Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
ven 22 nov. 2024
[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Archivio Partito radicale
Parachini Rolando - 1 gennaio 1979
(5) STORIA DELLA "SINISTRA RADICALE" dal 1952 al 1962 - CAPITOLO V - "SINISTRA RADICALE"
di Rolando Parachini

SOMMARIO: Chi sono i "nuovi radicali"? Esistono legami tra l'odierno partito e quello degli anni '50? Possiamo trovare oggi linee politiche comuni o addirittura personaggi di allora? L'autore sostiene la tesi della continuità politica ripercorrendo la storia dei radicali dall'Ugi alla costituzione della "Sinistra radicale".

(UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI ROMA - FACOLTA' DI LETTERE E FILOSOFIA

TESI DI LAUREA: Relatore Prof. Renzo De Felice - ANNO ACCADEMICO 1978 - 1979)

CAPITOLO V - "SINISTRA RADICALE"

Mentre questi avvenimenti sconvolgono la già debole struttura del Partito Radicale, la corrente di sinistra non aveva cessato di esporre il suo punto di vista e di portare avanti la sua battaglia politica. Dall'ottobre del 1961 appariva "Sinistra Radicale", bollettino mensile della corrente, diretto da Giuliano Rendi. (1)

Il primo numero era caratterizzato dal secco rifiuto della sinistra radicale al centro-sinistra. "Qualunque" dialogo con i cattolici "in condizioni di dignità" è impossibile se si deve rinunciare al preventivo chiarimento "dei rapporti fra lo Stato e la Chiesa, a risolvere - in altri termini - il problema stesso della autonomia dello Stato e della sua indipendenza", vi si trovava scritto in apertura. (2)

Il primo editoriale, di Marco Pannella, tagliava corto: "No al centro-sinistra. Un no definitivo, sereno, ma chiaro. (3) Erano le basi stesse delle analisi radicali ad essere completamente nuove. Come ai tempi dell'UGI, la sinistra radicale tendeva nuovamente a porsi al di sopra dei partiti politici esistenti, pur rivendicando il proprio ruolo politico. D'altra parte, secondo Pannella, ben al di là dei partiti tradizionali si pone il disegno di riportare il paese ad uno stato di "regime". Esso rientra in un'infida operazione, di portata europea e fondata su due miti: "una politica di sviluppo e la realizzazione del benessere. Ad essi è possibile sacrificare la libertà e la democrazia, ingannando la volontà di conquistarle che ormai anima le masse popolari. Politica di sviluppo e realizzazione del benessere non sono invece che gli obiettivi sociali cui tendono egualmente destra e sinistra, fascismo e anti-fascismo, neo-capitalismo e socialismo; l'offerta simultanea che libertà e non-libertà fanno alla società

di oggi". (4)

Un'altra polemica emersa tra sinistra e direzione del Partito Radicale riguardò la cosiddetta "Lega dei Comuni Democratici". Questa venne costituita in seguito alle elezioni amministrative del 1960, durante le quali (vedi Cap. IV) i radicali avevano ottenuto una cinquantina tra seggi comunali e provinciali. Alla Lega aderirono nei primi mesi del 1961 circa 400 comuni. Comunisti, socialisti e radicali ne composero la Direzione Nazionale. Vi troviamo l'on. Bruno Villabruna, mentre Leopoldo Piccardi venne eletto co-segretario nazionale insieme all'on. Guidi (PCI?). La direzione nazionale del Partito Radicale, dopo accesa discussione, non poté che approvare l'iniziativa dei consiglieri comunali radicali. (5) Ma la spaccatura tra le due posizioni non poteva risultare più profonda. Se ne ebbe il sentore in occasione della "Marcia della Pace" da Perugia ad Assisi, tenutasi nel settembre 1961. Questa fu promossa e organizzata dal Centro Studi per la Nonviolenza, costituito e diretto, a Perugia, da Aldo Capitini. (6)

