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Langer Alex - 1 marzo 1978
REFERENDUM ORDINE PUBBLICO COSTITUZIONE: (21) Arco costituzionale, Movimento e democrazia borghese
di Alex Langer

SOMMARIO: Due questioni vengono essenzialmente affrontati nel corso del convegno, quella dell'istituto del referendum che progetti di legge comunisti, socialdemocratici, democristiani sottopongono a revisioni più o meno decise e il disegno di legge governativo in tema di ordine pubblico. Questi due temi vengono affrontati in relazione ai principi stabiliti dalla Carta Costituzionale.

("REFERENDUM ORDINE PUBBLICO COSTITUZIONE", Rispondono i giuristi. Atti del convegno giuridico organizzato dal gruppo parlamentare radicale - A cura di Ernesto Bettinelli e Luca Boneschi - Tascabili Bompiani, marzo 1978)

Non intendo svolgere un intervento giuridico. Sono qui come compagno di Lotta continua e, quindi, vorrei esprimermi innanzitutto come militante politico. Vorrei parlare soprattutto per gli avversari (anche se credo che in questa sede siano scarsamente rappresentati): quelli del sedicente ``arco costituzionale'', che hanno congegnato questa raffica di leggi anticostituzionali. E vorrei parlare a nome di quelle molte migliaia di compagni, di giovani, di proletari, di disoccupati e di lavoratori che si sono mobilitati per la campagna degli otto referendum, anche se non sentivano questa campagna a loro del tutto omogenea. Essa non rientra in verità nelle consuetudini, nel costume politico, nei metodi di lotta di questa componente sociale.

Io stesso ho collaborato a sollecitare e in un certo senso a ``garantire'' la raccolta delle firme per questa battaglia ed è appunto per questo che voglio rivolgermi a coloro che oggi vorrebbero vanificare non solo l'esito di questa mobilitazione, ma che vorrebbero rendere impossibile anche per il futuro simili battaglie politiche e che ambirebbero, di conseguenza, restringere (come ci è stato ampiamente illustrato e documentato) lo spazio delle libertà costituzionali. Con questo essi stanno per affossare (e con buona probabilità di successo) i residui margini di credibilità della ``loro'' Costituzione.

Intorno a questo referendum si erano raccolti, e per molti sorprendentemente, settori di quello che oggi si usa definire ``il movimento''; si erano mobilitati cioè compagni che sicuramente hanno scarsissima dimestichezza con le istituzioni e che sono perfettamente consapevoli della natura di classe di queste, espressione nei migliori dei casi di una democrazia borghese.

Il loro impegno è stato il frutto di un'analisi molto lucida, anche se non sempre esplicitata: la convinzione che nella fase storica che stiamo vivendo sia molto difficile intravedere a breve scadenza (e questo a differenza di quanto poteva apparire negli anni passati) una possibilità di cambiamento reale e di rovesciamento dei rapporti di forza. Così pure era presente la convinzione che, dati questi rapporti di forza, ogni battaglia che difendesse e, se possibile, in qualche modo ampliasse gli spazi di libertà e democrazia, fosse di estrema importanza, nel momento in cui non era ancora possibile la costruzione di forme di potere popolare.

Per questo io credo che l'adesione a queste lotte spesso pur non intimamente convinta (e sicuramente assai diversa da quella maturata dai compagni radicali) è, ciononostante politicamente molto lucida. Hanno infatti firmato per i referendum molti proletari, molti giovani di quelli che sono venuti a Bologna per il convegno sulla repressione, di quelli che affollano i traghetti per la Sardegna e che vengono cacciati dai campeggi liberi, di quelli che stanno in piazza Navona e che vengono cacciati perché vendono catenine.

Dunque, se si analizzassero le sottoscrizioni per la richiesta dei referendum, si scoprirebbe che una percentuale altissima è di giovani, che molti sono proletari. Ci sono sicuramente anche molte firme di ``piccolo-borghesi'', eppure la componente che si riconosce nel ``movimento'' è molto forte.

Anche ora la battaglia per la difesa dell'istituto del referendum riguarda tutti questi giovani, anche se non sono presenti in un convegno come questo.

Affermo questo in un momento in cui è forte la sensazione di chiusura e di repressione che si sta consolidando con l'accordo a sei, per quello che questo significa: la negazione non solo del conflitto di classe, ma anche della stessa dialettica della democrazia borghese. In una situazione in cui da un lato si chiede a questi giovani realismo e razionalità e, dall'altro, da parte di alcuni, come Lucio Colletti, si sostiene che questi giovani sono pericolosi e irrazionali e che c'è il pericolo che cadano in tentazioni non si sa bene se nietschiane o dannunziane...; e si propone, in compenso, la razionalità del "loro" accordo politico, del "loro" affossamento delle stesse libertà borghesi.

Anche se la democrazia (sia pure nelle sue forme più nobili e dirette come il referendum) di cui sentiamo discutere in questa sede, non è certo la "nostra democrazia" (noi riteniamo infatti che il referendum non sia la sovranità popolare e tanto meno la democrazia diretta), ecco perché noi tuttavia crediamo che i referendum possano contribuire ad allargare gli spazi di libertà.

Noi non crediamo che la limitazione dei potere della polizia e maggiori garanzie giurisdizionali costituiscano di per se stessi un terreno democratico sufficiente ed adeguato ad assicurare la lotta di classe, però consideriamo egualmente positivo il conseguimento di simili obiettivi come un'importante conquista. Affermiamo di conseguenza che, anche se questo tipo di democrazia (sia pure nelle sue espressioni più avanzate) non è certamente la democrazia che si sviluppa in una fabbrica occupata, in una scuola autogestita, oppure, ancora, quale si è manifestata al Convegno di Bologna, egualmente tale democrazia (che ripeto non è la nostra democrazia) ci interessa e per difenderla ci siamo mobilitati. Occorre, però, e proprio in questo momento, dire a quanti si riconoscono nel sedicente ``arco costituzionale'' che se essi non hanno ancora completamente risolto il problema di rendere ulteriormente non credibili le loro istituzioni, se vogliono ancora di più aumentare il solco tra ``Paese legale'' e quel settore d

i ``Paese reale'' che oggi lotta e che rappresenta il movimento e se vogliono ancora di più rafforzare le convinzioni di molti militanti, per i quali questo stato si abbatte e non si cambia, ebbene allora proseguano pure sulla strada dei provvedimenti quali quello disposto dal Procuratore della repubblica De Matteo di riaprire i covi fascisti, sulla strada delle sentenze tipo quella che ha assolto Velluto, sulla strada delle istruttorie quali quella condotta a Bologna dal giudice Catalanotti, sulla strada delle leggi speciali e liberticide a ``tutela'' - come si afferma - dell'ordine pubblico, sulla strada che porta all'affossamento delle garanzie costituzionali. Con i loro attentati alla Costituzione quasi ci costringono a formare dei ``comitati di difesa del codice Rocco'', tanti e tali sono i peggioramenti introdotti.

Con questo genere di politica - dicevo prima - confermeranno l'opinione di moltissimi compagni che credono che non esiste alcuno spazio di mediazione, alcuno spazio agibile all'interno di questa democrazia borghese. Sicuramente renderanno tali convincimenti sempre più profondi ed anche più indifferenziati.

A questo punto però, non vengano a dirci che gli eversori siamo noi...

 
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