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Rodota' Stefano - 1 marzo 1978
REFERENDUM ORDINE PUBBLICO COSTITUZIONE: (29) Politica istituzionale e strategia della sinistra
di Stefano Rodotà

SOMMARIO: Due questioni vengono essenzialmente affrontati nel corso del convegno, quella dell'istituto del referendum che progetti di legge comunisti, socialdemocratici, democristiani sottopongono a revisioni più o meno decise e il disegno di legge governativo in tema di ordine pubblico. Questi due temi vengono affrontati in relazione ai principi stabiliti dalla Carta Costituzionale.

("REFERENDUM ORDINE PUBBLICO COSTITUZIONE", Rispondono i giuristi. Atti del convegno giuridico organizzato dal gruppo parlamentare radicale - A cura di Ernesto Bettinelli e Luca Boneschi - Tascabili Bompiani, marzo 1978)

Questa mia replica, probabilmente, dovrebbe essere più che altro una ricerca di identità, perché due amici che mi conoscono bene, come Paolo Barile e Guido Neppi Modona, hanno detto, l'uno che io avrei parlato da uomo politico; l'altro, da giurista metafisico. Mi si darà atto che due interpretazioni tanto divergenti pongono qualche problema.

"Giurista metafisico": chi lo è oggi? Forse - per usare una terminologia ormai divenuta corrente - colui il quale rifiuta di sporcarsi le mani con i fatti di tutti i giorni? Se così è, credo di farlo quotidianamente. Ma credo pure che questo non debba mai significare appiattirsi sulla cronaca o giustificare tutto quel che proviene dalla parte dove abbiamo scelto di stare.

E proprio un pericoloso giustificazionismo è affiorato in questi tempi nella sinistra storica, facendoci perdere capacità di analisi, lucidità critica, preveggenza. Avevo davvero posto un problema di metafisica, o non piuttosto quello che tutti devono fare i conti con l'``emergenza'', come oggi si dice? E cioè: dove è la vera emergenza? E' quella che si concretizza solo nelle proposte della DC o può essere espressa in forme diverse?

Sono anni che i partiti della sinistra italiana, il PSI prima e il PCI oggi, arrivano all'appuntamento con la Democrazia cristiana senza un programma così netto, così percepibile dall'opinione pubblica, che consenta loro di respingere l'atteggiamento ricattatorio di quel partito, il quale gioca sempre al rialzo, presenta il suo pacchetto di proposte, mentre i partiti della sinistra si limitano a giocare in contropiede, si preoccupano con tutte le forze a disposizione di tagliare le unghie a questa o a quella proposta, accorgendosi alla fine di aver fatto crescere il quoziente di autoritarismo del sistema, senza per questo averlo reso più efficiente nella lotta contro la vera violenza.

Non voglio tornare sulla legge ``antisequestri'' o sulla legge Reale, non voglio polemizzare ancora sulle nuove proposte in materia di ordine pubblico. Mi chiedo soltanto: che farà la sinistra storica dopo che i nuovi provvedimenti non saranno riusciti a fronteggiare il terrorismo e la criminalità politica? Quale sarà la linea della sinistra, quando la Democrazia cristiana riproporrà il suo ricatto dicendo che quei provvedimenti non funzionano perché gli uomini della sinistra li hanno attenuati, indeboliti e sono quindi responsabili del loro mancato successo? Quale sarà la risposta della sinistra? Accetterà il nuovo ricatto della sospensione delle garanzie costituzionali? Questo è il rischio, se non sarà stata proposta una linea alternativa.

Tutti chiedono proposte in positivo, ma queste proposte in positivo ci sono state. Si parlava di pene alternative già alla fine del 1974, ma allora dal giornale ufficiale della DC si rispondeva che la sinistra voleva mettere in libertà i delinquenti; e la sinistra non ebbe la capacità culturale e politica di proporre quello come grande tema nel momento in cui le carceri non si trovavano come nell'attuale situazione.

La sinistra è stata debole e lo è stata anche quando si doveva intervenire con rotture radicali sul segreto bancario per affrontare il problema del riciclaggio del denaro dei sequestri o della fuga dei capitali. E qui tutto si tiene: la sinistra non riesce a fare tutto ciò per lo stesso motivo per cui non riesce a sbloccare la situazione delle nomine nelle banche, a ``mordere'' sugli apparati pubblici.