In essa si ritrovarono e si confrontarono le strutture della sinistra tradizionale, in specie quella comunista (Partigiani per la Pace e così via), i gruppi pacifisti e religiosi (minoranze protestanti soprattutto), i nuovi obietttori di coscienza, i radicali della sinistra e presenze libertarie. Ernesto Rossi, intervenuto alla manifestazione conclusiva della marcia, dovette parlare a titolo personale, avendo la Direzione Radicale negato la Propria adesione all'iniziativa. Chi rispose favorevolmente fu invece Leopoldo Piccardi, nella sua veste di segretario della "Lega dei Comuni Democratici". D'altra parte le tesi che Ernesto Rossi espose in questa circostanza erano la conferma di quanto già lo scrittore aveva espresso un anno prima, ma rappresentavano anche una rottura secca con le vecchie posizioni filo-atlantiche e filo-americane del P.R. Cosa sostenne Rossi? "...con le basi missilistiche l'Italia delega di fatto la propria sovranità agli USA, che controllano gli Stati maggiori della NATO. Infatti in un

a guerra atomica il meccanismo della rappresaglia è automatico ed è impensabile qualsiasi tipo di consultazione: l'Italia si troverebbe così automaticamente coinvolta in una guerra nucleare". (7) Era un'analisi pienamente condivisa dalla sinistra radicale, che nei numeri successivi del suo bollettino tornerà sempre più frequentemente a parlare di disarmo, di antimilatarismo e di non-violenza. Saranno, come è noto, temi caratteristici delle lotte radicali fino ai giorni nostri. Ma già da allora si comprendeva come le posizioni in politica estera fossero una delle più forti discriminanti tra ala moderata e ala progressista del partito. In merito, Marco Pannella, Giuliano Rendi, Gianfranco Spadaccia, Giuseppe Loteta e Luca Boneschi, a nome della sinistra radicale, avevano presentato fin dal congresso una mozione che recava come titolo: "Il Partito Radicale per l'unità della sinistra democratica europea, per la federazione dell'Europa occidentale, contro la politica dei blocchi, contro l'involuzione reazionaria

dei paesi europei". (8) D'altronde l'attenzione del gruppo della sinistra radicale si rivolgeva ovunque in Europa emergessero fenomeni nuovi che si opponessero alla tecnicizzazione della politica. Tra questi, particolare rilievo ebbero le nuove opposizioni francesi, alle quali "Sinistra Radicale" dedicò ben tre servizi di prima pagina: nel n. 2 apparve un articolo di Jacques Vergès in cui l'autore proponeva una "Norimberga per i crimini colonialisti". L'articolo, di cui venne pubblicato un estratto, avrebbe dovuto comparire sulla rivista francese "Partisans" di Maspero e Vercors, che venne sequestrata. Della stessa rivista, sempre sotto sequestro in Francia venne pubblicato un altro editoriale di Vercors sul modo di essere "partigiani" nella nuova situazione. (9) Sono articoli densi della tensione venutasi a creare in materia di colonialismo per la difficile situazione di quegli anni tra Francia ed Algeria. Ancora, nel n. 6 di "Sinistra Radicale", veniva riprodotta un'intervista con Francis Jeanson, che era

stato a capo delle reti di insubordinazione durante la guerra coloniale. (10) In quegli anni Marco Pannella risiedeva in Francia, garantendo così un contatto politico costante con i nuovi resistenti.

Oltre a precisare sempre più chiaramente la propria linea politica, la corrente di sinistra era anche l'unica, in quei mesi, a prendere iniziative concrete e ad avanzare specifiche proposte. Oltre alla già citata Marcia della Pace, da Perugia ad Assisi, nel marzo 1962, si teneva la cosiddetta "Marcia dei Cento Comuni per il disarmo atomico e convenzionale dell'area europea", promossa dallo stesso Centro per la Nonviolenza di Capitini. (11) In seguito veniva promossa una Consulta italiana per la Pace, nella quale convergerano sia il Movimento per la Pace di ispirazione comunista, che il gruppo pacifista e nonviolento di Aldo Capitini. La Sinistra Radicale si faceva carico, inoltre, di un proprio "Comitato per il Disarmo Atomico e Convenzionale dell'Area Europea" (12); prendeva parte al convegno internazionale sui problemi del disarmo, tenutosi a Firenze nel maggio del 1962, in cui Giuliano Rendi tenne una delle relazioni; (13) inviava suoi rappresentanti a Mosca per il Convegno mondiale per il Disarmo general

e e la Pace, nel luglio del 1962 (14); era infine presente ad Oxford con i suoi membri della Confederazione Internazionale per la Pace e il Disarmo, in cui si raggruppavano movimenti pacifisti, antiatomici e di nuova sinistra dell'Occidente.

