di Ugoberto Alfassio GrimaldiSOMMARIO: Un saggio sulla natura e le radici storiche del nuovo radicalismo e un confronto sulla questione radicale con interventi di: Baget-Bozzo, Galli, Ciafaloni, Tarizzo, Galli della Loggia, Lalonde, Alfassio Grimaldi, Are, Asor Rosa, Corvisieri, Orfei, Cotta, Stame, Ungari, Amato, Mussi, Savelli.
(SAVELLI editore, ottobre 1978)
Indice:
Parte prima
I Politica e società (1376)
II Radicali sotto accusa (1377)
III Il Pr come partito bifronte (1378)
IV Radicalismo e socialismo (1379)
V Radicalismo o marxismo, convivialità o tecnofascismo (1380)
Parte seconda
Un confronto sulla questione radicale (1381 - 1397)
Dove vanno i radicali?
di Ugoberto Alfassio Grimaldi
(»Argomenti radicali , n. 5, dicembre '77 - gennaio '78)
Radicali: essere o non essere. Ogni democratico laico è in grado di dare subito una risposta chiara ed immediata alla domanda: perché ci sono, ed in una maniera così esplosiva? si può parafrasare quanto scrisse l'esistenzialista russo Nikolaj Berdiajev circa il comunismo come rimprovero vivente al cristianesimo per ciò che avrebbe potuto e dovuto fare, e non ha fatto: il Pr di oggi è il rimprovero pungente alla sordità che è subentrata, per quanto riguarda i diritti civili, nei partiti storici della sinistra italiana - e specialmente nel Pci - una volta entrati nel (o nell'anticamera del) Palazzo. Negli anni cinquanta i due partiti operai conducevano una opposizione al regime che era anche - anzi, era in primo luogo - un'opposizione per i diritti elementari, liberali, giusnaturalisti del cittadino; e i radicali di quegli anni si limitavano a fare da utile serbatoio di idee per le sinistre. Penso agli esempi noti e concreti dei convegni degli »Amici del `mondo' e delle inchieste de »L'espresso .
Oggi le cose sono cambiate, e siano benedetti i radicali: torpedini socratiche, se non ci fossero bisognerebbe inventarli! Personalmente ho firmato quasi tutti i referendum, e ho raccolto firme.
Ma chi sono i radicali? A leggere »La pagina polemica di questa rivista si rimane sconcertati: per Baget Bozzo il Pr non è un partito della sinistra, per Galli della Loggia »rappresenta la protesta qualunquista del paese . Si tratta, naturalmente, di intendersi sui termini »destra e »qualunquismo ; ma il fatto solo di dover ricorrere a termini che di primo acchito hanno tutt'altro significato, dimostra la difficoltà che incontra il politologo a definire questa realtà »magmatica . (Baget Bozzo trova anche che »l'alleato naturale del Pr è la Dc , il che è vero ma solo nel senso che senza la corda non ci sarebbe l'impiccato, senza fascismo non avremmo avuto l'antifascismo e così via. Cioè radicali di questo tipo non si nasce, si diventa. Forse Baget Bozzo vuole anche dire che in un regime non democristiano, cioè non così sfilacciato e informe, ma più »ideologico , per esempio comunista di tipo dell'Est, i radicali sarebbero - quando fortunati - in un manicomio ammalati di deviazionite).
A mio avviso il Pr ha da essere una realtà "complementare" - considerata a lungo termine - "contingente" (parlo di dover essere, non di poter essere); in una situazione politica deteriorata come la nostra può bastare anche meno per mettere e tenere in piedi un soggetto che conta e si fa valere nelle mille trattative centrali e località (ma non è questo, certo, l'intendimento degli amici radicali). Non c'è mai stato da noi - a differenza, per esempio, della Francia - uno spazio autonomo per un partito radicale consistente. Non c'era nemmeno ai tempi di Felice Cavallotti, l'uomo che, prestigioso ed estroverso quanto Pannella, invece dei digiuni faceva i duelli. Un partito - ci insegnano - si lascia definire per il suo programma, o per la sua composizione sociale, o per la sua »cultura (che comprende anche la sua storia), e naturalmente per l'intreccio dei tre fattori. Vediamoli.
a) "Programma". Recentemente (sulla »Provincia pavese del 6 novembre) Ernesto Bettinelli ha definito il Pr »partito progettuale che ha obiettivi programmatici . Si parla di »partito di servizio , di »strategia referendaria ; Walter Vecellio nel dibattito precongressuale ha proposto il »partito di marciapiede e di piazza . E evidente che il metodo non riempie un programma: per ipotesi, con quel metodo e quella procedura si possono attuare servizi del tutto diversi, si possono promuovere referendum di segno opposto.
b) "Composizione sociale". Se guardiamo ai risultati dell'inchiesta pubblicata da »Argomenti radicali nei primi numeri, il Pr ci appare un partito di giovani, di donne, di intellettuali, non senza una considerevole frangia di "lumpenproletariat". Gli operai sono l'1,5%, i contadini non ci sono. Sempre nel dibattito precongressuale, Foschi ha intitolato il suo intervento sociologicamente così: »Con i drogati, i matti, i froci e i diversi per il referendum .
Il fatto è che l'idea di un partito degli emarginati sembra nuova, ma è vecchia come Marx. Il partito degli emarginati è il partito della classe lavoratrice alienata nel regime capitalista.
Chi più emarginato di coloro che svolgono un lavoro »nero , dei giovani senza occupazione, dei pensionati, dei pendolari, dei meridionali nel borgate romane o nelle città dormitorio del Nord? Ma allora è un discorso di massa per una trasformazione globale della società.
c) "Ideologia o cultura". La cultura liberal-democratica in Italia è in sé debole e oscillante, carica di umori di significato contraddittorio. E' Benedetto Croce, che non ha capito il fascismo (ecco ?Pannella che è pronto ad accogliere Plebe e a dialogare con Almirante); non è più debole e non è più incerta nelle scelte di fondo con Gobetti, con Rosselli, con Salvemini, perché in un modo o nell'altro s'aggrappa alla classe lavoratrice.
Ecco perché il Pr è un fatto complementare. Parlando a »L'espresso , Teodori ha detto che »i nuovi radicali hanno introdotto in Italia i metodi anglosassoni delle mobilitazioni su specifiche e singole campagne : ma ha dimenticato di aggiungere che in Inghilterra molti di coloro che marciano per la pace o si oppongono agli insediamenti nucleari hanno in tasca la tessera laburista, o liberale. Quella doppia tessera che da noi è possibile finché la presenza radicale resta »movimento e non più, ovviamente, quando si trasforma a tutti gli effetti un partito concorrenziale.
Per me il Pr è complementare al Psi (e qui prescindo dall'esaminare come vadano distribuite non solo le ragioni, ma anche le colpe e le meschinità che hanno impedito l'alleanza alle ultime elezioni), dove coabitano (almeno da trent'anni, con la confluenza ufficiale del P.d'a. che fu la prima di tante rilevanti confluenze politico-culturali) la componente marxista e quella liberal-democratica. Non al Pci che resta - per il momento, e prescindendo dagli sviluppi della »lettera di Berlinguer al vescovo - un partito marx-leninista (col trattino o senza?), totalizzante e centralizzato, dove le altre culture non »coabitano , ma sono conglobate: una cosa questa, che i militanti radicali avvertono d'istinto, come dimostra la più volte citata inchiesta riportata da »Argomenti radicali .