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Archivio Partito radicale
Lalonde Brice, Corleone Franco, Panebianco Angelo, Strik Lievers Lorenzo, Teodori Massimo - 1 ottobre 1978
RADICALI O QUALUNQUISTI?: (13) Lo spazio radicale visto da un ecologista francese
di Brice Lalonde"

SOMMARIO: Un saggio sulla natura e le radici storiche del nuovo radicalismo e un confronto sulla questione radicale con interventi di: Baget-Bozzo, Galli, Ciafaloni, Tarizzo, Galli della Loggia, Lalonde, Alfassio Grimaldi, Are, Asor Rosa, Corvisieri, Orfei, Cotta, Stame, Ungari, Amato, Mussi, Savelli.

(SAVELLI editore, ottobre 1978)

Indice:

Parte prima

I Politica e società (1376)

II Radicali sotto accusa (1377)

III Il Pr come partito bifronte (1378)

IV Radicalismo e socialismo (1379)

V Radicalismo o marxismo, convivialità o tecnofascismo (1380)

Parte seconda

Un confronto sulla questione radicale (1381 - 1397)

Lo spazio radicale visto da un ecologista francese

di Brice Lalonde

(»Argomenti radicali , n. 3/4, agosto-novembre 1977)

Che cosa spera la classe politica? Ogni volta che sente il sibilo di una pallottola, non vi vede che del vento. A sentirla, il 10% elettorale degli ecologisti non era che un fenomeno artificialmente gonfiato. E questo mese di agosto allora? Semplice agitazione giovanile, vacanze spettacolarmente organizzate o complotto politico straniero... Sembra che i politici siano incapaci di legare le elezioni amministrative di marzo e le manifestazioni antinucleari di agosto, la presenza ecologista alle elezioni e sul territorio. O, in caso contrario, l'ecologia è passata alle perdite e profitti: »Impossibile recuperarli, lasciamoli perdere .

Dopo tutto gli ecologisti mettono in crisi tanto la sinistra che la destra, nelle quali gli estremisti dello Stato e della produzione sono numerosi. Per il momento si potrebbe immaginare un accordo tacita tra i due campi per isolare i guastafeste e bloccare il dibattito sui problemi che essi sollevano. Ma è evidentemente impossibile insistere su queste posizioni perché gli ecologisti non sono immobili. Nulla indica infatti che essi abbiano l'intenzione di fermarsi. L'orrore per la violenza di Malville e il curioso valzer delle dichiarazioni politiche che ne sono seguite, hanno contribuito a fare rapidamente evolvere la maturità, l'autonomia, degli ecologisti e rafforzare la loro determinazione.

Uniti come una famiglia (quindi non senza polemiche) si sono ritrovati nel Larzac. Sanno che presenteranno dei candidati e stanno organizzandosi di conseguenza. Gli »ecologisti sono solo la parte emergente di questo iceberg che si è staccato dal continente politico, i catalizzatori di nuovi attori sociali, gli artigiani prudenti di una nebulosa in espansione. Tutta la questione, per essi, è determinare quali sono le frontiere del loro movimento o, che è la stessa cosa, le sue relazioni con gli altri movimenti vicini, alleati o convergenti. Non ci sono infatti solo gli ecologisti che sono autonomi, cioè al di fuori delle correnti politiche classiche e dei loro estremi: essi sono semplicemente per il momento soli, con le femministe, a rivendicarlo.

Il primo dei movimenti autonomi fu quello che ruppe nella maniera più radicale con le forme precedenti della vita politica. Il movimento delle donne inventò l'altrove, mise in crisi le classificazioni e rese di nuovo necessaria la coerenza delle parole e degli atti, troppo sovente subordinata alla tattica. Che cosa importava che un militante vivesse in maniera scandalosa se contribuiva alla giusta causa? Al contrario essere femministe a parole non è sufficiente. E' questa conformità - è forse possibile vedervi la rinascita della morale - che dà il suo peso ai movimenti ecologisti e non violenti che si collegano sempre di più. Un militante ecologista che consuma molta energia è sospetto, un non violento che interrompe un altro con una tirata oratoria tonante è sospetto. Questi tre movimenti hanno in comune la rottura radicale che vogliono consumare con il mondo virile, con la nostra società di produzione, con il ricorso alla violenza. Essi sembrano complementari - e probabilmente questa complementarietà ha un

a dimensione storica - ma possono decidere di restare separati e di accontentarsi di influenzare le correnti politiche istituzionali.