Ma veniamo alla politica interna. Sulla crisi radicale il punto definitivo della situazione veniva messo a fuoco nel gennaio del 1962, con un articolo, apparso anonimo ma attribuito a Marco Pannella, tal titolo "Storie di Moderati". (15) In esso viene messo a nudo la doppia anima del partito radicale, esistente fin dalla sua fondazione. La storia di gran parte dei radicali di provenienza liberale viene definita storia dei "moderati", da intendersi nel senso più preciso e storico della parola. "Non sarà difficile dimostrarlo, - prosegue l'autore - altra volta e in altra sede, attraverso un'analisi delle forme di resistenza al fascismo che essi praticarono e dei loro atteggiamenti politici nel periodo della Liberazione e dopo. (...) Il tempo è trascorso, semmai è esistito, nel quale un'autentica battaglia di libertà, in Italia e in Europa e nel nostro tempo, può essere condotta da moderati". Per quel che riguarda i moderati radicali, ritengono che l'unica battaglia che resti da fare, in politica interna e in p

olitica estera, sia "quella fra mondo occidentale e mondo comunista, a costo di ignorare in questa schematica contrapposizione, il destino della libertà nell'occidente, a costo di ignorare i fascismi e tutte le negazioni della libertà che si sviluppano nell'occidente così accanitamente difeso". E parlando di "fascismi" si arrivava a trarre le conseguenze estreme ma logiche di tutto il ragionamento contro i "moderati": essi non potevano accontentarsi di dichiarare la propria "fede" antifascista: "il fascismo non basta negarlo per esorcizzarlo; bisogna fare i conti con la sua presenza, e di questo fatto dovranno accorgersi coloro che vogliono il centro sinistra". (16) Poiché volere il centro sinistra significa, nella analisi della sinistra radicale, accettare di collaborare con la DC, esattamente come quando, nel 1921/22 si preferì "lasciar fare" Mussolini pur di evitare il famigerato "pericolo rosso".

Quest'ultima scelta fecero i liberali "moderati" di allora. Analogo errore si accingono a compiere i radicali "moderati" di oggi. La sinistra radicale sa dove schierarsi: definitivamente contro la Democrazia Cristiana in cui si identifica il "fascismo di oggi". Questa scelta viene compiuta perché si crede "di fronte alla nuove chiusure che la situazione politica italiana sembra presentare, e nel grave quadro europeo che si va sempre meglio delineando, che minoranze "laiche" attive e decise, schierate sui grandi problemi civili oltre che economici, morali oltre che tecnici, ideali oltre che realistici, possano giocare un grande ruolo rivoluzionario insieme alle forze tradizionali della sinistra proletaria e socialista. Mentre su queste posizioni e con l'attività sopra descritta, la corrente di sinistra si manifestava come unico centro d'iniziativa nel partito, quest'ultimo raggiungeva il culmine della disgregazione con le dimissioni del suo segretario nazionale, Leone Cattani. Il 10 giugno successivo si tenev

ano le elezioni comunali a Roma. Restata sola, la sinistra si assunse la rappresentanza del partito per questa scadenza. Essa presentò la sua lista di candidati, tra i quali erano Marco Pannella, Gianfranco Spadaccia, Massimo Teodori, Giuliano Rendi, Angiolo Bandinelli. I risultati furono quantitativamente irrilevanti. Ma costituiva un modo di affermare che il Partito Radicale non era morto, anche se alcuni dei suoi ex-componenti lo sostenevano.

In effetti nel giro di pochi mesi, pressoché tutti i radicali si erano allontanati dal partito: dagli "Amici del Mondo", al gruppo di giovani non di sinistra, come Stefano Rodotà e Giovanni Ferrara, ai "piccardiani", fino ad Ernesto Rossi e ad Eugenio Scalfari.