Eccole le proposte in positivo, si fanno da anni: ma si è forse venuto a capo pure dei nodi più scandalosi, servizi di sicurezza o segreto politico-militare?

Questo è il punto di paragone, questi sono i criteri con cui misurare le speranze nell'``accordo a sei''.

Neppi Modona si riferiva al fatto che nel disegno di legge del Governo manca ogni accenno all'arresto in flagranza. Un dettaglio, una sottigliezza da giurista metafisico? Niente affatto. Si tratta di una questione importante per la difesa contro gli arbitrii: ma è soprattutto la spia di un problema reale. Se non si riesce a garantire neppure la fedele traduzione degli accordi di governo, come si può pensare di dominare, senza una decisione politica enormemente superiore, processi interni agli apparati pubblici che sono molto più opachi, impenetrabili, difficili da controllare dall'esterno per le forze della sinistra?

Quando poi arriviamo al sindacato di polizia e al discorso sul ``pacchetto'', allora vorrei evitare che si ingenerasse un equivoco: che si credesse che la questione del sindacato di polizia fosse nel ``pacchetto''. La sinistra non è riuscita in sede di trattativa di governo, quando la sua capacità contrattuale era molto più forte, ad ottenere dalla Democrazia cristiana la contropartita del sindacato, tanto che oggi, sul piano del rispetto formale degli accordi, i democristiani possono respingere le richieste di contestualità tra discussione sulle nuove norme relative all'ordine pubblico e approvazione di una riforma della polizia comprensiva del riconoscimento di libertà sindacale.

Affermo tutto ciò con molta amarezza: significa registrare ancora una volta l'incapacità delle forze di sinistra di far valere agli appuntamenti impegnativi le loro proposte. E oggi accade pure che si cerchi di far ricadere il biasimo per questa situazione non su chi l'ha determinata, ma su chi ha il dovere morale, prima di tutto, di segnalare all'opinione pubblica e di fornire agli stessi partiti di sinistra gli elementi per valutare questi limiti della loro azione.

Se in questi anni né il Partito socialista, né il Partito comunista hanno messo a punto una specifica linea di sinistra sui temi dell'ordine pubblico, malgrado le molte proposte elaborate nell'area che ad essi fa riferimento, questo è un ritardo oggettivo, un limite grave che non può essere esorcizzato chiedendo perentoriamente proposte in positivo a chi già ne ha fatte, senza tuttavia avere la forza e la legittimazione per farle diventare linea politica. Si tratta dunque di un limite grave che non solo indebolisce la sinistra nelle trattative di governo, ma che la rende incapace di reazione culturale e politica contro l'irrazionalità dell'opinione pubblica che chiede l'inasprimento delle pene, mentre non c'è nessuna testa pensante che creda alla funzionalità di simili provvedimenti. Se non è accettabile l'irrazionlità delle P 38, allo stesso titolo, per la credibilità delle istituzioni e per l'onestà dell'azione politica della sinistra, non è accettabile la logica dell'inasprimento delle pene o del trasferi

mento di più ampi poteri alla polizia. Altrimenti, come dicevo, è una debolezza culturale che scontiamo e che si traduce poi in azione politica debole. E questo è tanto più vero se si va alla radice delle situazioni in cui nascono i problemi dell'ordine pubblico.

Oggi in effetti i problemi dell'ordine pubblico traggono origine quasi sempre nell'università. Eppure noi cominciamo l'anno accademico, dopo quel che è accaduto dal 1 febbraio 1977 in poi, senza che ci sia stata una sola risposta alle richieste degli studenti. Si parla di riforma, ma non si interviene per arrestare una degradazione delle strutture che renderà inattuabile ogni riforma. Si torna dai 160 mila studenti dell'ateneo romano, ma con che cosa? Semplicemente con i provvedimenti sull'ordine pubblico in tasca.

Si sostiene, però, che quei provvedimenti sono riscattati dall'esser parte di un ``pacchetto''. Ammettiamo per un momento che ciò sia vero. Ma dov'è, allora, la decisa azione politica che può battere una logica istituzionale perversa?

Di ``pacchetti'', in questi anni, ne abbiamo visti a decine; che cosa ne resta, se non l'insegnamento che l'azione della sinistra deve essere mille volte più ferma, unitaria, rigorosa, se davvero vuol dare corpo a proposte ``in positivo'', capaci di cambiare il volto di questa società.

 
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