Al contrario di quei partiti che si vantano di avere le chiavi di una nuova società, la cui costruzione è tuttavia sempre rinviata, questi movimenti »radicali si limitano a delle lotte determinate, il cui obiettivo è possibile ma la posta in gioco immensa perché tocca un problema essenziale. Per esempio, l'abbandono del programma nucleare. Paradossalmente queste lotte, malgrado i loro obiettivi ristretti, decongestionano le società e l'aprono alle trasformazioni in maniera ben più efficace che le pseudo-strategie globali. Generalmente frutto del rifiuto di un condizionamento e delle sue conseguenze per l'avvenire, esse hanno in comune l'esigenza di una guerra permanente per le libertà e per il loro esercizio. Non chiedendo nulla allo Stato, se non che ceda e che lasci in pace la società, questi movimenti sono i difensori intransigenti dei diritti democratici e, soprattutto, di quelli delle minoranze, degli esclusi (tutti gli esclusi, balene comprese), dei bambini nonnati (i figli dei nostri figli). I partit

i pretendono di garantire i diritti civili quando gestiranno lo Stato e, mentre essi passano il tempo a paragonare i loro talenti di gestori, gli ecologisti, le donne, i non violenti maggioritari nella pubblica opinione, reclamano instancabilmente »dibattito democratico, eguaglianza dei diritti, giurisdizione di diritto comune, ecc. . Tutte le rivendicazioni semplici che provocano lo stupore dei dottori in gestione o rivoluzione.

Questa triplice alleanza delle donne, degli ecologisti e dei non violenti che si realizza in maniera spontanea (e non da apparato ad apparato), costituisce la direzione politica della nebulosa. Direzione senza direttive né direttore: la relativa assenza di »linea , di teorici, di apparato, è una garanzia. Questi movimenti deperiscono nel momento in cui si istituzionalizzano. Intorno ad essi la cristallizzazione di estende, con i gruppi che si battono per la libertà e la differenza, per l'autogestione e per il territorio. E' infatti una costante di quelle lotte ecologiche quella di opporre dei »Paesi allo Stato, a partire dai quartieri delle città, fino alle campagne annegate, nuclearizzate, militarizzate, asfaltate o desertificate.

Manifestamente i movimenti regionalisti sono degli alleati degli ecologici, così come i gruppi autogestionari e sperimentatori e, nella misura in cui prevalga la loro volontà decentratrice e garantista, anche dei neo-liberali vicini agli ecologisti verranno a far parte della nebulosa. Allora come chiamare questa nube di lotte autonome e radicali? Ecologista? Sarebbe prendere la parte per il tutto. E nulla, nel campo politico, può aiutarci, salvo forse quei fenomeni di freschezza e di invenzione che sono i partiti radicali olandese e italiano.

Questi piccoli partiti, rappresentati nei rispettivi parlamenti, sono i portatori delle ispirazioni nonviolente, femministe, ecologiche, nel loro paese. Non dovendosi compromettere al governo in paesi in cui la differenza tra maggioranza e opposizione non è molto netta, sono dei difensori accaniti delle libertà. Infine, non sono »gauchistes . Constatando il fallimento delle teorie politiche, ma l'urgenza di certe lotte, il Partito radicale italiano è ben più radicale nel suo rifiuto di essere, appunto, un partito. I suoi membri non sono legati che dalla mozione congressuale: l'ideologia del partito, i suoi impegni, la sua linea, sono quindi ridotti a delle campagne precise. Tutto il resto non è che letteratura. In queste condizioni è sufficiente che voi siate d'accordo con la o le campagne condotte dal Partito radicale nell'anno in corso, per il resto potete aderire anche ad un altro partito, sia esso il partito comunista o il democristiano.

In pratica il Partito radicale è diventato una specie di confederazione di nuovi movimenti »autonomi a obiettivo unico, che conservano la loro libertà di azione ma si coordinano per condurre insieme una campagna considerata come prioritaria o, più semplicemente, per »esistere insieme sulla scena politica (elezioni, stampa, radio libere ecc.). Situato alla convergenza delle nuove correnti politiche, il Partito radicale è un luogo molto ricco di scambi, di riflessione e di azione. Quanto alle sue campagne esse sono coronate da successi (divorzio, aborto, diritti civili e, oggi, nucleare). Una organizzazione di questo genere sarebbe senza dubbio benvenuta in Francia. C'è in effetti uno spazio da coprire, lo spazio radicale. Peccato che il nome sia già perso.

 
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