Verso la fine del 1962 il P.R. appare dunque molto lontano da quella che era la sua composizione originale.

Molti ideali del vecchio partito restavano capisaldi dell'azione di chi ne proseguiva la storia: dal laicismo alla lotta contro la clericalizzazione dello Stato, dalla intransigenza di fronte all'arroganza di qualsiasi potere alla piena adesione alla "religione della libertà" di Croce e agli ideali della "rivoluzione liberale" di Gobetti. Ma ormai troppe e troppo gravi divergenze allontanavano i nuovi radicali dai "moderati". Nel suo ultimo numero, "Sinistra Radicale" annunciava la volontà di continuare a far vivere e a vivere nel partito la propria esistenza politica: "Mentre gran parte di coloro che l'hanno condivisa rifluiscono oggi su posizioni moderate e finiscono per adattarsi al ruolo di tecnici di questo o quel gruppo di centro-sinistra, mentre molti altri, scoraggiati da tanti abbandoni, si allontanano da un così originale impegno politico, per quanto ci riguarda noi non siamo disposti alla rinuncia". Il Partito Radicale era restato così una pura sigla della cui eredità la sinistra si faceva interam

ente carico. Essa assunse la direzione di quel poco che rimaneva del partito riportandovi in prima linea l'ideale dell'UGI sulla "unione laica delle forze democratiche". Questa "unione laica" si era nel frattempo evoluta nel senso di un preciso invito alle forze laiche e a tutta la sinistra di candidarsi al governo del paese. Istanza che vive nel partito radicale fino ai nostri giorni.

NOTE AL CAPITOLO V

1) "Sinistra Radicale", bollettino mensile di informazione politica, diretto da Giuliano Rendi. Numeri 1-8. Roma, ottobre 1961 - ottobre 1962.

2) "Sinistra Radicale", n. 1, ottobre 1961: Manlio Gardi: "Dove va il centro sinistra?", pag. 1

3) Ibid. pag. 2. Marco Pannella: "Una politica di abdicazione"

4) Ibid.

5) "Amministratori democratici", in "Sinistra radicale", n. 1 cit., pag. 6

6) Angiolo Bandinelli: "Antimilitaristi; cronache di vent'anni" in "La Prova Radicale", n. 1, autunno 1971, pag. 132

7) "Marcia per la Pace", in "Sinistra Radicale" n. 1, cit., pag. Per quel che riguarda politica estera e antimilitarismo della sinistra radicale, si vedano:

"S.R." n. 3/4, pag. 5: "Nostra partecipazione alla Consulta Italiana per la Pace"

"S.R." n. 5, pag. 1: "70.000 contro l'armamento atomico" ibid. pag. 2: "18 marzo: marcia dei Cento Comuni"

"S.R." n. 6, pag. 1

ibid. pag. 3: "Per il disarmo europeo", di G. Rendi

"S.R." n. 7, pag. 2: "Convegno sul disarmo"

"S.R." n. 8, pag. 1: "Disarmo e democrazia" di G. Rendi

ibid. pagg. 2/3/4

8) Il testo dell'intera mozione è in "Sinistra Radicale" n. 2, novembre 1961, pag. 7

9) Vercors: "Siamo Partigiani", in "Sinistra Radicale" n. 3/4, gennaio 1962, pag. 1

10) F. Jeanson: "La lotta continua", in "Sinistra Radicale" n. 6, marzo 1962, pag. 1

11) "Significato di una Marcia", in "Sinistra Radicale" n. 6, pag. 3

12) Ibid., pag. 4

13) Giuliano Rendi: "Disarmo e Democrazia", in "S.R." n. 8, cit.

14) Ibid., pag. 4: "Convegno della Pace a Mosca"

15) "Storie di moderati", in "Sinistra Radicale", n. 3/4, gennaio 1962, pagg. 3-4

16) Ibid.

17) "Che fare", in "Sinistra Radicale", n. 8, ottobre 1962, pag.

 
Argomenti correlati:
pr
tesi di laurea
roma
rendi giuliano
chiesa cattolica
pacifismo
capitini aldo
disarmo
rodota' stefano
scalfari eugenio
stampa questo documento invia questa pagina per mail