo della fase parlamentare non più una fase subalterna ed esecutiva, ma una fase che, pur raccogliendo le indicazioni partitiche, le porta ad un diverso livello di qualità politica e giuridica.

Ma questo vuol dire che la costruzione di un Parlamento ``nuovo'' comporta anche che il partito "in" Parlamento (gruppo parlamentare) sia - per questa diversità di ruolo istituzionale - anche diverso, e in una certa misura incontrollabile, dal partito fuori del Parlamento.

Tutti attenti a cogliere le potenzialità che dal modo nuovo d'intendere il lavoro e l'istituzione parlamentare, vengono sul piano dei rapporti Governo-Pubblica amministrazione-Camere, nessuno valuta a sufficienza questa efficacia liberatoria che dal Parlamento può venire per il sistema politico nel suo complesso.

Può accadere così che fervidi sostenitori del referendum siano risoluti avversari dell'evoluzione ultima dell'istituto parlamentare e, viceversa; che apologeti della centralità del Parlamento siano in prima linea per ridurre ``a ragione'' la Corte costituzionale o l'uso del referendum.

Credo che certe contraddizioni debbano superarsi in una diversa visione complessiva del sistema costituzionale: convinta, da un lato - nell'interesse stesso della concezione moderna della funzione dei partiti che pur si va delineando nella società - della necessità di superare l'appiattimento partitocratico che ha asfissiato il nostro pluralismo istituzionale; impegnata, dall'altro, a cogliere i nessi che ci sono in Costituzione tra Parlamento e referendum.

In effetti, è solo se si estrae dalla Costituzione l'idea di un Parlamento non ``sostituito'' dai partiti, che si può pensare ad un lavoro parlamentare stimolato, dalla promozione del referendum, a risultati di cambiamento effettivo della legislazione vigente.

Contro la concezione del protezionismo parlamentare - che è propria di chi vuole protegge il vecchio Parlamento cinghia di trasmissione del partito - l'idea di Parlamento ``aperto'' e centrale è infatti quella di una istituzione che, a mezza strada tra Stato-organizzazione e Stato-comunità, deve partecipare sia delle preoccupazioni di costruzione coerente e di tenuta dell'ordinamento democratico, sia delle preoccupazioni liberali espresse, nelle forme costituzionali, dalla società civile.

 
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